Il compagno Andrej Mironov

1 Giugno 2014
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Silvana Bartoli

La morte per raffica di kalashnikov ha raggiunto Andrej Mironov, una vita dedicata ai diritti umani; mite e ferreo ha affrontato il Kgb e il gulag , poi non ha taciuto contro le guerre coloniali che il nuovo zar, ex kgb, vuole combattere per distrarre la Russia da qualunque progresso nel campo delle libertà civili.
Amico e collaboratore di Anna Politkovskaja e Natalia Estemirova, mai silenzioso davanti allo strapotere di Putin, Andrej non si è sottratto alle situazioni di pericolo, ma non era certo un appassionato di guerre in cerca di sensazioni forti; gli ultimi articoli, redatti con Andrea Rocchelli, raccontano la vita quotidiana di chi subisce le guerre: i bambini, gli anziani, le donne, i profughi, le case che non offrono più alcuna protezione.
Lida Yusupova, candidata al Nobel per la pace nel 2006 e 2007, parlava di lui con grande ammirazione: colto e concreto diceva, lei che a Groznj aveva affrontato la violenza della guerra a mani nude. Aveva sperimentato direttamente le capacità di Andrej quando l’aiutava nella Cecenia bombardata dai russi con ordigni vietati dalla Convenzione di Ginevra.
Forte delle sue competenze linguistiche, Andrej era prezioso per i giornalisti che volevano vedere direttamente cosa succedeva a Vladikavkaz, a Tbilisi, ad Argun, a Beslan, a Kiev, a Odessa, nel Donbass…
Forse sarebbe di conforto pensare che sia stato ucciso per ordine del nemico che ha sempre combattuto a viso aperto, è morto semplicemente a causa di un conflitto; si ripresenta allora la domanda: chi, oltre ai mercanti di armi, può essere interessato a scatenare guerre? Questa volta viene in aiuto papa Francesco le cui parole sono state riportate da tutti i giornali: “la radice del male è nell’odio e nella cupidigia di chi fabbrica e vende armi” (ci sarà qualche giornale capace di ricordare al papa che a capo del suo IOR c’è un fabbricante di armi?).
I colleghi di Andrej presso l’associazione “Memorial” stanno cercando di recuperare il suo corpo; in attesa che i belligeranti consentano di compiere i gesti che hanno insegnato “alle umane belve esser pietose / di se stesse e d’altrui”, voglio ricordare Andrej compagno nel senso primo del termine: cum pànis.
Era un piacere condividere il pane con lui, sempre curioso dei cibi così diversi dalle abitudini di un russo legato alla sua terra. Una volta gli ho cucinato il riso nero, tipico della nostra pianura; non nascose la sua perplessità e mi confessò una istintiva repulsione verso quel colore nel piatto ma la superò informandosi sui luoghi in cui viene prodotto, sulle persone che lo coltivano, sul tipo di aziende, sulle proprietà nutrizionali, lanciandosi in un elogio della biodiversità contro la monocoltura, sempre causa o conseguenza di pericolose monocolture della mente, che avrebbe reso felice Vandana Shiva.
Oltre le foto ufficiali che ora appaiono sui giornali e su internet, voglio legare la sua memoria all’albero che guardava con ammirazione: un gingko biloba; un’anima antica, capace di non confondere mai il transitorio con l’essenziale.

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