Il compagno T. è un libro che fa domande
16 Maggio 2017Cassandra Casagrande
Ho letto Compagno T. -lettera a un comunista sardo, libro scritto da Cristiano Sabino e acquistato, lo scrivo senza timore, senza troppe aspettative.
L’impostazione è intrigante, Cristiano risponde a lettere che noi non abbiamo modo di leggere, sono le sue risposte che ci lasciano immaginare il contenuto della trentina di missive scambiate fra lui e il comunista sardo, probabilmente sotto la quarantina, con una solida formazione politica di matrice italiana.
Fra l’autore e me ci sono venti anni di differenza e, qualche volta, alcune incomprensioni. Leggere il libro mi ha chiarito alcune cose, per esempio che il fossato potrebbe essere superato molto più facilmente qualora convenissimo che le nostre generazioni sono forse “gemellate” dallo stesso anti-conformismo a regole che sono imposte e che negano l’esistenza dell’altro. Sabino discute animatamente sulla visione del compagno T che, vicino e solidale con tutte le battaglie del pianeta, si sottrae con sufficienza e commiserazione dalle lotte sarde su lingua e occupazione militare, per citare solo due casi eclatanti.
Come per “noi degli anni ‘70”,anche nelle lettere di Sabino emerge, in modo evidente, l’intolleranza al”blocco comunista italiano”, quello operaista, costruito su modello estraneo alla nostra realtà e che ha negato e continua a negare altre forme di vita politica non allineata.
Cosa sarebbe la politica sarda se non avesse subito la manipolazione in quegli anni in cui “la fabbrica”, “l’industria”, “il sindacato”, “la classe operaia” fagocitava(no) ogni altra possibilità di riflessioni e azioni politiche riguardo ambiente, diritti, femminismo, indipendentismo?
Cosa sarebbe adesso la nostra realtà politica, economica, culturale, se non avessero annientato sistematicamente ogni ribellione a modelli forzatamente imposti e non aderenti né tanto meno elaborati qui da noi?
Ci hanno costretto a credere che la lingua sarda, tema più volte trattato nel carteggio, fosse arcaica, superata, inutile al progresso e per decenni ci abbiamo creduto.
Ma non sapevamo, allora, per citare Bachisio Bandinu,non volevano sapere, e forse noi siamo stati annientati perché ci scontrammo contro”il comunismo buono” di Berlinguer così come contro la D.C. di Fanfani, Moro e Andreotti.
Il compagno T. è figlio di quel compromesso storico, dell’annientamento delle differenze e dei conflitti, di una società costruita attorno a un non progetto in cui, è evidente adesso, i giovani sono espulsi perché non contemplati in un presente che è a misura di “arco vitale” che rischia di estinguersi per assenza di visione di futuro.
Cristiano Sabino e le persone nate in quel periodo storico che va da metà degli anni ’70 a oggi, ha il coraggio di lavorare a un progetto antagonista e rivoluzionario, nonostante il riformismo nelle forme più conservatrici imperversi e cerchi di annientare ogni tentativo che vada oltre spazi locali.
Sabino, fra le altre cose, parla di un aspetto che rischia di farci ricadere nelle trame di un ordito da noi condannato (che riusciremo a superare solo quando capiremo che rivoluzione non è sostituire nomi ma prassi), il familismo, quella forma amicale-parentale che purtroppo è troppo presente in formazioni che dovrebbero invece allargare il proprio raggio di azione al di fuori di cerchie autoreferenziali.
Trovo il libro molto importante per poter parlare “di noi” e di ciò che vogliamo fare adesso per domani, non cordate elettorali, meltin pot a scadenza, ma un progetto serio, una unità non mutilante, ma arricchente, modalità di confronto che vedano idee e non leadership momentanee, perché se il progetto è solido la leadership è un valore aggiunto,ma la leadership senza progetto sarà l’ennesimo incidente di percorso che non possiamo più permetterci.
Le lettere esprimono chiaramente una posizione, con chi, anche”da sinistra” vede prima l’Italia e poi, forse, la Sardegna, noi che ci uniamo a fare?
Diverse prospettive, due campi diversi, la strada per l’autodeterminazione per l’indipendenza, non può essere percorsa neanche per un piccolo tratto in compagnia di chi persegue la subalternità come scialuppa di salvataggio.
Siamo isolani, non isolati o peggio isolazionisti, siamo consapevoli che il nostro orizzonte è ben oltre l’Italia, questo è l’invito neanche tanto implicito di Cristiano Sabino che congeda, con un non lieto fine, la corrispondenza con il compagno T.
17 Maggio 2017 alle 08:12
ho quasi ultimato la lettura del libro. Ovviamente, chi come me ha per decenni creduto possibile una “rivoluzione riformista all’interno della mitica europa” ed in più ha militato in un partito “italiano”, è molto facile trovare assonanze e partecipare ad un dibattito mai definito,purtroppo. Ho quotidiani rapporti e di amicizia e di precedente militanza comunista e socialista e la tua frase ” Il compagno T. è figlio di quel compromesso storico, dell’annientamento delle differenze e dei conflitti, di una società costruita attorno a un non progetto in cui, è evidente adesso, i giovani sono espulsi perché non contemplati in un presente che è a misura di “arco vitale” che rischia di estinguersi per assenza di visione di futuro” rispecchia esattamente una evidente rassegnazione che lacera l’intelligenza di questi compagni che non riescono ad accettare “la tremenda bocciatura di una lunga militanza politica. Il dramma è palpapile quando alla scontata frase “che fare” manca in costoro la conseguenzialità dovuta x un nuovo impegno politico in in percorso bellissimo ed intrigante proprio perchè complesso e difficoltoso. Proseguiremo il dialogo non appena ho terminato l’attenta lettura. Posso intanto affermare ” il libro è tremendamente attuale e puntuale” parliamone insieme è utile farlo e può aiutarci nella costruzione di un percorso che ha bisogno di non perdere per strada “preziosi compagni in cerca di aiuto” .