Il costo dei privilegi
15 Luglio 2007Francesco Cocco
Sarebbe sciocco pensare che la questione morale sia una novità del panorama politico italiano. Senza andar molto indietro nel tempo, già all’indomani dell’Unità d’Italia, la corruzione intrecciata alla vita politica diventa elemento caratterizzante la vita nazionale. Si pensi allo scandalo della Banca Romana a fine ‘800, alla gestione corrotta degli affari pubblici portata avanti da larghi strati della gerarchia fascista, a certa gestione democristiana e craxiana della cosa pubblica. Verrebbe da dire biblicamente “niente di nuovo sotto il sole”. Eppure avvertiamo che vi è qualche elemento di novità: la questione morale è diventata questione istituzionale, sino ad identificarsi col problema della salvaguardia della democrazia. E’ significativo che su questo argomento si stia sviluppando una larga pubblicistica dove l’analisi sociologica ed istituzionale s’intreccia al giallo politico. Penso, stando agli ultimi tempi, al lavoro certosino di raccolta di dati e fatti di Sergio Rizzo e G.A. Stella intitolato La Casta. Ne viene fuori un quadro grottesco della classe politica italiana che affascina il lettore quasi fosse un grande gossip che unisce storie di individui e gruppi in una sorta di rincorsa al privilegio, quasi una sfida a chi procede più velocemente verso il disastro istituzionale. La Casta è al vertice della classifica nella vendita di libri. Segno di un interesse nella società che è ricerca di conoscenza, preoccupazione e rifiuto del degrado. Un segnale che la sinistra nel suo complesso non sembra cogliere in tutta la sua ampiezza e gravità.
Qualche tempo prima è uscito un altro interessante lavoro su questi temi: Il costo della democrazia. Ne sono autori due illustri giuristi nonché parlamentari: Salvi e Villone. Il merito di quest’opera è di offrire un’analisi organica del processo di accentuata degenerazione del quadro istituzionale. L’assunto del libro è che “la democrazia italiana è oggi in condizione di salute assai precaria”. La minaccia alla democrazia viene dal fatto che i costi per la politica sono diventati esorbitanti ed ingiustificati. Non vi è alcuna ragione perché gli europarlamentari italiani abbiano un’indennità 10 volte superiore a quella di un eurodeputato ungherese, che abbiano quasi il doppio dei colleghi francesi, britannici belgi, che abbiano due volte e mezzo l’indennità dei finlandesi e degli svedesi, che abbiano tre volte e mezzo la indennità dei loro colleghi spagnoli. Cito i parlamentari europei per indicare una sorta di vertice istituzionale. Ma egualmente nulla giustifica che i parlamentari italiani siano i più pagati d’Europa, che a ruota in questa rincorsa alla cospicua retribuzione vi siano i consiglieri regionali.
In questa denuncia del degrado non vi sono solo libri-inchiesta, ne fanno parte anche certi lavori letterari. Per stare alla Sardegna, degno di rilievo è il thriller di Andrea Pubusa dal titolo Gioco Pericoloso. L’autore vi trasfonde in forma letteraria la sua riflessione di giuspubblicista ed il suo impegno politico. Formalmente la trama del romanzo è ambientata a Chicago, in realtà i personaggi operano a Cagliari in un contesto politico regionale degradato.
Tre esempi di una ricca pubblicistica che guarda con preoccupazione al degrado del nostro quadro soffocato da una casta politica famelica di privilegi, che tende ad allargarsi a dismisura e finisce per gravare sul sistema produttivo con costi pari ad una “finanziaria leggera”
In passato una delle motivazioni addotte a giustificazione dei privilegi è che comunque essi riguardavano una categoria ristretta e che non si sarebbero realizzati risparmi significativi nei bilanci pubblici. A parte l’inconsistenza di una tale argomentazione sta di fatto che oggi – come calcolano i nostri autori – si arriva direttamente ed indirettamente a circa 400.000 persone che traggono reddito dalla politica per una spesa a carico del pubblico erario valutata in 3/4 miliardi di euro. Siamo passati da una democrazia partecipata attraverso la vita dei partiti ad una democrazia da mandato. I partiti hanno finito per essere “essenzialmente comitati elettorali di chi si candida a governare o comitati di sostegno di chi governa”. E così “lobbies e clientele locali tendono a divenire il principale strumento di selezione del ceto politico nazionale”.
Cosa fare di fronte a tanto degrado? Ci viene data una chiara risposta nel libro di Salvi e Villone: “ritrovare le ragioni ideali che motivino ad una partecipazione politica come impegno, come volontariato, non come strumento per fare carriera o per acquisire potere”
Non esistono oggi vie diverse per la partecipazione alla vita politica se non attraverso i partiti. O meglio si può andare verso forme di pseudo-democrazia telematica. Verso forme di stampo peronistico aggiornato. Verso l’oclocrazia di aristotelica memoria realizzata nell’era della civiltà del video e del computer. Ma non sarà mai vera democrazia. Quindi lo strumento resta ancora il partito. Ma i partiti rinnovati. Non i partiti dei leader e delle oligarchie.
Di fronte al degrado spetta alla sinistra un ruolo di salvezza della democrazia. Qui è la cartina di tornasole per individuare una forza realmente di sinistra: la lotta senza remore al privilegio. Perché non può dirsi di sinistra una forza politica che non abbia in odio il privilegio, e che della lotta al privilegio non faccia oggi il suo primo obiettivo di lotta e di unità.
22 Luglio 2007 alle 11:51
“Di fronte al degrado spetta alla sinistra un ruolo di salvezza della democrazia. Qui è la cartina di tornasole per individuare una forza realmente di sinistra: la lotta senza remore al privilegio. Perché non può dirsi di sinistra una forza politica che non abbia in odio il privilegio, e che della lotta al privilegio non faccia oggi il suo primo obiettivo di lotta e di unità”
Nulla da aggiungere alle parole di Francesco Cocco, grazie a lui e al manifesto sardo.
22 Luglio 2007 alle 18:51
L’Occidente vuole “esportare” la sua democrazia come il modello migliore oggi esistente. Dobbiamo ripensare – come ci invita la riflessione di Francesco Cocco – alla perfettibilità di un modello che se non è certo rapportabile ad alcuna dittatura passata o presente, è ben lontano dall’essere perfetto. Retribuire l’attività parlamentare è una conquista storica dei movimenti popolari e democratici, ma i privilegi e le retribuzioni esorbitanti non trovano origine in alcun movimento democratico e offendono tutti coloro che lottano con dignità per la loro difficile giornata.
All’alba del nuovo millennio, mentre le nuove frontiere della morale stentano ad apparire, la democrazia abusa di se stessa. E’ nato un nuovo soggetto sociale impegnato a riprodurre se stesso e “famelico di privilegi”.Un inquietante segno di degenerazione ormai sulla bocca e nella preoccupazione di tutti.
Insieme alla democrazia vogliamo “esportare” -beninteso con la guerra! – anche i privilegi della democrazia?