“Il costo della verità” di Ottavio Olita
16 Marzo 2019[Don Luigi Ciotti]
La prefazione di Don Luigi Ciotti dal libro “Il costo della verità” di Ottavio Olita edito da Città del Sole che sarà presentato dall’autore insieme al presidente di Sardegna Solidale Giampiero Farru e il giornalista Fabio Marcello Martedì 26 marzo Cagliari alle 18:00 nella Fondazione di Sardegna in Via San Salvatore da Horta n 2. Coordina il giornalista Giovanni Runchina, musica con chitarra classica di Davide Mascia e letture dell’attrice Lia Careddu (red).
Penso a tutti coloro che sono morti per mano della criminalità organizzata solo perché facevano il loro dovere: ci hanno insegnato con la loro vita che il bene personale è conseguenza del bene comune. Che non si può essere cittadini a intermittenza, a compartimenti stagni. Che la prima mafia si annida nell’indifferenza, nella superficialità, nel quieto vivere, nel puntare il dito senza far nulla, nel vedere il male e girarsi dall’altra parte. La loro è dunque un’eredità d’impegno, di responsabilità, di risveglio delle coscienze. Cioè di verità. Ci hanno insegnato a cercarla, a non averne paura, a dirla anche quando ci mette in una posizione scomoda.
È la verità cercata per ottenere giustizia quella di cui Olita ci parla nel suo romanzo, il cui protagonista non è solo Pietro Carboni, il giovane sardo che dopo l’uccisione del padre Marco trova lavoro a Londra, vivendo in una sorta di doppio esilio: esiliato dalla verità circa la morte del padre, esiliato dalla propria terra per cercare lavoro altrove. Protagonista e perno della vicenda è la rete di persone e relazioni che circonda Pietro: la sorella Maria, la mamma Antonietta, lo zio Paolo, l’avvocato Giuliano Deffenu, il carabiniere Gino Murgia, il giornalista Nicola Auletta.
L’eroe della verità non è una persona sola, è piuttosto un noi, è una collettività quasi domestica ad innescare la rivoluzione, a riaprire ricordi e ferite sette anni dopo l’assassinio di un padre di famiglia, persona onesta, lavoratore e sindacalista. Lo riconosce uno dei personaggi, a conclusione della storia: “L’unica cosa che mi sento di dirvi (…) è che questa vicenda è servita anche a farci rendere conto di quante famiglie vengono sconvolte dalla perdita del capofamiglia caduto mentre si impegna per il bene collettivo. Famiglie rovinate. Per fortuna non è il vostro caso, ma forse siete un’eccezione. Tenetevi stretto questo bel rapporto che avete fra voi”.
Sinossi. Marco Carboni, sindacalista sardo, viene inviato in Calabria dalla segreteria nazionale del suo sindacato per cercare di risolvere una lunga e dura vertenza aperta dagli operai delle industrie della piana di Goia Tauro. Un mese dopo il suo arrivo viene assassinato a Rosarno, al termine di una cena.
Sette anni più tardi la famiglia Carboni, su precisa richiesta di un fratello dell’ucciso, fatta in punto di morte, chiede allo studio legale Deffenu di cercare di scoprire la verità. L’inchiesta giudiziaria aperta sull’assassinio non ha portato a nulla e rischia la definitiva archiviazione.
Il capitano dei carabinieri Gino Murgia, incaricato dall’avvocato Deffenu di recarsi in Calabria per indagare, stabilisce che Marco Carboni era stato ucciso perché aveva scoperto che la ‘ndrangheta utilizzava il porto di Gioia Tauro per traffici illeciti, ma per una tragica concatenazione di eventi l’inchiesta non riparte.
Una parte della famiglia Carboni è comunque soddisfatta del risultato, un’altra no, perché senza un processo o una sentenza i figli e la moglie dell’ucciso non avranno diritto ad alcun risarcimento. Come accaduto nel 1965 e nel 1980, sempre in Calabria, per Luigi Silipo e Peppino Valarioti, esponenti del Pci, e come si ripete costantemente per tanti eroi civili – sacerdoti, uomini delle forze dell’ordine, giornalisti – che vengono eliminati senza che lo Stato se ne occupi. Con gravissime conseguenze economiche e sociali per le loro famiglie.