Il disastro della sanità in Sardegna: Ospedali e Case di Comunità

7 Giugno 2023

In foto l’ospedale San Francesco di Nuoro

[Francesco Carta]

In un’intervista della giornalista Cristina Cossu su l’Unione Sarda del 5 luglio l’Assessore alla sanità Carlo Doria rilascia dichiarazioni preoccupanti: “Stiamo ricostruendo e aggiornando tutta la rete ospedaliera e assistenziale. Oggi in Sardegna abbiamo ventitré ospedali per acuti – un quadro sorpassato e non sostenibile – una quota parte di questi sarà trasformata in Ospedali di Comunità”. Il primo è stato inaugurato a Ghilarza, a febbraio scorso, gli altri sono tutti da realizzare.

L’attivazione deve avvenire entro il 2026, pena la perdita dei fondi. Siamo ben consapevoli che gli Ospedali e Case di Comunità sono strumenti indispensabili per rilanciare e rifondare la sanità territoriale; le prime Case della Salute (declinate a case di comunità dal PNRR) in Sardegna furono istituite nel 2008; la loro reale attivazione è stata trascurata dalle amministrazioni regionali che si sono succedute. Ora il PNRR pone delle regole per attingere ai finanziamenti della Missione 6: attivare le Case e gli Ospedali di Comunità.

Queste strutture però devono essere aggiuntive rispetto a quelle esistenti, non possono essere sostitutive dei reparti ospedalieri attivi e devono essere autonome rispetto alla rete ospedaliera, per evitare di ricadere nell’ospedale-centrismo. L’esempio di Ghilarza è evidente: a dirigere l’Ospedale di Comunità istituito a febbraio 2023 sono stati chiamati medici ospedalieri e non del territorio, indebolendo l’ospedale e aggiungendo poco o nulla alla medicina territoriale.

L’Assessore vorrebbe estendere la sperimentazione di Ghilarza a livello regionale, persino a Ospedali storici come il Binaghi e il Marino, trasformando tali strutture in Ospedali di Comunità e sopprimendo i servizi preesistenti.

Ventitré ospedali per acuti non sono un quadro sorpassato e non sostenibile. La drastica riduzione dei posti letto è una delle cause della crisi della sanità, una ulteriore riduzione non può che aggravare i problemi. Come si può affermare che gli ospedali per acuti oggi non siano sostenibili. Non sono sostenibili rispetto alle politiche sanitarie adottate negli ultimi decenni; sono sostenibili se rapportate alle esigenze di salute delle popolazioni nei territori. Salvo che non si decida di rinunciare alle cure dei sardi, che saranno costretti a recarsi in altre regioni del nord, aumentando la già elevata migrazione sanitaria, specie verso la Lombardia.

La riduzione degli accessi impropri al Pronto Soccorso (codici bianchi e verdi) è un problema vecchio e mai affrontato seriamente; i codici bianchi e verdi sono di pertinenza della sanità e della medicina territoriale. Una riorganizzazione dell’assistenza territoriale è stata disattesa dalle politiche regionali. Voglio ricordare l’istituzione delle Case della salute fin dal 2008 (DGR 4/6/2008) e le Linee di indirizzo per la riqualificazione delle cure primarie (DGR n. 60 del 2/12/2015) di cui, colpevolmente, non si parla.

Tali Linee d’indirizzo indicavano già dal 2015 un modello Sardegna di nuove cure primarie, con l’obbiettivo di stimolare la sperimentazione nel territorio del Chronical Care Model (cura delle malattie croniche) e della Medicina d’iniziativa e di avviare la riaggregazione dei professionisti delle Cure Primarie: Aggregazioni Funzionale Territoriali (AFT), Medicina in Rete e Unità complesse di Cure Primarie  (UCCP) con le nuove Strutture territoriali di riferimento di tipo multidisciplinare (Case della Salute e Ospedali di Comunità) attraverso la programmazione delle attività con il Distretto Socio-sanitario. La gestione delle malattie croniche va garantita sul territorio e, se possibile, a domicilio del malato.

Gli accessi impropri al PS vanno evitati con una adeguata rete di assistenza territoriale di Cure Primarie. Negli ambulatori di medicina generale abbiamo sempre assistito i codici bianchi, verdi, gialli e rossi, inviando in ospedale quando necessario. Se la rete delle cure primarie è in grave crisi è evidente che aumenti il ricorso improprio al PS. La crisi è determinata dalla mancata applicazione delle Linee di indirizzo per la riorganizzazione delle Cure Primarie, dal mancato ricambio generazionale e dal pensionamento di molti medici (largamente prevedibile). Senza personale sanitario (medici e infermieri) non si può dare risposta ai problemi nel territorio e in Ospedale.

Un’applicazione dei propositi dell’Assessore, motivata dal pericolo di perdere finanziamenti, indebolisce ulteriormente il Servizio Sanitario Pubblico, e spinge settori di popolazione a rivolgersi ancor più spesso alla sanità privata.

Francesco Carta è un medico di Medicina Democratica

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