Il fallimento della petrolchimica entra nella poesia sarda

16 Ottobre 2015
zona20industriale
Francesco Casula

Dopo aver popolato interi studi e saggi economici-sociali, storico-politici e persino etno-antropologici il fallimento dell’industrializzazione petrolchimica in Sardegna è entrato prepotentemente anche nella letteratura e poesia sarda. Il più noto scrittore che ha preso a roncolate quell’ipotesi di sviluppo, che doveva creare lavoro e prosperità per la nostra Isola, è stato sicuramente Francesco Masala.

Nelle sue poesie come nei suoi romanzi. Canta in Innu nou contra a sos feudatarios (A sa manera de F. I. Mannu) :”Trabagliade, trabagliade/petrochimicos operajos/pro su pane tribulade/cun su ‘inari ‘e sa Rinaschida/ingrassan sos de Milanu/e a bois lassan su catramu./Trabagliade, trabagliade,/in sa chejas de petroliu/de Sarrok a Portoturre:/sa cadena de trabagliu/cun sa matta mesu piena/est trabagliu de cadena”.

Ma è soprattutto nel romanzo Il dio petrolio, tradotto in ungherese e in francese (con il titolo Le curè de Sarrok) e ambientato proprio a Sarrok (Cagliari), città simbolo dell’industria petrolchimica (de s’ozu de pedra: dell’olio di pietra), che Masala condurrà la critica più feroce e serrata a quel tipo di industria che avvelenerà e devasterà alcuni fra gli angoli più suggestivi della Sardegna, sconvolgendo anche a livello antropologico le popolazioni.

Personaggio emblematico è un sacerdote di un villaggio contadino (Arasolè) che viene trasferito nel nuovo polo di sviluppo industriale dove subisce l’inerrestabile inquinamento etnico, etico e religioso.

Il prete, Don Adamo, nonostante la chiesa nuova e il campanile nuovo, si sente nella sua chiesa come in una cattedrale nel deserto, a dispetto di ecclesia che vuol dire riunione, adunanza, gente riunita intorno al proprio parroco.

In essa vive in perfetta solitudine, contro natura: di qui i narcisismi, le immagini, le invenzioni di una donna: una giovane donna senza volto, simulacro mentale, feticcio sessuale, nelle cui ampie e gonfie mammelle immerge il suo volto fino a fargli mancare il respiro. In questo modo il prete pensa di vincere la sua desolata solitudine e non riceve aiuto né dalla fede, né dalla speranza, né dalla carità.

Ad Arasolè almeno era meno solo. La sua vita era strettamente legata a quella degli altri e si sentiva mezzo di comunicazione e messaggio in quanto i fatti della vita religiosa e della liturgia coincidevano con quelli della vita quotidiana, i cicli dell’uomo, della famiglia, della stagione.

E poi i pastori di Arasolè avevano ancora bisogno di Dio, perciò pregavano per l’acqua e il sole, il caldo e il freddo, la luce e il buio…gli operai di Sarrok invece non hanno più bisogno di Dio…Ormai c’è Lui.. Se c’è buio,Lui il petrolio fa luce. Se c’è freddo, Lui il petrolio aziona i termosifoni. Se c’è caldo avvia i condizionatori d’aria, se l’acqua non viene dal cielo, Lui la cava dal mare col dissalatore..

Un altro grande romanziere e poeta sardo, Benevenuto Lobina – di cui ricordo soprattutto il suo capolavoro bilingue, in due volumi, Po cantu Biddanoa – dedica alla industrializzazione petrolchimica e ai suoi artefici una fulminante poesia, Cuaddeddu Cuaddeddu. In cui immagina che un suo nonno, richiamato in vita da un terribile puzzo di sostanze chimiche decidesse di saltare a cavallo per andare a Cagliari a fare giustizia di tutti coloro che avevano favorito quello scempio economico e umano:Su chi primu appa a cassai/cun sa bella cambarada,/cuaddeddu, è su chi nada/ca ad donau a traballai/a su popullu famiu/in Sarroccu e in Portuturri/e chi si pònidi a curri/faid mort e pibizziu.

Sdegnato, ricorda poi le devastazioni ambientali che hanno causato con quel tipo di sviluppo : No a’ biu, cuaddeddu/cantu montis abruxaus,/cantu spina in is cungiaus/a infora de Casteddu?/Anti venas i arrius/alluau tottu impari/alluau anti su mari/e is tanas e is nius.

Oltre a quelle umane e sociali:Bidda’ mes’abbandonadas/a i’ beccius mesu bius/a su prant’ ’e is pippius/a pobiddas annugiadas/Oh, sa mellu gioventudi/sprazzinada in mesi mundu/scarescendu ballu tundu/scarescendu su chi fudi.

Sdegnato, con ironia e sarcasmo sferzante e financo con disprezzo individua e descrive i politici locali, ascari e mediatori del colonialismo italiano: Ddusu bisi: allepuccius/a ingiri’ ’e sa mesa/faccis prena’ de malesa/omineddus abramius./Ma appenas a bessiri/nd’ant ’e s’enna ’e s’apposentu/donniunu ad essi tentu/e tandu eus a arriri

Ascari e mediatori, insomma canes de istergiu ma di poco peso. Chi decide veramente est attesu : i ddi nau ca cussa genti/pinnigada in su corrazzu/non cumanda d’unu cazzu/funti conca’ de mollenti./Chi cumandada est’attesu/custus funti srebidoris/mancai sianta dottoris/funti genti senz’ ’e pesu.

Difficile non convenire, fotografa infatti una realtà di ieri ma anche di oggi: l’Autonomia come semplice simulacro.

Un altro poeta che, con dolore e sdegno, canta il fallimento petrolchimico, è Pinuccio Canu. Meno noto di Masala e Lobina è valente poeta in limba con due belle opere: Sa Rujada (2001), un racconto autobiografico in ottave e Contos chena tempus (2002) una silloge di racconti favolistici.

E’ nella poesia s’Eredidade di Ottana che denuncia la discrasia fra promesse e realtà: bos fattat bonu proe, malaittos/ca m’azis furriadu a remitanu/No fiant, tzertu, custos sos appiattos/da chi lassei tazos e cabbanu!

Infatti, dopo i primi anni di relativa sicurezza nel posto di lavoro, pur in un ambiente, fiagosu(malsano):Ponìa in su traballu med’afficcu/pro cant’in cussu logu fiagosu./Fattende non mi fia tzertu riccu/ma siguresa aìa e meda gosu; arriva la Cassa integrazione:ma pagu tempus sendenche coladu/su fumuderra torrat a cadone/Su sambene in su corpus s’est gheladu/ca postu m’ant in “cass’integrascione”.

Che dura anni e anni:Degh’annos m’ant lassadu pende pende/e pustis imboladu a muntonarzu./Su rimpiantu como m’est bocchende/ca non so prus nemmancu un’ervegarzu.

Si ritrova così senza il lavoro di operaio e senza le pecore. Senza identità. Costretto a bandidare. Di qui l’ulitmo malaittos,inviato ai responsabili del suo dramma. Un dramma dell’intera Sardegna.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI