Il Ferragosto di Abbanoa

25 Agosto 2020

[Graziano Pintori]

Sono stati quattro giorni di vera sofferenza, al limite del panico collettivo, che hanno attanagliato i centri di Nuoro e Mamoiada durante il ferragosto appena trascorso. L’acqua di Abbanoa, non dei cittadini che la pagano profumatamente, è venuta a mancare non per la perdurante siccità, ma per motivi tecnico – amministrativi.

I quali motivi hanno costretto i nuoresi e i mamoiadini ad approvvigionarsi dalle autocisterne dislocate in vari punti degli abitati, sotto un sole implacabile che batteva a 35° e oltre. Io, fra i tanti, armato di bidoni e bidoncini ho pensato: “Qui scoppia la rivolta! E’ insopportabile sapere che tanto inutile e gratuito disagio sia dovuto all’incapacità e all’insensatezza degli amministratori responsabili del servizio idrico, bene supremo per la quotidianità dell’esistenza umana”.

Invece, alla fine della torrida avventura, tutto si ricompone nella normalità dell’ordine costituito. Diversamente dalle condotte idriche, nessuno è “scoppiato” dal punto di vista amministrativo e politico: imperterriti direttori generali, presidente e le trame della politica che li reggono vanno avanti. E’ prevalso, se così può essere definito, il buon senso su chi già proponeva il blocco delle strade, se non altro per interrompere il via vai delle auto che “bucavano” le file degli assetati, creando ulteriore disagio sul disagio. Altri proponevano lo sciopero delle bollette e occupare la sede nuorese di Abbanoa, un insieme di proposte caricate da un interminabile elenco di improperi, come solo la rabbia e il malcontento sanno produrre, nei confronti delle rappresentanze politiche.

Tutto è passato, si è tornati alla piattezza della normalità: l’agire politico ripete l’inevitabile vertice istituzionale (Egas, comune, regione, governo) per segnare il punto della situazione (leggi ordine pubblico), ivi compreso il solito impegno di avviare in modo definitivo la soluzione del problema idrico del capoluogo e del comune di Mamoiada. Si è tornati alla normalità, alla banale normalità della politica.

Si continua ad andare avanti come dieci, venti forse trent’anni fa, prima con il consorzio Govossai, oggi con Abbanoa senza risolvere la questione di Janna ‘e Ferru, il checkpoint idrico dei due centri barbaricini. Il luogo dove scoppiano puntualmente le tubazioni del trasporto idrico e con altrettanta puntualità scoppiano le proteste, ma la politica con i loro amministratori delegati e direttori generali non scoppiano mai. Altro che rivolta! Abbanoa in mano agli amministratori di nomina politica, che si alternano come le maggioranze si alternano al governo della RAS per ripetere i soliti bla – bla da parte dell’uno o dell’altro schieramento. Bla – bla utili per scalzare direttori generali e amministratori delegati per essere sostituiti da altri appartenenti allo schieramento dominante nel Consiglio regionale.

Insomma, ripeto, si parla della politica retta dal credo della normalità o piatta normalità, diciamo pure banale normalità la cui medaglia porta impressa sempre la stessa faccia: centrodestra o centrosinistra. Oggi, non per divagare a destra e a manca, ma per dare più credibilità al senso di banale normalità che sovrasta l’azione politica del governo regionale porto a esempio la questione delle liste d’attesa negli ospedali. Questione in cui risalta che questo centrodestra sardo-servo-leghista non fa altro che calcare le orme di ciò che fino a qualche mese fa contestava al centrosinistra: l’infinità delle liste d’attesa.

Oggi, trovandosi al governo, il problema delle liste di cui sopra, che ha fatto tracimare tanti voti verso lo schieramento sardo-servo-leghista, è stato retrocesso dalla priorità dei problemi da risolvere, perché scalzata dall’urgenza (sic) di rievocare le otto ASL di passata memoria. Otto ASL che significano nuovi presidenti e nuovi direttori generali sanitari e amministrativi, ossia ventiquattro nuove retribuzioni che costeranno circa tre milioni di euro all’anno, sottratti alla sanità pubblica. Resta il fatto, e qui si conferma la banalità della prassi politica, che le liste d’attesa c’erano prima, con la vecchie USL, ASL e ATS e oggi persistono con il rivoluzionario governo regionale sardo-servo-leghista.

La riesumazione delle otto ASL appaiono come la versione tecnica amministrativa del problema di Janna ‘e ferru: tutti gli anni scoppiano le tubature, tutti gli anni i cittadini s’incazzano, tutti gli anni i vertici di Abbanoa e della sanità annunciano le soluzioni definitive dei problemi. Tutti gli anni le questioni (acqua e liste d’attesa) restano fissate nell’orizzonte della speranza.

La sanità come l’acqua è liquida, è un diritto universale che appartiene al cittadino che le rende pubbliche pagando tasse e salatissimi ticket, mentre chi amministra questi beni pubblici utilizza la gestione privata secondo la regola del pareggio di bilancio. Vale a dire che questi irrinunciabili diritti sono erogati sulla base delle disponibilità di bilancio. Naturalmente al netto delle copiose retribuzioni erogate ai presidenti, agli amministratori delegati, ai direttori generali, ai tornaconti politici e elettorali prodotti in nome e per conto di Abbanoa e varie ASL.

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