Il ministro del dialogo

16 Dicembre 2007

Arturo Parisi
Marco Ligas

Il ministro Parisi ha precisato che la lettera D posta davanti alla sigla D5+5 sta per dialogo e non per difesa come avevamo erroneamente interpretato. Ci prende in giro il ministro, può anche dirci che è importante difendersi dalle invasioni periodiche delle locuste; sa bene però che l’incontro organizzato a Cagliari con i responsabili della difesa dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, al di là delle dichiarazioni formali di buon vicinato, aveva come obbiettivo la definizione dei programmi di controllo e di contenimento dei flussi migratori; non lo dice apertamente perché un po’ si vergogna e perché sa che questo obbiettivo non è rispettoso del diritto degli uomini alla libera circolazione.
Il fatto è che ancora oggi i nostri governi, siano essi orientati a destra o a sinistra, non vogliono accettare una realtà difficilmente modificabile per cui i flussi migratori sono destinati a consolidarsi. La crescente ostilità che mostrano nei confronti di questi processi non produce altro che tensioni, discriminazioni e conflitti sociali. Il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione di massa, la crescita dei rapporti commerciali e turistici, i processi di scolarizzazione agiscono da moltiplicatore nella diffusione della conoscenza dei modelli di vita occidentale e determinano, in un gran numero di persone, aspettative e speranze di una vita migliore. Queste cause agiscono, in modo indifferenziato, su tutta l’area dell’immigrazione, senza distinzioni significative fra quella del nord Africa o dell’Asia o dell’est europeo. Purtroppo i mezzi di comunicazione sono anche reticenti e non fanno conoscere adeguatamente le ostilità che sempre più spesso gli immigrati incontrano quando arrivano nei nostri paesi. Ma al di là degli aspetti della comunicazione occorre tener presente che, all’interno dell’area dell’immigrazione, si registra una crescita demografica senza precedenti, di cui non si prevede alcun contenimento nei prossimi anni. Le proiezioni basate sui tassi di crescita degli ultimi decenni prevedono un incremento della popolazione dei paesi che si trovano nella riva sud del Mediterraneo che probabilmente annullerà il divario che sussisteva nel 1950 con i paesi dell’UE. Naturalmente anche la struttura della popolazione è interessata da queste trasformazioni: mentre nei paesi dell’Unione Europea diminuiscono in valore assoluto le persone in età 15-59 anni, in quelli nordafricani esse registrano un incremento costante che potrebbe consentire il sorpasso entro pochi anni. Queste trasformazioni demografiche, destinate a produrre dovunque seri problemi economico-sociali, risultano ancora più drammatiche nei paesi in via di sviluppo, sempre più alle prese con la povertà. Per queste ragioni è del tutto naturale supporre che i flussi migratori cresceranno ulteriormente e saranno a senso unico. Il controllo delle frontiere risulterà sempre più difficile anche in presenza di ulteriori restrizioni legislative. E’ perciò verosimile che pur restando costante il numero degli immigrati regolari, crescerà quello dei clandestini e ciò porrà problemi di altra natura. Paradossalmente il bisogno di allargamento dell’area dell’immigrazione coincide con una situazione economica non florida dei paesi occidentali, dove crescono sempre più le disuguaglianze sociali. In quest’area del mondo la precarietà è diventata un elemento strutturale del capitalismo; si stanno intrecciando, a ritmi serrati, sconvolgimenti di apparati produttivi e modifiche negli assetti proprietari delle imprese: l’elemento unificante di questi processi è la riduzione progressiva dell’occupazione stabile nell’industria senza che si verifichi un reimpiego di lavoratori in altri settori. La verità è che gran parte del lavoro industriale è caratterizzato dalla sostituzione del lavoro dell’uomo con quello della macchina. Ma la crisi dei paesi occidentali si spiega anche col decentramento produttivo nelle aree deboli dove il costo del lavoro è minimo. Non a caso la crisi delle società dell’est è stata funzionale al sistema capitalistico non soltanto dal punto di vista politico/ideologico ma anche perchè ha prodotto una rincorsa all’accaparramento dei mercati. Così sia l’espulsione dai paesi d’origine di larghe fasce della popolazione africana, sia la crisi economica dei paesi occidentali appaiono aspetti inconciliabili dell’immigrazione. In realtà sino a quando si confonderanno le conseguenze dell’immigrazione con le sue cause e ci si limiterà a respingere gli indesiderati nei loro paesi d’origine, i flussi migratori si consolideranno e, insieme ad essi, le tendenze xenofobe. Le alternative all’immigrazione si possono trovare soltanto se si porrà fine alla rapina del Nord nei confronti del Sud e si sostituiranno le politiche coloniali con quelle di collaborazione reciproca e paritaria, non senza aver provveduto al risarcimento dei danni provocati nei paesi colonizzati. Contemporaneamente non potrà essere sottovalutato un altro vecchio problema: gli immigrati clandestini che si trovano nei vari paesi occidentali sono, per legge, ‘non cittadini’, persone che non esistono, quindi esposti a tutti i rischi possibili senza godere di alcun diritto. Per queste ragioni sarebbe quanto meno opportuno restituire loro la dignità di uomini con una decisione politica che gli consenta di vivere alla pari con gli altri esseri umani. Queste considerazioni sembrano appartenere all’utopia; tuttavia se non si riuscirà a realizzare almeno in parte questi obbiettivi, alla possibile integrazione si sostituiranno ancora disvalori: rivendicazioni settoriali, conflitti regionalistici, scontri drammatici tra popolazioni che sino ad ieri hanno convissuto pacificamente.
Ci avrebbe fatto piacere che il ministro Parisi, riferendo del summit di Cagliari, al di là della lotta alle locuste, ci avesse detto che almeno qualcuno di questi temi è stato preso in esame e ci avesse informato sulle soluzioni adottate.

3 Commenti a “Il ministro del dialogo”

  1. Bruno Orrù scrive:

    Che il cosiddetto D-10 avesse anche l’obiettivo di porre sul tappeto politiche di controllo sui flussi migratori, questa volta con la diretta partecipazione dei paesi nord-africani direttamente interessati, non mi sembra cosa deprecabile. Da sinistra si è sempre sostenuto che il problema va costantemente negoziato con i paesi d’origine degli immigrati, per regolare il fenomeno nel rispetto della loro dignità (in primis), e della sicurezza dei paesi di accoglienza. Dove sta allora il problema? Non si vuole,a quanto afferma Marco Ligas, neanche un pò di regolazione dei flussi concordata direttamente con le autorità politiche locali? Ecco un modo eccellente per consegnare ancora una volta alla destra buone motivazioni per dire che a sinistra non si hanno buone politiche per l’immigrazione. A questo si aggiunga l’infantile protesta contro il D-10 e il “blocco del traffico” a Cagliari. In qualsiasi parte del mondo, un evento come quello genera un pò di disturbo in città, per le ovvie e necessarie misure di sicurezza che gli apparati militari e di polizia devono necessariamente prendere. Solo in Italia si organizzano cortei “fuori dalla storia” per urlare sempre contro qualsiasi cosa “sappia” di militare.
    Quando arriverà la maturità?

  2. Bachisio Bachis scrive:

    La maturità evocata dal commento di Bruno Orrù è già arrivata da tempo, mi sempra, e domina (quasi) indisturbata, in lungo e in largo. Spesso manda i ragazzini a giocare (o gridare) da un’altra parte, perchè in realtà sta lavorando per noi. Non capiamo che la sicurezza (quella poliziesca e militare) è il nostro problema più impellente. Non capiamo che sarà un vertice di ministri che ci salverà. Qual’è il problema?
    Secondo Ligas, fondamentalmente, nella confusione tra “le conseguenze dell’immigrazione con le sue cause”. Condivido.

  3. Marco Ligas scrive:

    Bruno Orrù è un lettore abituale del nostro quindicinale e spesso interviene con dei commenti. È severo nei nostri confronti. Di volta in volta ci rimprovera, sempre con un po’ di saccenteria, di essere conservatori, di avere delle pretese boriose, di sostenere delle posizioni perdenti e antistoriche; in qualche occasione ci invita alla serietà. Le ultime critiche, ripetute in due commenti successivi, sono di infantilismo e di assenza di maturità. Non conosco la sua età ma suppongo, soprattutto dalle ultime critiche che ci muove, che sia una persona attempata, forse un po’ troppo lamentosa. Noi ci auguriamo, e naturalmente lo auguriamo anche a lui, che sappia contenere questa tendenza, se no vi immaginate come continuerà a trattarci?

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