Il movimento degli insegnanti esiste
16 Luglio 2016Amedeo Spagnuolo
Il drammatico suicidio della professoressa a San Vito, nel cagliaritano, ha dato vita ad una forte polemica tra gli organi d’informazione e i dirigenti dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Cagliari, infatti, mentre per i primi il tragico evento è la diretta conseguenza delle misure intraprese dalla riforma della scuola detta anche “Buona Scuola”, per i funzionari dell’USP, al contrario, si tratta di motivi personali e non professionali e tale tragico evento è stato strumentalizzato per motivi politici. La questione è piuttosto complessa perché secondo i media esisterebbero dichiarazioni di parenti stretti della vittima, raccolte davanti a testimoni, che confermerebbero le angosce professionali della docente cagliaritana.
In questa sede, però, pur comprendendo il dolore dei parenti della docente di Cagliari, non si ha l’intenzione di arrivare a capire quale sia la verità, poiché non si hanno gli strumenti per poterlo fare. Piuttosto si vuole sottolineare che, comunque siano andate le cose, l’autore di questo scritto, essendo un insegnante, può testimoniare in maniera diretta quanto possano essere tristi gli effetti di una pseudoriforma della scuola che oltre a demolire i pilastri democratici sui quali essa era fondata, ha devastato la vita e l’equilibrio mentale di migliaia di docenti che di punto in bianco hanno visto compromessi, per sempre, i loro progetti esistenziali.
Si sta parlando di tanti insegnanti precari che, a causa della riforma voluta dal nostro attuale governo, vedono messo seriamente a rischio il loro posto di lavoro o, nella migliore delle ipotesi, corrono il rischio di essere sradicati, con figli piccoli e genitori anziani, dal luogo nel quale avevano sognato di costruire il loro futuro, per essere scaraventati in una località anonima, lontana dalla Sardegna. A questo punto è legittimo riflettere sulle voci di dissenso di coloro che affermano che sono tante le persone che per lavoro hanno dovuto abbandonare i propri luoghi d’origine. Il fatto è che in genere, per quanto riguarda la ricerca del lavoro, si tratta di giovani di 20 – 30 anni pieni di entusiasmo e di voglia di sperimentare che, nella maggioranza dei casi non hanno ancora figli e anziani da accudire.
Al contrario, qui si parla d’individui di cinquant’anni ed oltre che portano coraggiosamente sulle spalle un peso notevole di responsabilità che non riguarda solo il loro vissuto, ma che coinvolge il destino esistenziale di tante altre persone. Prima dell’avvento del governo Renzi e della cosiddetta “Buona Scuola”, i principi sui quali si basavano le assunzioni dei docenti erano piuttosto razionali e guidati da una logica che palesava la volontà di far funzionare nel migliore dei modi la scuola. Solo per fare un esempio, le vecchie graduatorie permanenti consentivano di lavorare con incarichi annuali, nella fase del precariato, nella provincia prescelta che in genere era quella nella quale si viveva con la propria famiglia, in attesa che si liberassero, per effetto del turn – over, annualmente cattedre che consentivano, in maniera graduale, di poter immettere in ruolo quelli che fino a quel momento avevano svolto la loro attività didattica come precari.
La logica e la razionalità sono invece completamente sparite dalla pseudoriforma voluta da Renzi, Giannini e Faraone, ma di questo non bisogna stupirsi perché alla base di tale scellerato progetto non c’era, come ormai quasi tutti hanno capito, la volontà di migliorare il mondo della scuola, bensì quello di riproporre anche nel mondo dell’istruzione il dogma dell’uomo solo al comando, nello specifico del cosiddetto preside “sceriffo” al quale viene consentita la “chiamata diretta” dei docenti, pratica inaudita nel pubblico impiego, ma ancora più pericolosa in un paese come l’Italia “antropologicamente” clientelare.
In questo scoraggiante contesto, l’unica, anche se importante, consolazione si riferisce all’errore commesso da tutti coloro che avevano dato per morto il movimento dei docenti italiani, i fatti hanno dimostrato che si erano sbagliati in maniera grossolana. La dimostrazione di ciò sta in alcuni importanti eventi che si sono succeduti di recente: il movimento referendario che ha visto, negli ultimi mesi, le sigle sindacali Cobas, Cgil e Gilda unirsi ad altre associazioni di base e portare avanti con testardaggine la raccolta delle firme con le quali i docenti italiani chiedono l’abrogazione dei punti più scandalosi della pseudoriforma renziana, come la suddetta chiamata diretta dei presidi; ancora più importante è il chiaro messaggio che gl’italiani hanno mandato a questo governo con le recenti elezioni amministrative che, ad esempio, a Torino hanno sfiduciato politicamente la compagine guidata da Renzi.
Tra i tanti italiani che hanno votato contro questo governo ci sono proprio gl’insegnanti che storicamente hanno sempre rappresentato in Italia una notevole massa d’urto della sinistra italiana. Tutti i più prestigiosi analisti politici del nostro paese concordano, infatti, sulla riflessione relativa all’errore più grave commesso da Renzi e c. e che gli è costato l’alienazione di fasce importanti di elettori ovvero umiliare il mondo della scuola a favore di banche, alta finanza e Confindustria.
La partita adesso è apertissima e il movimento dei docenti, dopo aver incassato la sconfitta del PD, responsabile dello scempio compiuto nei confronti della scuola pubblica e in attesa di conoscere in maniera definitiva se sarà stato raggiunto il fatidico numero di 500.000 firme (in realtà per ogni quesito sono state raccolte oltre 530.000 firme, quindi già un grande successo, ma si attende la verifica formale delle firme) utili all’indizione del referendum abrogativo dei punti più nefasti della legge 107, detta anche “Buona Scuola”, si sta già organizzando nei comitati referendari per il NO ad un’altra riforma scellerata proposta dal PD renziano, quella istituzionale, che porterà gli italiani ad esprimersi, questa volta senza il quorum del 50% più uno degli elettori.
Il movimento che in tutta Italia unisce la stragrande maggioranza dei docenti è finalmente un fatto concreto, una realtà consapevole dell’importanza di difendere con tutte le proprie forze i principi della scuola pubblica caposaldo fondamentale di qualsiasi democrazia moderna. Allo stesso tempo, però, la battaglia degli insegnanti italiani continuerà anche per creare una rete sempre più ampia e solidale capace di contrastare la solitudine angosciante di tanti insegnanti italiani devastati dalla disperazione a causa di un sistema scolastico subdolo che umilia i docenti, danneggia dal punto di vista didattico e sociale gli alunni e crea forte preoccupazione nei genitori relativamente al futuro dei propri figli.