Il prezzo da pagare della speculazione energetica

2 Luglio 2024

[Paola Pilisio]

Il dibattito sulle sorti energetiche dell’Isola non è mai stato così acceso e non può che far piacere sapere che i sardi, non tutti, ma tanti, siano così interessati al futuro della propria terra.

Ovviamente l’argomento è complesso e le tesi a riguardo non sempre centrate, ma è il prezzo da pagare affinché se ne parli. Il dovere che ognuno di noi ha è sicuramente quello di portare contributi, cercando di fare chiarezza, con il fine di restare uniti, precondizione per il raggiungimento di un futuro sostenibile.

Quello che manca al dibattito in corso, o almeno che viene tralasciato da molti, comitati compresi, è la questione del metano e del ruolo che esso svolgerà nella transizione energetica che ci stiamo preparando ad affrontare. Se non si parla di metano e, soprattutto, se non si mette in evidenza il collegamento tra questo combustibile fossile e l’invasione delle fonti rinnovabili in Sardegna, si corre il rischio di restare intrappolati nella semplicistica dicotomia delle rinnovabili sì o rinnovabili no.

I comitati ancora una volta sono tacciati di essere quelli del no a tutto, ma questo perché da sempre, chi è per il sì a tutto non vuole fare lo sforzo di leggere oltre e provare a mettersi dalla parte di chi vede i luoghi in cui risiede subire una trasformazione imponente a discapito delle proprie condizioni di vita, abitative, lavorative e paesaggistiche.

Quando questo fenomeno si ripete, l’operazione è sempre la stessa: si assiste, cioè, allo screditamento dei movimenti da parte delle amministrazioni – in modo particolare, la Regione e il governo – e dai “padri” dell’ambientalismo italiano che da sempre vanno a braccetto con le multinazionali dell’energia. Ci tengo a sottolineare questo aspetto perché, in passato, sulle battaglie di cui mi sono occupata a Porto Torres, queste dinamiche le ho vissute e so che non aiutano alla causa, anzi sono preconfezionate proprio per disperderla.

Tornando al problema energia è fondamentale fermarsi sull’imprescindibile guaio che in pochi vedono e in molti sottovalutano, ovvero quello del metano, combustibile che avrà un notevole impatto sulle scelte future. Intanto, va detto che quando, qualche anno fa, è stato annunciato in pompa magna l’arrivo del gas è emerso un quadro a dir poco curioso: si è infatti scoperto che  gli stoccaggi di gas proposti in Sardegna non avevano niente a che vedere con il (presunto) fabbisogno dell’isola. Piuttosto, la rete dei depositi costieri era stata pensata per soddisfare i consumi del Continente e, in parte, dell’Europa. Solo una minima parte di questo gas sarebbe stata utilizzata in Sardegna, per una ragione che fa riflettere.

Il gas, infatti, è utile per gestire i flussi di energia generati con le fonti rinnovabili, che sono per loro natura intermittenti e non programmabili. Il problema riguarda la scala del nuovo sistema energetico: più potenza da fonti rinnovabili verrà installata più è probabile la realizzazione di centrali a metano “incaricate” di stabilizzare i flussi energetici discontinui di eolico e fotovoltaico (la stessa funzione – sebbene in maniera limitata – può essere svolta dagli accumuli elettrochimici, che però non sono a costo zero né facilmente reperibili).

Piero Loi in un articolo uscito su Indip nel marzo del 2022, ci metteva in guardia rispetto a questa possibile evoluzione, svelando quale fosse in effetti la funzione che assumeranno gli elettrodotti che collegano l’isola alla penisola ovvero trasferire l’energia verde dalle aree di maggior produzione (Sardegna) a quelle di maggior consumo (continente). Si tratta, quindi, di un disegno industriale all’interno del quale si punta sulle centrali a gas, come d’altronde al tempo ipotizzava il Dpcm Sardegna del governo Draghi e come successivamente ha ribadito il Dpcm (al momento abortito) del governo Meloni.

Il metano è un elemento ancora più deleterio dell’anidride carbonica nel favorire l’innalzamento delle temperature e che già dovrebbe farci venire un primo dubbio sulla bontà della transizione energetica e farci comprendere che ogni singolo elemento è strettamente correlato e dipendente dall’altro. Perciò in un sistema incentrato sulle rinnovabili e orientato all’export, i transiti verranno rinforzati con il metano, per l’appunto.

Resta la controversa questione di voler contribuire o meno a una transizione globale, ma è di fondamentale importanza capire che questa generosa collaborazione green, non possiamo permettercela e non perché siamo egoisti, ingrati, movimentisti, indipendentisti o contro la Todde, ma semplicemente non possiamo strutturalmente farcene carico. A meno che non vogliamo continuare nel ruolo che ci riesce meglio dal Piano di Rinascita in poi, ovvero quello di piattaforma energetica di cui siamo esperti destinatari.

Come, ad essere realisti, non possiamo pensare di ospitare solo impianti di piccola taglia: bisogna capire solo dove e cosa chiedere in cambio.

Come singoli siamo pronti a fare la nostra parte e, a vedere gli scenari al 2030 del Piano Energetico Regionale, siamo in grado di raggiungere questi obiettivi, grazie a un mix tra consumo locale dell’energia verde e accumulo tramite batterie e idroelettrico: questo ovviamente riducendo l’esportazione.

Forse, è agendo singolarmente che possiamo davvero dare un contributo anche globale ed è su questo che chiuderei senza concludere, lasciando aperto il dibattito.

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