Il rituale della repressione

20 Settembre 2019
[red]

La nota di solidarietà del Cagliari Social Forum sulla notizia dei gravissimi capi di imputazione mossi nei confronti di una cinquantina di attiviste/i impegnate/i nella lotta per il superamento dell’occupazione militare della Sardegna.

È un rituale triste quello cui ci tocca assistere. Un rituale che, questura, procura, puntuali come orologi svizzeri, hanno preparato in vista della chiamata che una cinquantina di associazioni, partiti e sindacati hanno fatto per il giorno 12 di ottobre.

Mancano appena tre settimane a quella data e la procura di Cagliari annuncia la fine di indagini portate avanti per anni per far dare la notizia, a mezzo stampa che una cinquantina di persone sono state denunciate e verosimilmente saranno sottoposte a giudizio, con gravissime accuse perché “terroristi ed eversori”.

50 persone: uno su cento di coloro che nel 2014 hanno partecipato alla manifestazione di Capo Frasca. Una coincidenza? Noi non lo pensiamo, pensiamo che sia questa una ulteriore prova di come si intende affrontare il dissenso, l’opposizione alle servitù militari e, del resto, non dimentichiamo che anche quell’altra volta la manifestazione era stata preceduta da misure cautelative e repressive come “fogli di via” avvertimenti e così via.

Non dimentichiamo il “clima” in cui ci tocca vivere: un clima avvelenato fatto di intimidazioni uso spropositato (e dispendioso) di mezzi e forze nello “scortare” e reprimere alcune manifestazioni. Un “clima” che partendo dalla repressione preventiva si concretizza, dopo, in misure che tendono a scoraggiare alla partecipazione alle manifestazioni. Da parte nostra ci va di affermare che continueremo, se possibile, con più determinazione, a portare avanti le nostre battaglie per la smilitarizzazione del territorio, contro la presenza di fabbriche che producono bombe, contro la presenza di poligoni militari nei quali eserciti di mezzo mondo si esercitano per portare la guerra, quella vera, quella che provoca morte e distruzione in tutto il mondo, che continueremo ad occupare tutti gli spazi di democrazia che ancora ci vengono concessi per affermare questi principi.

Nell’affermare la nostra solidarietà alle compagne e compagni colpiti da questi assurdi provvedimenti vogliamo rassicurarli che essi non saranno soli. Non verranno lasciati soli. Perché pensiamo che queste misure non riguardino le loro persone ma tutto il movimento antimilitarista.

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