Il sole che lotta

1 Febbraio 2011

Il sole che lotta

Nicola Cipolla

Il gestore del sistema elettrico nazionale (Gse) ha fatto sapere che nel 2010 l’Italia ha raggiunto il traguardo, impensabile fino ad un anno fa, di 7.000 Mw di potenza fotovoltaica installata. Nel 2009 si era a poco più di 1.000 Mw (+ 600% in un solo anno). L’Italia così ha parzialmente recuperato in questo campo il ritardo rispetto ad altri paesi europei, a cominciare dalla Germania, dove, come si ricorderà, lo stesso pannello fotovoltaico produce poco più della metà di quello installato in Italia.
Per capire l’importanza di questo dato basta ricordare che 1.000 Mw di energia rinnovabile equivalgono a 600 mila tep (tonnellate equivalenti petrolio). Che l’obiettivo per l’energia fotovoltaica per il 2020 fissato dal governo era di 8.000 Mw. Che il fotovoltaico equivale già oggi a una o più delle centrali atomiche previste da Berlusconi. Che il fotovoltaico è solo una delle fonti rinnovabili assieme all’eolico, all’idroelettrico e alle biomasse le cui richieste, bloccate dalle burocrazie regionali, superano già il totale dell’energia elettrica oggi consumata nel nostro paese. E infine che oltre la metà del fotovoltaico deriva da 55 mila impianti che rappresentano una già corposa avanguardia di un totale di milioni di italiani che abitano in case di proprietà, e persino posseggono seconde case, i quali non solo saranno liberati dalle bollette della luce ma riceveranno, in base al «conto energia», un assegno per l’energia non consumata e immessa in rete.
Questo dato conferma che, a livello attuale della tecnologia, è possibile prevedere entro breve tempo, se si supereranno gli ostacoli che certamente saranno frapposti, di sostituire totalmente nel nostro paese, in Europa, nel Mediterraneo e in tutto il mondo le energie fossili con quelle rinnovabili, salvando non solo l’ambiente in cui viviamo, messo in pericolo dallo sviluppo industriale, basato sul carbone prima e sul petrolio dopo, ma anche salvaguardando l’intera umanità dai conflitti e dalle guerre per il possesso di queste materie fossili che sono alla base della storia di questi travagliatissimi 200 anni.
Questo «miracolo» è stato reso possibile dall’introduzione anche in Italia della normativa sul «conto energia» inventata in Germania 15 anni fa ad iniziativa di un socialdemocratico di sinistra, Hermann Scheer, sostenuto anche dai Verdi, e che nel nostro paese può dare concretamente frutti anche più avanzati. Questo sviluppo impetuoso però crea resistenze di formidabili interessi colpiti (a partire dalle 7 sorelle fino agli attuali oligopolisti della produzione centralizzata non solo elettrica ma anche energetica in generale) che vedono vacillare il potere, fin qui esercitato attraverso pochi grossi complessi industriali, su una miriade di consumatori.
Altro ostacolo è costituito dall’arretratezza tecnica e, dopo la privatizzazione dell’Enel e di Terna, anche istituzionale, della rete elettrica esistente chiamata non più a trasmettere energia da poche centrali ma a ricevere e distribuire l’energia prodotta, in prospettiva, da milioni di utenti.
Sorge così l’esigenza, affermata anche dal referendum contro la privatizzazione dell’acqua, di riportare in mano pubblica il complesso delle reti di distribuzione dell’energia elettrica e delle centrali idroelettriche per equilibrare il carattere aleatorio delle energie del vento e del sole. Sono iniziate così, e lo si vede dallo stesso Sole 24 Ore di giovedì 27 gennaio che aveva dato il giorno prima la notizia dei dati del Gse, le manovre per svalutare il grande significato di questi risultati e per cercare di revocare o bloccare addirittura il funzionamento degli incentivi alle rinnovabili, ricorrendo anche ad una citazione capziosa di posizioni degli «Amici della terra».
A questo proposito risulta provvidenziale la prima iniziativa, il 24 gennaio u.s., dell’Associazione Bruno Trentin, presieduta da Guglielmo Epifani e promossa dalla Cgil, dal titolo: L’energia per il lavoro sostenibile – La terza rivoluzione industriale. Ad aprire il dibattito è stato chiamato Jeremy Rifkin, apostolo scientifico delle energie rinnovabili che è anche sostenitore della trasformazione dell’elettricità ricavata dalle rinnovabili in idrogeno da utilizzare come combustibile nei trasporti e nell’industria (è stato rilevato anche che in quest’anno i più grandi complessi automobilistici europei, statunitensi, giapponesi, etc. immetteranno sul mercato le prime auto elettriche, mentre la Fiat di Marchionne è ancora legata alle 500 e ai Suv della Chrysler ed è destinata perciò qualunque sia la riduzione del costo del lavoro imposta a chiudere i battenti).
Di Rifkin è il termine di «terza rivoluzione industriale» su cui bisognerà, in altra occasione, fare una riflessione.  L’iniziativa è stata comunque importante perchè intanto si è vista tutta la Cgil schierata sul fronte antinucleare (senza ideologismi ma con pure argomentazioni economiche) soprattutto facendo propria l’affermazione che l’avvento di un nuovo modello energetico è l’unica valida possibilità di sviluppo dell’economia e dell’occupazione oggi messa in crisi non solo da eventi congiunturali a carattere finanziario ma soprattutto dall’esaurirsi di un modello di sviluppo che non garantisce più l’occupazione e la difesa dei diritti dei lavoratori conquistati negli anni ’60 e ’70 in una fase di boom economico. Importante anche la presenza di Vasco Errani presidente della conferenza delle regioni e di Giuliano Poletti presidente della Legacoop, che hanno apprezzato questa svolta della Cgil. E dei rappresentanti dei sindacati tedeschi e spagnoli che hanno testimoniato il taglio europeo di uno sviluppo dell’occupazione basato sulla scelta ambientalista. (Si licet ho ricordato in questa occasione che Claudio Sabattini, divenuto dirigente regionale della Fiom Sicilia, presenziò sette anni fa ad un convegno promosso dal Cepes a Palermo su «Il sole del Mediterraneo» e assicurò anche la presenza di queste organizzazioni sindacali europee).
Il 2011, che vedrà a livello internazionale la battaglia per il rinnovo del protocollo di Kyoto e da noi la celebrazione dei due referendum gemelli sull’acqua bene comune e contro il nucleare, con questi dati sul fotovoltaico e con la discesa in campo delle forze fondamentali per il rinnovamento può rappresentare un momento importante per fare uscire il nostro paese dalla attuale crisi economica ma anche politica.

da il manifesto, 20 gennaio 2011

2 Commenti a “Il sole che lotta”

  1. Giulio Angioni scrive:

    Chiaro. Fin troppo chiaro, per chi non sa fare altro che pescare nel torbido. E’d è anche poetico che si viva di sole, di aria e di acqua.

  2. Giacomo Oggiano scrive:

    Perchè la geotermia,come anche in questo caso, viene sempre ignorata tra le rinnovabili? Una spiegazione -forse maliziosa- l’avrei . Con l’eolico e il fotovoltaico sono rinnovabili sopratutto i contributi di denaro pubblico (per la gioa della P3, dell’EON e non solo). Infatti, oltre al contributo iniziale per l’impianto, è previsto l’acquisto del Kw a prezzo politico maggiorato, pagato da noi. Lo sfruttamento dei fluidi a bassa entalpia (in Sardegna il gradiente geotermico è tra i più alti in Italia) cattura contributi solo per l’impianto poi basta: il Kw elettrico non c’è e anche quando ci fosse (Larderello) non avrebbe sovraprezzo politico. Lo stesso vale per i geoscambiatori (in Svizzera ne è dotato il 70% delle case extraurbane) da cui oltre all’aria calda in inverno possiamo ottenere aria condizionata d’estate.
    Attenzione alla rinnovabilità del fotovoltaico. La vita reale , con rendimento, accettabile, di un pannello non supera i 15 anni. Se queste soluzioni sono ottime in casi particolari, sono demenziali per centrali di potenza. Quanto costa riciclare i pannelli esausti? Per molti sarà meglio smaltire (rifiuti tossici) chissà dove. Gli elementi chimici che servono per i semiconduttori non sono una materia prima inesauribile, costano cari, sono in mano alle multinazionali e spesso si trovano (vedi coltan) in Africa dove, per il loro controllo vengono attizzate guerre tribali e genocidi. Il sole ride o se la ride?

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