Il successo di Sardegna Palestina al Lazzaretto di Cagliari
21 Luglio 2021[Aldo Lotta]
Se esistono i miracoli c’è qualcuno che ne ha realizzato uno magnifico, qui a Cagliari, nei giorni dal 16 al 18 Luglio. Le giornate letterarie organizzate dall’associazione Sardegna Palestina al Lazzaretto di Cagliari, in un periodo piuttosto controverso riguardo statistiche e proiezioni del fenomeno epidemico, hanno visto la presenza di tantissime persone, almeno un centinaio per serata.
Non è mia intenzione, né è mio compito, fare una recensione né trarre delle conclusioni riguardo l’evento, che comunque ha rappresentato, senza tema di smentite, un ulteriore successo organizzativo da parte dell’associazione sardo-palestinese.
Vorrei solo esprimere delle impressioni, soffermandomi su quelli che possono rappresentare dei momenti di crescita e apertura dell’attivismo in favore dei diritti dei popoli oppressi.
Esiste una convergenza micidiale delle politiche israeliane di colonialismo di insediamento, di apartheid e razzismo (del tutto smascherate da parte di organizzazioni internazionali tra cui Amnesty International) coi fenomeni di complicità e sostegno di tali politiche da parte degli Stati occidentali, di assoluta rimozione mediatica del problema (o più spesso di spudorata falsificazione e sovvertimento dei termini della questione palestinese) e della stagnante e putrida indifferenza di buona parte dell’opinione pubblica.
Questo processo, sviluppatosi fin dalla sua nascita in un Paese che ama definirsi democratico e come tale viene riconosciuto da tutto l’occidente, oggi è sempre più evidente e incombente sulla nostra società. Ciò nella misura in cui quel sistema basato sul suprematismo, sull’oppressione e distruzione, sul disprezzo per i diritti dell’uomo viene sempre più estesamente esportato oltre i confini della madre patria.
Ciò avviene, ad esempio, in Italia attraverso la crescente indifferenza, se non approvazione (nutrite da un’anestesia mediatica) nei riguardi di metodi di violenza e repressione delle forze di sicurezza nelle piazze e nelle carceri, o il plateale atteggiamento delle istituzioni cinico e criminale (che culmina nella detenzione amministrativa o nei respingimenti collettivi) verso i profughi e migranti. O, ancora, attraverso il crescente controllo della nostra privacy grazie ai potenti sistemi informatici di spionaggio come l’israeliano Pegasus, o con la presenza invadente nelle nostre università di agenzie “accademico”-scientifico-militari come la israeliana Elbit.
In sintesi, il contagio di questo virus liberticida si propaga mediante un terrificante incremento delle politiche di supremazia finanziario-militare e di un sottile e pervasivo controllo sulle nostre vite di “liberi” cittadini. Solo due dati, fra i tanti, a testimonianza: 1) l’esplosione, negli ultimi sei anni, del valore dello scambio di materiale bellico tra Italia e Israele si accompagna alla presenza regolare nei nostri cieli dei piloti che periodicamente bombardano Gaza; 2) è di questi giorni la decisione del nostro governo di rimuovere la clausola (voluta dall’UE) che impediva il commercio di materiale bellico con i paesi arabi (alleati di Israele contro l’Iran).
Ciononostante, quello che è emerso a Cagliari dall’incontro al Lazzaretto è che esiste una Palestina libera. E non necessariamente solo nei territori palestinesi occupati e a Gaza, ma anche e soprattutto all’interno della società globale. Infatti il significato della parola Palestina sembra oggi trascendere sempre di più i soli termini di uno Stato nazione per acquisire anche un alto valore simbolico e globale. Il sistema mortifero e invasivo dei governi di estrema destra israeliani viene sempre più contrastato attraverso una diffusione per contagio di un attivismo trasversale e intersezionale, da parte di una società civile attiva. Questa, al contrario del passato, è sempre più costituita da giovani, consapevoli che quella questione irrisolta (come purtroppo altre nel mondo globalizzato) non riguarda altri da noi ma tocca dolorosamente la nostra nuda vita e il nostro futuro.
I “confini aperti” del Lazzaretto di Cagliari hanno così dato voce ad artisti, scrittori, intellettuali tanti dei quali giovani, molti medio-orientali e molti palestinesi. Espressione, questa di una intensa e vitale creatività e voglia di restituire entità e identità ad un intero popolo oppresso e oscurato da un’invasione che dura da 70 anni.
Il succedersi e il convivere ordinato di tante espressioni artistiche, dalla pittura al cinema, alla musica e alla scrittura (il tutto visibile sulla pagina di Sardegna Palestina) ha visto, anche dalla parte degli spettatori, una partecipazione eccezionale di giovani.
Se volessimo assegnare a qualcuno un ruolo centrale credo che dovremmo tributarlo ad alla pittrice palestinese Malak Mattar, di appena 21 anni, presente non di persona ma attraverso le riproduzioni fotografiche dei suoi splendidi quadri. Sono gli sguardi espressivamente straziati, tristi, o ricchi di speranza ma mai arresi, di donne della sua terra, ritratte con acuta scelta dei colori e del segno, a chiedere per lei diritti umani per i Palestinesi.
Tutto ciò a dimostrazione di quanto l’arte e la cultura possano e debbano rappresentare un inarrestabile strumento di rivalsa sulla prepotenza della barbarie distruttiva e dell’occupazione.