Il valore psicologico del lavoro
8 Gennaio 2014Michela Angius
Il lavoro è uno degli elementi fondamentali su cui si basa ogni società. Uno degli obiettivi individuati dall’Unione Europea per garantire una crescita sostenibile, solidale e intelligente, è il raggiungimento nel 2020 di un tasso di occupazione del 75% per le persone con un’età compresa tra i 20 e i 64 anni. Nel 2011 la Sardegna era ben lontana dal raggiungimento di tale traguardo. La regione sarda aveva una distanza di ben 11 punti percentuali rispetto al suo obiettivo, fissato per l’Italia non al 75% ma al 67-69%. Il dato sardo era poco meno del doppio rispetto allo stesso valore calcolato per la situazione italiana (fonte Eurostat, Istat).
Un aspetto positivo riguarda l’incremento dell’occupazione femminile sarda che cresce per più di 2 punti, mentre dal 2008 al 2011 a livello nazionale si è registrato un decremento di -0.7 punti percentuali (fonte Eurostat, Istat).
L’interpretazione di questo dato può essere controversa. Da un lato tale aumento potrebbe essere considerato il risultato di un cambiamento socio-culturale, mentre dall’altro come la risposta ad una crisi economica che ha causato la perdita del lavoro dei capifamiglia e quindi sarebbe la conseguenza diretta di una necessità.
In ogni caso, la situazione che oggi investe il mondo del lavoro è preoccupante. A partire dal 2008, anno in cui è incominciata la crisi internazionale, il tasso di disoccupazione della Sardegna è costantemente cresciuto, arrivando nel 2012 al 15.5% (fonte Istat).
Per quanto riguarda il dato provinciale, nel 2012 l’Ogliastra si aggiudica il triste primato di disoccupati (22.4%), seguita dalla provincia di Oristano (17.4%), Carbonia-Iglesias (16.6%) e Medio-Campidano (16.5%) (fonte Istat).
La situazione che sta vivendo il Sulcis meriterebbe una trattazione a parte. A inizio 2012 l’Unioncamere aveva definito la provincia di Carbonia-Iglesias la più povera d’Italia con 130 mila abitanti, di cui un terzo disoccupati o in cassa integrazione, e un altro terzo pensionati.
Per anni le industrie hanno sfruttato il territorio e utilizzato il lavoro come strumento di ricatto. Dal momento in cui le multinazionali hanno deciso di chiudere, è emersa l’incapacità e la mancanza di coraggio degli Amministratori politici a tutti i livelli nell’individuare strategie di riconversione di un’area con un alto potenziale.
Nelle prossime settimane quando la campagna elettorale si farà più accesa, i candidati alla presidenza della Regione Sardegna dovranno inevitabilmente affrontare la drammatica questione economica e sociale di un territorio che è ancora in attesa di ricevere delle risposte.
Quando si affronta il tema del lavoro e della disoccupazione il versante economico dovrebbe essere solo uno degli aspetti preso in considerazione.
E’ vero che l’occupazione lavorativa determina una riduzione dei livelli di povertà in quanto garantisce agli individui un reddito e la possibilità di soddisfare i bisogni primari. Ma da un punto di vista psicologico, lavorare è un’importante fonte di gratificazione e di soddisfazione personale.
L’attività lavorativa, unitamente alle esperienze della propria vita affettiva e sociale, contribuisce attivamente alla definizione di se stessi.
La realizzazione del proprio Sé passa attraverso la possibilità di svolgere un lavoro che sia coerente con le proprie attitudini personali. Accade frequentemente che alla domanda “Chi sei?” si sostituisca quella “Che lavoro fai?”.
Nel momento in cui si accerta l’importanza psicologica del lavoro, appare evidente che le conseguenze connesse alla difficoltà di trovare un’occupazione non possono essere solo di carattere economico.
La mancanza di lavoro può innescare varie forme di disagio sociale con la manifestazione di disturbi ansiosi, depressivi e psicosomatici.
Le persone che hanno perso il lavoro sperimentano un forte abbassamento del livello di autostima e di fiducia in se stessi. Alcuni soggetti vanno incontro a differenti forme di dipendenza che possono assumere anche un carattere patologico (alcool, fumo, gioco d’azzardo, sostanze stupefacenti, ecc.).
Gli elevati tassi di disoccupazione possono comportare lo sviluppo di rilevanti problemi relazionali. Infatti, la persona sviluppa un forte senso di inferiorità in quanto si sente inutile perché non è più in grado di sostentare la propria famiglia.
La bassa percezione che la persona ha di se stessa può condurre al disfacimento del sistema di relazioni costruito nel tempo che invece dovrebbe rappresentare una base sicura cui poter fare riferimento.
Fronteggiare la crisi del mercato del lavoro è possibile se le Istituzioni imparano a prendersi carico del versante economico, senza però dimenticare quello sociale.
Da un punto di vista economico sono sempre più importanti gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) in quanto accrescono i livelli di produttività, occupazione e benessere.
La ricerca e sviluppo (R&S) favorisce l’incremento di conoscenze innovative e all’avanguardia. Essa permette di ottenere buoni risultati in termini di crescita economica direttamente sulle singole imprese e indirettamente sulla società nel suo complesso.
Le imprese che investono in ricerca e sviluppo (R&S) registrano aumenti di produttività, ad esempio con l’impiego di macchinari raffinati e ergonomici o con la riduzione dei processi lavorativi superflui. Inoltre, la rapidità con cui le nuove conoscenze e innovazioni si diffondono nella società, rende possibile l’applicazione delle best practices in quanto esempi tangibili di successo.
In linea con tali considerazioni, l’Unione Europea ha stabilito che gli Stati membri destinino per il 2020 il 3% del PIL in investimenti. Per l’Italia, tale obiettivo è stato rivisto e riposizionato sull’1.53%.
Pur essendo stata abbassata della metà la soglia da raggiungere, i dati del 2010 a disposizione non sono per nulla incoraggianti. Sebbene l’Italia abbia recuperato il suo ritardo negli investimenti, è ancora situata su un livello inferiore rispetto a molti Paesi europei come ad esempio la Germania e l’Austria. Si colloca ampiamente al di sotto di tutti i Paesi dell’UE a 15, compresi Portogallo, Irlanda e Spagna (fonte Eurostat).
Non stupirà l’esistenza di un forte divario negli investimenti tra le Regioni del Nord e quelle del Sud d’Italia, dove è solo la Campania a registrare un valore al di sopra della media (1,3%) (fonte Eurostat).
Inoltre, mentre in Italia nel 2010 la maggior parte della spesa in ricerca e sviluppo (R&S) è stata realizzata dalle imprese, in Sardegna gli investimenti sono portati avanti principalmente dalle Università (fonte Istat). Ciò significa che pur essendo uno degli elementi in grado di migliorare l’economia, in Sardegna la ricerca e sviluppo (R&S) non solo è scarsamente valorizzata ma è anche confinata al settore pubblico.
Da un punto di vista psicologico sarebbe opportuno considerare l’importanza del supporto sociale in quanto fattore protettivo per la riduzione delle conseguenze negative della disoccupazione.
La presenza di una rete sociale impedisce al disoccupato di sperimentare elevati livelli di stress innescati dalla sua tendenza naturale all’isolamento. La qualità delle relazioni sociali è correlata positivamente con il benessere psicologico e fisico degli individui.
Occorre prendersi cura in maniera attiva di coloro che sono alla ricerca di un lavoro, evitando o limitando al minimo gli interventi basati su fini prettamente assistenzialistici.
E’ necessario fornire alle persone gli strumenti per accrescere la propria capacità di autodeterminazione e il senso di autonomia. L’individuo consapevole delle proprie capacità e adeguatamente informato sul contesto lavorativo è in grado di scegliere e prendere decisioni responsabili orientate al raggiungimento dei propri obiettivi.
Diviene importante affiancare ai tradizionali percorsi volti all’acquisizione di conoscenze e capacità, l’impiego di strumenti psicologici che consentano di sostenere e sviluppare le potenzialità dell’individuo favorendo l’adozione di atteggiamenti attivi, il miglioramento del senso di auto-efficacia e il rafforzamento dell’empowerment.
E’ solo con il riconoscimento dell’individuo come una persona che possiede bisogni, aspettative e desideri che sarà possibile affrontare efficacemente il fenomeno della crisi del mercato del lavoro e ottenere quel cambiamento culturale di cui si sente apertamente la necessità.