Il vento dell’Est
1 Aprile 2010Valeria Piasentà
Lunedì sera. Novara è silenziosa e sospesa nella notte: forse è indifferente o forse sta seguendo i risultati elettorali con i testa a testa in Lazio e Piemonte, soprattutto l’arrancare di Bresso e Cota divisi da un pugno di voti. L’ormai ex-sindaco di Novara con Cota e moglie sono chiusi nella loro sede torinese e non rilasciano dichiarazioni fino alle 2, quando compare il neo-presidente con piglio molto aggressivo fra un tripudio di stendardi e cori da stadio, e a scrutinio ancora aperto risulta chiara la vittoria di Cota per lo 0,4%. Mentre da Milano Bossi col figlio Renzo ‘la Trota’ già da ore esulta: «la sinistra perde perché si occupa troppo di extracomunitari, di operai» (e coglie l’occasione per proporsi sindaco a Milano) in Piemonte i cattolici di base sono dispersi ed è arrivato un forte vento dall’est che premia i quarantenni della Lega. Arriva anche la sorpresa del Movimento a 5 stelle di Grillo, in cui si riconosce gran parte del popolo viola, col suo 4,1% – più della somma di SeL e Federazione della sinistra che cala al 4% – secondo Bresso voti di protesta in fuga dalla sua coalizione. L’astensionismo poi, spalmato sul Paese, ha colpito simmetricamente a destra e a sinistra ma se il PdL (FI+AN) piemontese dal 2005 scende dal 32 al 25% la Lega raddoppia i consensi dall’8,5 al 16,7%; invece, come ha onestamente sostenuto Bresso, chi ha perso è soprattutto il Pd (DS+Margherita) passato dal 30,5 al 23,2%. Come in Veneto e in Lombardia, la Lega piemontese vince coi voti della provincia profonda. La ricca Novara nei secoli terra di confine e scorribande di eserciti stranieri, e per i novaresi la resa all’occupante di turno è un’arte antica, si è sempre sentita lombarda – anzi proprio milanese – più che piemontese. E così ha votato. I commercianti votano Lega; le immutabili caste della classe dirigente, industriali e liberi professionisti che occupano tutti i posti pubblici e privati del potere economico, politico e mediatico (teatro compreso), sono passate direttamente dalla DC a PdL e Lega; gli artigiani in crisi e anche tanti operai in cassa integrazione e lavoro nero, che vivono in quartieri di periferia affacciati su strade senza negozi e con la tv come finestra sul mondo, votano Lega. Tanti giovani votano Lega. Novara ha premiato Cota col 54,7% dei consensi, il 21,1% alla Lega; a Cuneo la Lega è primo partito con il 25,3%, Cota eletto con 55,1%; Asti assegna il 52% a Cota e alla Lega il 20,6%. Il segretario dell’ UDC Cesa, il 16 marzo a Novara, ha parlato dei leghisti al governo «vengono a fare discorsi sulla sicurezza, ma Maroni ha tolto 10 miliardi di euro alle forze di Polizia, inventandosi le ronde che hanno fatto la fine che si e’ vista. E il ministro dell’agricoltura, cui piace tanto apparire come difensore dei produttori, nel Sud ha penalizzato i coltivatori diretti». Ha evidenziato i loro ‘ordini di scuderia’, la loro organizzazione compatta: «hanno tolto tutti i cartelli con scritto ‘Roma ladrona’ dalle città del Nord. Hanno di fatto ‘occupato’ Roma, hanno occupato tutto il ‘sottogoverno’ che c’è a Roma, occupando tutte le poltrone degli enti che contano, che hanno loro in mano». Esattamente come nelle amministrazioni che conquistano nel loro moto di espansione; esattamente come il territorio pubblico, dei cittadini tutti, che occupano fisicamente e ideologicamente reinventandolo e riscrivendolo. Mancano tre anni alle politiche, tre anni sono lunghi e si può finire la distruzione di quello Stato di diritto che i nostri padri ci hanno consegnato. Chissà se ora la nostra sinistra e il Pd saranno capaci di fare autocritica, un atto di modestia che la gentildonna Bresso ha dimostrato questa notte di saper praticare ma gli altri?, e accettare i suggerimenti che arrivano dagli elettori dell’IdV, delle 5 stelle col popolo viola, dagli intellettuali riuniti intorno a Micromega e al Manifesto: prima di tutto rimettere al centro la questione morale, poi attivare il ricambio di una classe dirigente politica che anche nel centrosinistra si è fatta casta, evitando però certo ridicolo tipico della sinistra che talvolta ragiona secondo gli stessi meccanismi mentali di chi mette in lista la miss. Tranne rari e datati casi, la politica delle quote rosa non ha fatto bene alle donne che possono aspirare alla certezza di venire poi elette, e magari governare come il PdL assicura, e non funzionare da riempitivo ‘rosa’ solo se velina (a destra) o se risponde a simmetrici e più elitari clichè della sinistra, talvolta a prescindere dalle sue competenze e peculiarità. Risultato? gli elettori, specie i nostri che sono particolarmente esigenti, stretti fra il burocrate di partito seduto da decenni sulla stessa poltrona e la giovane miss operaia, non abboccano e non ci votano. Che si può fare, allora? Chissà se cultura, discontinuità e lungimiranza ci salveranno. Se i nostri partiti sapranno selezionare rappresentanti all’altezza
dell’intelligenza del suo elettorato, riscrivendo insieme alla prassi un nuovo linguaggio per la politica. Al proposito ricordo un interessante documento congressuale di alcuni Ds torinesi, ‘La politica non è un mestiere’, sconosciuto fino alla pubblicazione curata da Diego Novelli. Infine, mentre gioiamo perché la bellezza di una città d’arte come Venezia ha la meglio su Brunetta e Castelli non la spunta a Lecco, finisco con due note di ottimismo. Con le parole di Vendola, riconfermato in Puglia con un gradimento superiore alla somma dei partiti della coalizione, fra le difficoltà per far accettare la sua candidatura prima e malgrado gli scandali nella sanità dopo: «Ogni smagliatura che si apre nel racconto berlusconiano per noi deve diventare una opportunità: dobbiamo ricostruire il vocabolario dell’alternativa». E con le parole di Burlando: «la Liguria è da sempre un grande sismografo, e il risultato delle politiche segue quello delle amministrative in Liguria». E speriamo che il vento prima o poi giri, soffiando un po’ dalla Francia.