Impara l’arte e non metterla da parte

16 Settembre 2008

laurea.jpg
Marcello Madau

Non so se il lavoro cognitivo sia davvero il nuovo riferimento rivoluzionario. Anche ai tempi della classe operaia che molti di noi credevano e vedevano rivoluzionaria non mancava il peso della conoscenza, come mostrarono le esperienze più avanzate dei saperi nei consigli di fabbrica, (Olivetti, Fiat, Montedison di Castellanza, per ricordarne alcune). Oggi il lavoro cognitivo non è più quell’oggetto misterioso che si intrecciava con diritti e sospetti, tensioni generazionali e di classe prodotte anche da padri operai che scolarizzavano, nell’irrompere dell’istruzione di massa al volgere degli anni Sessanta del Novecento, i propri figli ma non si relazionavano con facilità (e viceversa), con gli studenti. Forse chi, dopo quarant’anni, sente ancora bisogno di attaccare il 68, ha paura di questa evidenza e della sua potenziale forza di tale lavoro.
Si discute se oggi si assista a un ritorno al fascismo. Ci si indigna o si minimizza, poi si fa qualche distinguo ma in genere si esclude che il nostro paese possa tornare indietro. Infatti il nostro paese non sta tornando indietro: l’insidia per la libertà è per certi versi più avanzata. Nuovi rapporti di dominio del padronato sulla forza-lavoro, bavaglio alla libertà di espressione mediante la gestione della pubblicità, dei media e della carta stampata; sgretolamento di tutti i bilanciamenti istituzionali verso lo strapotere della politica, smantellamento della rete di assistenza pubblica, militarismo volgare che tacita i cervelli soddisfacendone i bisogni primari di sicurezza e dispensando gli stessi dal pensiero; infine, l’annullamento dei già precari elementi democratici del sistema della rappresentanza politica.
Una delle spie più evidenti di questa politica di destra è l’attacco a tutto il sistema pubblico della conoscenza. Se per dimensioni del problema e rilevanza di base appare in primo piano la scuola elementare, la minaccia che incombe sul cosiddetto sistema terziario, Università, Ricerca, Alta Formazione Artistica e Musicale, ha una sua particolare gravità.
L’Alta Formazione Artistica e Musicale, settore di genere universitario con profili secondarizzati a esaurimento, è l’anello nobile e assieme debole della catena. Nobile per le sue antichissime tradizioni e la speciale forma di competenze, che unisce fare, ricerca e sapere, debole per la scarsa forza contrattuale e il forte ruolo di sindacati corporativi come l’UNAMS, nei momenti decisivi sempre vicini alla destra. Ha una sua ragione d’essere il tentativo di depotenziare la forza liberatoria dell’arte resa accessibile nella formazione pubblica per governare, entro l’immagine retorica di una così grande risorsa per il paese (santi, navigatori, artisti, poeti etc.), il campo appetibile del mercato del ‘bello’. Per debolezza politica e attrattività sostanziale è luogo sperimentale di attacco al sistema terziario: qualche anno fa la Moratti introdusse la figura del Presidente, nominato dal Ministro assieme a due componenti del Consiglio di Amministrazione. Sotto Mussi (si diceva fosse controllato da un forte apparato veltroniano) non si è eliminato questo pesante controllo della politica sull’arte. Destra e sinistra hanno come sempre fatto buon uso dello spoiling system.
Di nuovo, l’attacco della destra è stato non poco facilitato dagli errori della sinistra in un sistema universitario profondamente in crisi e distrutto dal potere dei baronati. Creano da tempo allarme la crisi e la crescente dequalificazione di un sistema vocato a formare la futura classe dirigente, il fortissimo tasso di abbandono (nelle Accademie e nei Conservatori, iscrizioni generalmente di ‘passione’, il dato è assai più limitato) , il florilegio di masters pubblici e privati di ogni genere e specie che traggono alimento dal precariato strutturale. Impietose le recentissime valutazioni dei dati OCSE.
A questa crisi la destra (con la triade lombardo-veneta Tremonti, Gelmini e Brunetta) risponde intanto con il D.L. 112/08: taglio pesante dei trasferimenti dello Stato – nelle Accademie e nei Conservatori si arriva al 45 % – , blocco di fatto dell’assunzione dei ricercatori a fronte di un previsto forte pensionamento, la possibilità di trasformare le Istituzioni, e trasferirne le dotazioni, a Fondazioni private con un semplice voto degli organi accademici deliberanti. Il processo di privatizzazione, già tentato da Tremonti nel precedente governo Berlusconi, oggi è più strutturato. Indebolimento finanziario, taglio delle cosiddette passività (in particolare gli investimenti di ricerca pubblica ed il lavoro, a maggior ragione se stabile), vendita del ‘grasso’ a qualche altro capitano coraggioso privato. Quante analogie con altri processi in corso!
Sarebbe a questo punto opportuna una fortissima mobilitazione, con lo strumento dello sciopero generale e il blocco dell’apertura degli anni accademici.
Ma la sinistra deve soprattutto ridare un senso avanzato al suo modello di formazione della conoscenza, alla costruzione di obiettivi comuni cogliendo i nessi di liberazione insiti nel sapere. Nel sistema servirebbero scosse, novità e integrazioni: meglio allora pensare ad una Universitas dei saperi che veda la presenza piena di quelli artistici e musicali. Credo sia necessario abbandonare gli attuali recinti corporativi di accademie e conservatori, che servono a centri di potere spesso parassitari e incolti , trasformando gli stessi in facoltà autonome delle Arti e della Musica, innervando di attitudini laboratoriali creative e di ricerca un sistema universitario poco attrattivo e inadeguato. Abbandonando quella linea ‘Veltroni’ che puntava a costruire un sistema di eccellenze basato su alcune accademie e conservatori (Milano, Roma e poche altri; il resto ‘serie B’), a favore di eccellenze basate su reti e distretti, su proposte formative che coniughino le sfide globali con le realtà volta per volta specifiche dei territori.
Emerge in questi anni, spiccatamente in Sardegna, la crescente importanza del lavoro immateriale, cognitivo, legato alla conservazione della memoria, alla ri-definizione dell’identità ed alla gestione del patrimonio paesaggistico e culturale. Lo sviluppo di fermenti artistici, letterari, visivi, musicali propone molteplici figure e forme di lavoro sui diversi piani dell’evento culturale e della ricerca, della conservazione, della comunicazione. Vi sono nuove prospettive di sviluppo nell’offerta di qualità ambientale e culturale e nelle produzioni relative. La Sardegna può essere laboratorio sperimentale innovativo.
Nell’isola la sinistra potrebbe dotarsi di coraggio ridefinendo il sistema terziario con l’integrazione di Università, Accademie e Conservatori e Ricerca, cogliendone i nessi comuni verso la costruzione di elevate conoscenze pubbliche, costruendo tutela e godimento mediante alte qualità di lavoro e tempo libero.

Scrivi un commento


Ciascun commento potrà avere una lunghezza massima di 1500 battute.
Non sono ammessi commenti consecutivi.


caratteri disponibili

----------------------------------------------------------------------------------------
ALTRI ARTICOLI