In ojos de amore, la bella silloge poetica bilingue di Eliano Cau

18 Giugno 2023

Francesco Casula

In Ojos de amore, Silloge poetica bilingue (NOR Edizioni), Eliano Cau conferma la sua cifra, poetica e lirica: del resto ampiamente certificata, oramai da anni, dai suoi successi negli svariati Premi letterari cui partecipa.

   Certo frutto della sua personale valentia letterario-poetica ma anche di letture plurime e di una frequentazione copiosa e stabile della poesia, (ad iniziare da quella sarda) nonché di un lungo tirocinio tecnico-stilistico e di esercitazione scrittoria in cui, da anni, sottopone le sue composizioni a un processo certosino di labor limae, di affinamento e di alleggerimento e, per così dire, a un duro sforzo ascensionale: ad iniziare dalla forma, sempre sorvegliata e accurata. Per poter viepiù “governare” la parola e, dunque la lingua: intesa non come flatus vocis, mero orpello o decorazione, musica o immagine ridondante, semplice prodotto estetico o luccicore sontuoso.

   Le parole, per Eliano, sono infatti conchiglie: anche quando sembrano vuote, dentro ci puoi sentire il mare: anzi, l’oceano. E con le parole fanno ressa nel circuito compositivo silenzi e pause, cromatismi, ossimori e sinestesie, contrazioni sintattiche, brachilogie, cariche di pathos suoni ritmi, onomatopee e assonanze.

   Tanto che Eliano Cau i versi sembra carezzarli e coccolare, tessendoli così abilmente, che spesso essi si risolvono nel terso nitore della parola, nel giro musicale della frase, nella misura metrica di ritmi sapientemente scanditi e guidati da un orecchio musicale che riesce a ordire, con acuta selezione di lessemi aggettivi e fonemi, fini ricami di immagini potenti e di metafore ardite.

   Grazie alla lingua sarda, che è soprattutto senso, suoni, musica. Lingua di vocali. Dunque corporale e fisica e insieme aerea, leggera e impalpabile. E le vocali sono per il poeta l’anima della lingua, sono il nesso fra la lingua e il canto; fra la poesia, i numeri della musica, il ritmo e il ballo.

   Per cantare, la storia dell’anima e con essa, brandelli di umanità dolente, di Anime tristi: ad iniziare dai cristi neri, reietti fratelli, nostri fratelli, del cielo della luna,cui augura che venga domani/un raggio di sole,/la lucerna della fortuna.

Per cantare la Sardegna infelice, stretta nel mare cupo che il poeta, se potesse, in un impeto eroico e generoso, con un solo sguardo, trasformerebbe, l’ossario in calore e in gioia.

   I territori più amati da Eliano, senza però alcuna concessione all’autocommiserazione lamentosa e al sentimentalismo languido e svenevole, sono i lidi dolceamari dell’amore e degli affetti: con lacerti di lirismo struggente: (A te;A te, gioia d’oro; Cuore; Figlia; Sempre a te; Voi due).

            E con essi canta le sofferenze, i tormenti e le ferite profonde incise nella valle del cuore, della sua animaaddolorata. Ma anche nella notte e nella solitudine più cupa sotto nere ali di tormento brillerà una stella, il profumo dei fiori e l’azzurro del cielo. Conuna luce che sa di tenerezza e di vita, acchetata in cerca di lidi più tranquilli e meno tempestosi.

   Non si addice infatti il pianto dirotto e tanto meno la disperazione totale a chi comunque crede nei valori della vita pur faticosa e senza illusioni e non dismette la speranza in un diverso avvenire, che possa avere un senso per farci sorridere, che possa travalicare lo scempio globale: egli, infatti, non rifiuta l’esistenza né si attarda a rimpiangere le occasioni mancate né si consuma a ringhiottire il pianto. E il passato non lo vede solo come gravame né il futuro come semplice negatività spettrale. Perché nutre la speranza di poter mutare in felicità il destino. E dunque, tornerà il sole.

Ci troviamo di fronte a una poesia autobiografica?

   A mio parere un componimento letterario deve basarsi sul vissuto storico, (personale e collettivo). Senza ignorare – sia ben inteso – la fictio presente in ogni discorso letterario. Voglio dire che un componimento letterario pur non staccato dall’attrito della storia e pur nutrendosi di dati personali, pur intridendosi delle esperienze di vita dell’Autore e dunque esprimendo la storia dell’anima, non deve però limitarsi a rappresentarle e per così dire a filmarle, le esperienze: ma deve velarle e fasciarle. Travestendole allegoricamente e assegnando loro i segni di una condizione umana più universale, trasformando sentimenti ed emozioni in una occasione di Epifania rispetto alla pura realtà, scarnificando e ottundendo la condizione storica precisa ed evaporando la dimensione temporale e spaziale.

   Ed è comunque difficile districare la poesia e l’utopia dalla vita, le illuminazioni del cuore (e dell’intelletto) ma anche le sue nebbie e i suoi fantasmi dal vissuto. Ancor più difficile nel caso di Eliano Cau: cervello fertile, camminatore poetico incantato, attivo tenace e inesausto, i cui sentimenti diventano grumo e strati esistenziali  profondi.

   Così le sue poesie, incanti onirici di fantasticherie e insieme respiri e voci dell’anima, che amalgamano emozioni passioni e drammi coscienziali e planetari, sciolgono il buio e riempiono il silenzio: ponendosi come lampi che riescono a forare l’oscurità.Con il suo fascino tumultuoso, i suoi timbri e le sue sonorità, le sue vibrazioni e le sue sospensioni, la sua leggerezza e la sua umanità.

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