In tutt’altre faccende affaccendati
16 Ottobre 2008Gianni Loy
Mente prosegue serrato il dibattito interno al Partito democratico, in attesa di conoscere gli esisti di una lacerante campagna di autodistruzione del neo-nato partito in Sardegna, il Cavaliere dichiara che non gliene frega niente di quanto l’opposizione possa opinare e prosegue la sua marcia trionfale verso la conquista del consenso. A dispetto dei proclami di irriducibile anticomunismo, rispolvera l’interventismo statale in economia, ma ciò che conta, è l’apparenza. L’apparenza dell’uomo forte che fa sparire la monnezza dalle strade di Napoli, che restituisce al paese una compagnia di bandiera, che emana leggi che restituiscono sicurezza ai cittadini, che espelle gli extracomunitari incomodi, pulisce le strade dalla prostituzione, cancella la piaga degli zingari, vara misure economiche che restituiscono euforia ai mercati e serenità ai risparmiatori, licenzia i fannulloni, fa crescere il tasso di presenza nel lavoro dei pubblici dipendenti… Ed i successi si sommano ai successi: è una marcia trionfale. Già incomincia a scendere l’inflazione. Il tasso euribord in calo produrrà presto una riduzione del tasso dei mutui a tasso variabile… Non sono scherzi! E’ la faccia della medaglia così come la vede la maggior parte della popolazione di questo paese. Pochi intellettuali, incalliti protestatori, inguaribili nostalgici di un modo migliore, o soltanto attenti decifratori del linguaggio cifrato che la politica del centro destra ci propina, si consolano (anche noi) nello scoprire il bluff. Il bluff dei rifiuti che ci sono ancora ma non si vedono più, delle cifre inventate dai sindaci che dichiaravano decine di migliaia di rom quando erano solo poche migliaia, il bluff dell’insicurezza in un paese che continua ad essere uno dei più sicuri della comarca occidentale del mondo. Il bluff delle leggi ad personam, i patetici tentativi di salvare dalla galera i responsabili dei peggiori crac finanziari. L’evidenza della truffa perpetrata ai danni degli italiani con l’acquisto delle poste attive di Alitalia da parte di una Società di passamaneria (la Cai) e la redistribuzione dei debiti tra i sudditi. Ma ciò serve solo a consolare i pochi irriducibili. Non sappiamo, neppure, se la notizia di questi particolari arriva al grande pubblico o se è confinata in seconda serata assieme a Serena Dandini. In ogni caso, sono sicuro che queste cose la gente non le vuole sapere. La gente è smaniosa di notizie positive, come l’innamorato che vuol sentirsi ripetere di essere amato, che vuole illudersi anche se, in cuor suo, sa che non è vero. E’ così che, non incredibilmente, l’indice di gradimento del Comandante in capo cresce, egli sa schivare ogni tranello. Neppure sapeva, l’ingenuo, dell’emendamento a favore dei bancarottieri. L’incidente, anzi, ha finito per risolversi a vantaggio della finzione moralistica. La gente ha visto con quanto rigore morale Tremonti, ha dichiarato solennemente al paese: o va via l’emendamento o me ne vado domani stesso. E noi? Dove eravamo rimasti? L’unico ricordo che conservo, del Governo Prodi, che pure ha governato il paese, e quasi non ce ne siamo accorti, più a lungo di quanto non abbia ancora fatto il Cavaliere in questa legislatura, sono state le schermaglie ed i litigi su come spendere un “tesoretto” arrivato per grazia ricevuta. Leggi? Non ne ricordo! Discussioni? Si. Tante. Come quella sui “DICO” e poche altre, subito sotterrate in un cassetto dopo l’accapigliarsi delle tante anime della coalizione. Sembrava di affrontare un tema impossibile, con la preoccupazione di non turbare il Santo Padre che sprizzava da tutti i pori, quando poi, come abbiamo visto, due Ministri dell’attuale governo avanzano tranquillamente proposte di riconoscimento delle coppie di fatto, neppure tanto diverse da quelle che aveva in mano il centro sinistra, allargando il consenso dell’invincibile armata ad una categoria di persone che, tradizionalmente, non è che siano poi tanto rispettate da alcune delle anime del centro destra. E noi? Dove eravamo rimasti? Alla discussione sulla legittimità della segreteria Barracciu, alla minuziosa autodenuncia degli incorreggibili difetti del “nostro” leader regionale che, bene o male, dovrà quasi certamente tentare di impedire che l’onda lunga del berlusconismo annetta anche la Sardegna e il cattivo vento. A fare le bucce alla prima legge che, comunque, si è occupata di coste, al misero piccolo cabotaggio di qualche posto in un Consorzio inutile o in un Consiglio di amministrazione altrettanto inutile. A temere la rottura “vera” di un consociativismo perverso. Tra pochi mesi, nel caso che il Centro destra decida di candidare Emilio Floris, dovremo indicare un candidato per le elezioni comunali del capoluogo. Finirà da ridere. A pochi giorni dalla scadenza studiando equilibri o invenzioni che non hanno niente a che vedere con la politica della città e con la possibilità di dare a Cagliari, per la prima volta, un colore che assomigli alla sinistra. Chi ci deve pensare? Chi ci scommetterebbe un euro, rebus sic stantibus? Ma non è solo apparenza.. E’ che esistono cose da illuminare e cose da nascondere nell’ombra, da tenere fuori dai riflettori. Su quel terreno, i nuovi comandanti incidono profondamente sulle regole della società così come le abbiamo conosciute, per piegarle ad una ideologia pesantemente neoliberista. Essi sanno imparare dalle sconfitte. Anni orsono diedero l’assalto alla fortificazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e dovettero battere in ritirata. Ora, nonostante il grande vantaggio numerico delle loro truppe, non ripetono la stessa strategia. Mente stiamo in altre faccende affaccendati, già tendono una trappola all’art. 18. Non vogliono abrogarlo, questa volta, sanno che l’impresa sarebbe difficile e puntano a sterilizzarlo. Il disegno di legge della Camera n. 1441 quater, di qualche settimana fa, che contiene l’ennesima delega al Governo “in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro” (non si fa neppure cenno, nel titolo, al licenziamento) contiene una vera e propria contro riforma del diritto del lavoro. L’art. 18 rimane, ma il giudice non potrà più entrare nel merito della motivazione che determina il licenziamento. Dovrà limitarsi a controllare esclusivamente, “il presupposto di legittimità”, cioè, ad esempio, a stabilire se è stato intimato per ragioni inerenti all’attività produttiva, ma senza poter entrare nel merito della effettiva validità di tali ragioni. E c’è di più. Il giudice non potrà più valutare autonomamente la gravità degli elementi che costituiscono giusta causa o giustificato motivo, ma far riferimento esclusivamente “alle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro”. Detto in altre parole, il giudice, contrariamente a quanto avviene attualmente, non potrà più valutare se le ipotesi di giusta causa o giustificato motivo indicate nei contratti collettivi costituiscono, effettivamente, un notevole inadempimento o una “causa che non consente la prosecuzioni neppure temporanea del rapporto di lavoro”, non potrà cioè, esercitare quella funzione di controllo di ragionevolezza del licenziamento rispetto alle norme costituzionali sul diritto al lavoro. La sterilizzazione, infine, si completa con la possibilità che la giusta causa ed il giustificato motivo siano definiti addirittura dal contratto individuale di lavoro se certificato con le procedure stabilite dal decreto legislativo n. 276/2003. Ciò significa che il datore di lavoro potrebbe tranquillamente subordinare l’assunzione alla stipulazione di un contratto, certificarlo potrebbe essere una formalità, che indichi situazioni di giusta causa o giustificato motivo non particolarmente gravi. Si potrebbe aggiungere il fatto che il licenziamento illegittimo, se e quando tale disegno diverrà legge, potrà essere impugnato solo mediante ricorso formale al giudice competente entro 120 giorni. Oggi, per intenderci, è sufficiente un ricorso stragiudiziale, come una lettera raccomandata, per interrompere i termini e consentire la preparazione del ricorso con i tempi necessari. Questa, ed altre cose, maturano nell’ombra, mentre discutiamo sulle multe alle prostitute, sulla genuinità dei proclami antifascisti degli ex-fascisti e, in Sardegna, di referendum già abortiti e del carattere del presidente.