Incendi in Sardegna: colpevoli ritardi, menti bacate e anime marce
16 Luglio 2016Stefano Deliperi
Nel primo fine settimana del luglio 2016, fra sabato 4 e domenica 5, più di 5 mila ettari sono finiti al rogo in Sardegna. Con il primo soffio di Maestrale estivo saltano via i coperchi dei Vasi di Pandora presenti dentro troppi sardi. E via. Pòniri fogu, si appicca il fuoco.
Noi sardi lo sappiamo, è iniziata l’estate e, appena giunge il vento che fa galoppare il fuoco, conosciamo già la conseguenza. Incendi, danni ambientali ed economici, rischio per tante vite umane. Non siamo fortunatamente ai giorni di Curaggia, quando gli incendi dolosi fecero strage. Nove morti e quindici feriti, in quel tragico 28 luglio 1983. Non siamo ancora all’utilizzo di Gatti e Cani randagi per appiccare le fiamme, come sembra accadere nel Mezzogiorno.
Tuttavia le menti bacate e le anime marce sono sempre ben presenti in questa splendida isola nel bel mezzo del Mediterraneo. Il 5 luglio P.M., 29 anni, è stato arrestato dai Carabinieri subito dopo aver messo fuoco a 300 metri da casa sua, nonostante i tentativi di un compaesano di farlo desistere. Il consueto tributo di terre bruciate per l’estate 2016 viene già riscosso a Sedilo, dove 115 aziende agro-pastorali sono sul lastrico, a Bitti, a Carbonia, a Capoterra, a Domusnovas. Il 7 luglio è il turno di Saccargia e di Ploaghe, il 10 luglio è la volta di Santadi e Teulada.
Come di consueto, “bruciano” anche i commenti, le polemiche, le accuse. C’è chi la butta pure sulle riforme istituzionali degli enti locali, come se fossero nel bene e nel male motivo per metter fuoco. Meno male che è giunta anche qualche perla di saggezza: “chi appicca un incendio è un criminale da condannare a tutti i livelli istituzionali”, ha affermato decisa l’Assessore regionale della difesa dell’ambiente Donatella Spano.
Dopo la “condanna istituzionale” i delinquenti incendiari saranno certo contriti e colmi di vergogna. Eppure i roghi non sono cessati. Non pare il caso di fare l’ennesimo tentativo di analisi sociologica sul fenomeno sardo dell’incendio. Solo qualche considerazione concreta. L’apparato antincendio sardo è fra i migliori a livello nazionale ed è vero che ognuno di noi deve fare la sua parte per la difesa del patrimonio ambientale comune. La prevenzione, però, continua a esser il tasto dolente: purtroppo circa un terzo dei Comuni sardi (111 su 377) è colpevolmente sprovvisto di piano antincendio, con gravi rischi sul piano della prevenzione per le persone e il patrimonio ambientale.
Non solo. Latita troppo spesso la ripulitura dei terreni pubblici e privati da sterpaglie e vegetazione secca. Senza adeguata applicazione di sanzioni. Qualche ammonimento dai tempi antichi. “Poiché l’elevamento dei popoli e degli stati dipende dall’osservanza di quel diritto universale che è dettato dalla ragione, noi Eleonora, per grazia di Dio giudicessa d’Arborea, affinché la giustizia sia salva, i malvagi siano frenati dalla paura delle pene e i buoni possano vivere in pace, obbedendo alle leggi, facciamo questi ordinamenti.” Questa l’introduzione della Carta de Logu, codice delle leggi del Giudicato d’Arborea (che in quel momento storico s’estendeva a quasi tutta la Sardegna), emanata nel 1300 e rimasta in vigore – con integrazioni – fino all’introduzione del Codice Feliciano dell’aprile 1827.
Molto importanti le disposizioni su incendi e incendiari, dalla prevenzione degli incendi stessi (artt. 45-49), con precetti ancora attuali (divieto di abbruciamento delle le stoppie prima del giorno di S. Maria chi est a die octo de capudanni, cioe’ l’8 di settembre, art. 45 ), e sulle pene da infliggere agli incendiari, ai singoli malfattori o ai villaggi interi (qualora non avessero acciuffato l’incendiario). Tra i vari articoli, particolare quello dedicato a chi metteva fuoco “a bingia” (alle vigne) o “at ortu“ (termini ancora molto diffusi nel Campidano): l’incendiario veniva infatti chiamato al risarcimento del danno, se non fosse stato in grado di farlo, pagava con il taglio della mano destra. Con il rogo chi metteva fuoco alle case.
Una buona prevenzione e sanzioni durissime per gli incendiari sono criteri validi ancor oggi quantomeno per contrastare efficacemente questa “calamità innaturale”: senza mozzare mani o mettere al rogo nessuno, vent’anni di galera effettiva sarebbero ancora poca cosa per i delinquenti incendiari che distruggono il nostro ambiente, i nostri boschi, il duro lavoro sui campi di lunghi anni.
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