Intermezzo pittorico
1 Febbraio 2014Silvana Bartoli
Mi regalo, e offro sperando che sia gradita, una pausa dalla depressione quotidiana che provoca la cosiddetta politica. Vorrei infatti condividere quel che ho imparato da una visita a Brera e da una recente lettura (e che conferma la saggezza antica: in omnibus requiem quaero et nusquam invenio nisi in angulo cum libro– mi sono presa la libertà di cambiare i tempi dei verbi). Chiunque abbia fatto una visita al Prado certamente ricorda il grande quadro di Velasquez sul significato del quale molti si sono interrogati. Se è vero che ci sono dipinti che intrigano,Las Meninas è uno di quelli. Ha intrigato Foucault: “Velasquez ha composto un quadro nel quale ha rappresentato se stesso, nel suo studio o in una stanza dell’Escorial, in atto di ritrarre due personaggi che l’infanta Margherita si reca a contemplare, circondata di governanti, damigelle d’onore, cortigiani e nani. I due personaggi che servono da modelli al pittore non sono visibili direttamente ma possono essere scorti in uno specchio: si tratta di re Filippo IV e sua moglie Marianna […] Il centro del dipinto però è occupato dalla piccola Infanta: è lei il tema principale della composizione” ma intuiamo la presenza dei sovrani “nello sguardo rispettoso del gruppo, nello stupore della bambina e dei nani […] Vi è, in questo quadro, una sorta di rappresentazione della rappresentazione classica e la definizione dello spazio che essa apre. Essa tende infatti a rappresentare se stessa in tutti i suoi elementi, con le sue immagini, gli sguardi cui si offre, i volti che rende visibili, i gesti che la fanno nascere”. Las Meninas ha intrigato Marguerite Yourcenar che, davanti a quel quadro,si è chiesta se sarebbe mai riuscita ad elaborare una risposta alla questione del posto del pittore nel quadro, alla questione cioè della sua visibilità. Noi, che abbiamo già avuto la fortuna di ammirare Velasquez scortati dalle riflessioni di Foucault e Yourcenar, siamo ancora più fortunati di loro, avendopotuto leggere i risultati dell’indagine condotta da Manuela Mena Marqués, conservatrice del Prado, che ha studiato a fondo il quadro, sia sul piano pittorico e dinastico, sia avvalendosi delle possibilità di indagine offerte dalle tecniche radiografiche. Le quali dimostrano che, sulla tela, sono state dipinte due versioni della “scena”: nella prima, del 1656,il pittore era assente, al suo posto, dicono le radiografie, un giovane elegante in ginocchio davanti all’infanta, che le presenta un piccolo scettro;al margine del quadro una tenda rossa e untavolo con bouquet floreale;dall’altra parte la nana Mari Barbola stringeva tra le dita, in gesto di offerta, un prezioso anello. La prima stesura era quindi di un dipintoufficiale, destinato al pubblico, per cominciare a far sapere che, mancandol’erede maschio, e in previsione del matrimonio pacificatoretra la primogenita Maria Teresa e Luigi XIV di Francia, Filippo IV avrebbe designato l’infanta Margherita come erede al trono. Commissionato a Velasquez quando quest’ultimo, ormai dipingeva soltanto per il re, il quadrorappresentava il documento dell’importante decisione, conteneva inoltre una “Allegoria della monarchia” dalla quale, dal gesto delle damigelle,dall’anello d’oro offerto da Mari Barbola dipendeva il senso di tutta la rappresentazione, e forse lo stupore dei nani cui accenna Foucault era dovuto proprio alla valenza dinastica della scena. In tale contesto la scelta dello specchio, riflettentele due figure reali, manifestava la presenza del re al centro della composizione conferendo a quella presenza un prestigio arcano e un’aura semidivina. Ma il 20 novembre 1657 nasce Felipe Prospero, primo figlio maschio di Filippo IV che diventa subito l’erede al trono. A quel punto il dipinto che doveva preannunciare l’incoronazione di Margheritaperde il suo senso e la sua funzione, il suo messaggio dinastico è ormai superato dagli eventi. A partire dal 1659 poi la bambina viene promessa all’imperatore Leopoldo I, e alla fine di quello stesso anno Velasquez, riprende il quadro per cancellare un annuncio che non potrà più avverarsi. Pensata per una funzione pubblica,l’opera può ritrovare una collocazione soltanto nel privato degli affetti: sappiamo infatti che era amatissima da Filippo IV molto legato alla bambina che chiamava mi alegrìa. Aggiungendo se stesso nel dipinto, Velasquez,che dal novembre 1659 ha il diritto di sfoggiare sul petto lo spadino crociato dell’ordine di Santiago, si celebra come pittore autorizzato a rappresentarsi a fianco di una principessa. Nel secolo successivo lo farà anche Goya, più discretamente, ma qui Velasquez celebra anche la gloria della pittura, che Foucault aveva ben intuito nel sottolineare la posizione del pittore che“si tiene leggermente discosto dal quadro”, ed il cui braccio “tiene il pennello ripiegato sulla sinistra, in direzione della tavolozza; l’abile mano legata allo sguardo a sua volta posato sul gesto sospeso”. Introducendo se stesso nell’atto di dipingere, Velasquez costruisce una piccola finzione narrativa e trasforma radicalmentela funzione dello specchio, non più riflesso dell’auradi una presenza quasi divina, ma presenza sfocata che deve solo evocare e non rappresentare. Se Luca Giordano ha definito Las Meninasuna “teologia della pittura”, il passaggio dalla prima alla seconda versione rende il dipinto capace di produrre interpretazioni che, rispetto alla sua origine sono anacronistiche, e soltanto l’analisi di Mena Marqués riesce a dar conto di tutte le complessità dell’opera in funzione delle pratiche di corte, rigidamente codificate, e delle necessità dinastiche determinanti per la sopravvivenza della corte stessa. La versione definitiva di Velasquez è del 1659, quindiposteriore di una decinad’anni rispettoalla tela in fondo a questo articolo. Si tratta del Ritratto della famiglia del pittore, di Carlo Francesco Nuvolone coadiuvato dal fratello Giuseppe: la figura centrale è la suonatrice d’arpa, quasi sicuramente la moglie di Carlo Francesco, che esibisce un’elegante veste di seta e un prezioso monile, dono di Marianna d’Asburgo. L’arciduchessa austriaca fu ritratta infatti con quell’abito da Carlo Francesco durante il suo soggiorno milanese del 1648, quando era in viaggio da Vienna a Madrid per raggiungere il futuro sposo, Filippo IV di Spagna; Marianna e Filipposono i sovrani raffigurati nello specchio, genitori della bambina protagonista di Las Meninas. Sicché nasce un’altra domanda: può essere che l’immenso Velasquez avesse visto il dipinto dei più modesti Nuvolone?