Intervista al professor Christian Rossi sulle elezioni USA: “Il socialismo ha contaminato trasversalmente la società”
1 Novembre 2020[Roberto Loddo]
Dalle recenti elezioni di midterm negli Stati Uniti e dalle primarie democratiche per la nomination presidenziale i media globali hanno evidenziato la grande corsa del senatore del Vermont Bernie Sanders e il forte radicamento di volti politici nuovi, giovani e soprattutto donne, provenienti dai settori più progressisti della società e dal Democratic Socialists of America.
Un cambiamento che parte dai rappresentanti istituzionali a tutti i livelli eletti nelle fila del Partito Democratico. Dalle prime due donne native americane Sharice Davids e Deb Haaland alle le prime donne due musulmane, la socialista dem Rashida Tlaib e l’ex rifugiata somala Ilhan Omar fino ad arrivare alla più giovane e famosa deputata della storia USA Alexandria Ocasio-Cortez, trentenne del Bronx di origini portoricane ed esponente dei Socialisti Democratici d’America che sarà sicuramente rieletta a novembre. Ne abbiamo parlato con Christian Rossi, professore associato di storia delle relazioni internazionali che insegna nel corso di laurea in scienze politiche e nel corso di laurea magistrale in relazioni internazionali dell’Università di Cagliari.
Professor Rossi esiste realmente un desiderio di trasformazione sociale in senso progressista della società statunitense?
Esiste un ritorno del socialismo nel discorso pubblico che non si vedeva negli statunitense dai tempi della prima guerra mondiale. La società americana ha ripreso a discutere di valori socialisti con le primarie del 2016 in cui il senatore Sanders ha raccolto 13 milioni di voti. È su questa scia di consenso che sono state elette al congresso Rashida Tlaib e Alexandria Ocasio-Cortez. Nella società USA sembrano cambiate le percezioni nei sondaggi a favore di idee più progressiste che non vedono più il socialismo come la sintesi di idee troppo radicali e da demonizzare. Il socialismo ha contaminato trasversalmente la società e in particolare i giovani, facendo breccia tra i millennials, in parte tra la generazione X e i baby boomers.
I socialisti diventeranno ininfluenti dopo le elezioni?
Non credo che la discussione sulle politiche socialiste sparirà dopo le elezioni perché è diventata parte integrante della discussione politica odierna ed è radicata nell’elettorato e nella classe dirigente democratica. Di sanità si continuerà a parlare anche a causa dell’impatto della pandemia sulla vita delle persone. È cambiata la percezione nel Paese delle idee socialiste che ora non sono più stigmatizzate, sono accettate dal senso comune e sono al centro del dibattito per le elezioni presidenziali: la spesa per l’assistenza sanitaria che tutela anche gli esclusi, il salario minimo, le tasse per i ricchi, la limitazione nell’acquisto delle armi, il discorso ambientalista del green new deal e infine il rapporto tra il potere della polizia e i diritti delle persone afroamericane.
La sconfitta di Sanders contro Biden ha stemperato l’approccio socialista dei dem?
Le idee di Sanders, seppur molto attuali, sono troppo avanzate e radicali per l’elettorato democratico. I dem hanno avuto necessità di trovare una figura moderata e mediana come Biden, che a mio parere ha trovato nel ticket con Kamala Harris un modo per strizzare l’occhio all’elettorato di Sanders e raccogliere il consenso della sinistra. Molte idee socialiste sono state sposate da Biden e di conseguenza gli orientamenti del discorso socialista non si estingueranno e verranno portati avanti anche in caso di vittoria di Biden.
Quando sono nate le idee da cui traggono origine i Democratic Socialists of America?
Queste Idee non sono totalmente nuove negli USA, quando risaltano fuori queste idee si attinge anche dal passato perché sono stati tanti gli esponenti politici e le organizzazioni socialiste che hanno favorito questo processo di maturazione politica che hanno inciso nella società e che vediamo oggi. Si inizia a parlare di politica socialista a partire dal 1891 con il People’s Party, nel 1892 con la Omaha Platform in Nebraska, nel 1901 con il Partito Socialista degli Stati Uniti d’America fino ad arrivare a Martin Luther King e ai Democratic Socialists of America.
Il “pericolo socialista” è presente anche nei discorsi di Trump?
Certamente. Trump a febbraio del 2019, nel suo discorso sullo stato dell’Unione decise di dedicare un passaggio alla minaccia del socialismo per gli Stati Uniti. A un certo punto del suo intervento al Congresso, Trump rivelò di essere “allarmato dai nuovi appelli all’adozione del socialismo nel Paese” promettendo un impegno affinché “l’America non diventi mai un paese socialista”. Un vero e proprio atto d’accusa contro molti deputati democratici che secondo Trump avevano appoggiato una legislazione atta a sovvertire il sistema in senso socialista. Questo ci dà la misura di ciò che è stato visto come un “pericolo”, anche se poi guardando bene le sue affermazioni nei discorsi e nei tweet, Trump ha spesso confuso il socialismo con la socialdemocrazia.
Sarà possibile superare il trumpismo?
Il trumpismo potrebbe essere interpretato dalla società Usa come una parentesi, una forma di protesta e reazione alla recessione, ed è molto probabile che l’elettorato possa prendere consapevolezza che l’estremismo di Trump non funziona spostando il consenso su idee più moderate e progressiste.
Quanto incideranno nel voto le istanze di Black Lives Matter?
Il movimento Black Lives Matter ha intercettato il malcontento sociale dell’integrazione mancata e sollecitando il Congresso USA a operare riforme radicali e nuove, ma che radicali e nuove non sono, perché sono state portate avanti nel tempo da molti politici, da Martin Luther King e da varie organizzazioni, movimenti e chiese che hanno connesso al discorso politico la questione dell’intolleranza e delle libertà civili. Gli Usa devono fare un percorso introspettivo e rendersi conto che vi è una forte necessità di riforme sociali, di uguaglianza e di riforma dell’ordine pubblico che si ricollega anche ai poteri troppo estesi della polizia e della loro relazione con le comunità afroamericane. I due candidati hanno approcci totalmente differenti: Per Trump si tratta solo di Law & Order mentre Biden ha un approccio più sociologico e legato all’esigenza di riformare il sistema dell’ordine pubblico per rimettere al centro i diritti delle persone afroamericane devalorizzate. Gli elettori sembrano divisi. Nel 2016 vi era una sostanziale parità nei sondaggi e questo tema non era al centro della campagna elettorale. Nei mesi successivi all’assassinio di George Floyd il 61% degli elettori pensava che si dovesse intervenire con riforme sociali e quindi Biden appariva come il candidato che più poteva avvantaggiarsi elettoralmente, ma l’elettorato USA è fortemente umorale e negli ultimi sondaggi, tra giugno e oggi, questa percentuale è scesa al 52%. È quindi difficile affermare se Biden potrà acquisire maggiore consenso nella corsa alla presidenza. Questo è un tema che periodicamente ritorna al centro del dibattito e può far variare i sondaggi e il consenso in qualsiasi momento.