Investire nell’occupazione di qualità
1 Giugno 2014Michela Angius
Non è la prima volta che parliamo di dignità del lavoro e misure di protezione sociale come elementi fondamentali per garantire il benessere dei lavoratori.
Una conferma è arrivata dal Rapporto annuale “World of Work 2014: Developing with Jobs” dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo). Investire nell’occupazione di qualità genera effetti positivi per la crescita economica dei paesi emergenti e in via di sviluppo. L’analisi di ben 140 paesi ha mostrato che gli investimenti di tipo qualitativo nell’ambito del lavoro, portano a una riduzione dell’occupazione vulnerabile e delle diseguaglianze di reddito. E’ un dato veramente positivo. Le disparità di reddito possono infatti condurre all’erosione della coesione sociale e all’aumento dei disordini, cosi come si è verificato in alcuni paesi asiatici e arabi.
Molto però varia a seconda del modo di concepire lo “sviluppo”. Guy Ryder, direttore generale dell’Ilo, ha dichiarato che “lo sviluppo non è solo il risultato di fattori come l’export, il libero scambio e gli investimenti diretti stranieri.. anche la protezione sociale, il rispetto delle norme fondamentali del lavoro e politiche che promuovono l’occupazione formale sono fattori decisivi per creare un’occupazione di qualità che migliori il livello di vita, incrementi il consumo interno e dia un impulso alla crescita globale. Le opportunità di lavoro dignitoso per le donne e gli uomini aiutano lo sviluppo e riducono la povertà”.
I paesi che a partire dal 2000 hanno compiuto abbondanti investimenti nell’occupazione di qualità, hanno registrato ogni anno dal 2007, una crescita superiore di circa l’1% rispetto a quella di altre economie emergenti o in via di sviluppo. Si è rivelata una scelta strategica, che ha avuto come conseguenza la riduzione degli effetti negativi della crisi mondiale.
Il Senegal è uno dei paesi che si è maggiormente distinto nella diffusione dell’occupazione di qualità. I lavoratori salariati sono passati dal 12% nel 1991 al 26% nel 2013. Nello stesso periodo si è registrata una diminuzione del 34% dei lavoratori poveri, mentre vi è stato un aumento medio annuo della produttività (+0.5%). Ottimi risultati sono stati ottenuti anche dal Perù. Tra il 1991 e il 2013 sono significativamente aumentati i lavoratori salariati (+15%). Nello stesso periodo, la produttività annua è cresciuta in media dell’1.8%, mentre la povertà da lavoro è diminuita del 23%. I paesi che sono riusciti a migliorare le loro capacità produttive, dimostrano che lo sviluppo richiede una diversificazione delle attività economiche e un potenziamento delle capacità imprenditoriali nella creazione del lavoro di qualità.
Il Rapporto Ilo mette in luce l’esistenza di un fenomeno che dovrebbe però far pensare. Esistono paesi in via di sviluppo come l’America Latina e l’Asia che sono seriamente impegnati nella riduzione delle diseguaglianze, nello sviluppo di un’occupazione di qualità e nell’adozione di misure di protezione sociale. Al contrario, molte economie europee avanzate sembrerebbero andare nella direzione opposta. Per quale motivo? Dovrebbe essere ormai chiaro che una crescita economica basata su condizioni di lavoro scarse, senza sicurezza o fondata su salari ridotti non può essere considerata sostenibile. Si è parlato tanto di salario minimo o reddito di cittadinanza. Secondo questo studio, oggi esisterebbe una maggiore consapevolezza circa il ruolo svolto dal salario minimo nel combattere la povertà da lavoro e le disuguaglianze, promuovendo al tempo stesso la partecipazione attiva degli individui al mercato del lavoro.
Il Rapporto Ilo suggerisce di fissare come obiettivi centrali per l’Agenda di sviluppo post-2015 l’occupazione e il lavoro dignitoso. Il lavoro, i diritti e la protezione sociale non influiscono solo sulla crescita economica, ma sono parte integrante dello sviluppo della società e quindi delle persone che ne fanno parte.