Israeliani, palestinesi due pesi due misure

9 Ottobre 2015
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Nicole Argenziana

Ieri sera è stato freddato con un colpo al cuore Wissam Faraj. Wissam aveva vent’anni e viveva nel campo profughi di Shufat a nord di Gerusalemme. Shufat è l’unico campo profughi di Gerusalemme, circondato da un muro e munito di check point all’ingresso, risulta essere un enorme getto nel pieno della città, lì Wissam è stato ucciso durante un raid dell’esercito. Le forze di sicurezza israeliane hanno fatto irruzione nel campo per perpetrare una delle tante spedizioni punitive a seguito dell’accoltellamento di un ebreo ortodosso nella città di Gerusalemme.

I soldati nel cercare il presunto sospetto hanno provocato la reazione dei residenti, con i conseguenti scontri. È limpido che le forze di occupazione stiano portando avanti delle vere e proprie rappresaglie violente in tutte le case palestinesi di Gerusalemme Est. Ma questa violenza non è sorprendente. Non è semplicemente dovuta ad una escalation da controllare, di ‘’terroristi’’ da combattere. Gerusalemme est come tutta la Cisgiordania è sotto occupazione dal 1967. Contrariamente al diritto internazionale Israele ha fatto di Gerusalemme la sua capitale unica e indivisibile e porta avanti da anni delle politiche di giudaizzazione della città che consistono nella costruzione di colonie illegali all’interno di Gerusalemme Est, cosi come intorno a tutto il suo perimetro, in modo da isolare la città dal resto della Cisgiordania e da contenere la ‘’minaccia demografica araba’’ fino a costringerla ad abbandonare la città.

I terroristi palestinesi tanto famosi e cari ai media internazionali sono persone che non hanno più nulla da perdere. Sono persone che stanno lottando per affermare il loro diritto ad avere una vita, non semplicemente ad adattarsi a sopravvivere tra checkpoint e permessi. Sono persone che vivono costantemente sotto minaccia e per cui vale la legge militare al contrario dei loro vicini israeliani che godono delle protezione di un’amministrazione civile. Per i palestinesi vige una legge diversa senza garanzia. Una legge che autorizza i soldati a razziare le case, a fare delle perquisizioni, dei raid. Una legge che li autorizza a compiere delle rappresaglie armate nei confronti dei palestinesi, che li autorizza ad entrare in un campo profughi e arrestare quanti più giovani possibili, se non vengono uccisi prima.

Questa violenza, dovuta ad anni di occupazione e soprusi, si trasforma in disperazione chiamata da media e politici ‘’terrore’’. Quando un palestinese prende un coltello e uccide un israeliano è un terrorista. Terrorista su cui si può scaricare la pistola senza ripensamenti. Oggi un colono israeliano ha accoltellato quattro palestinesi nella città di Dimona. Non è stato ucciso dalla polizia e non rientra nella categoria di terrorista ma in quella di ‘’nazionalista’’. La sua casa non verrà fatta in pezzi, i suoi familiari non verranno arrestati, e tutto il suo quartiere non sarà sotto assedio. Due pesi e due misure dove i morti iniziano a diventare dei numeri senza più un volto.

Solo oggi sono stati uccisi sette palestinesi, di cui un ragazzino di 15 anni. Sei sono stati freddati dall’esercito ad est di al-Shujaiyeh (zona est di Gaza City). Si chiamavano Shadi Hussam Dawla ,20, Ahmad al – Harbawi ,20, e Abed al- Wahidi ,20, Muhammad al – Raqeb, 15, Adnan Abu Moussa Elayyan, 22 anni e Ziad Nabil Sharaf, 20. In merito a queste uccisioni le forze di difesa israeliane  hanno dichiarato di aver sparato ai “principali istigatori” durante una manifestazione vicino alla recinzione di confine. Un altro ragazzo Muhammad Fares Abdullah al-Jaabari di 19 anni è stato ucciso oggi nella colonia illegale di Kyrat Arba. La polizia ha dichiarato che il ragazzo ha aggredito un poliziotto di frontiera. Un’altra ragazza palestinese è stata ferita ad Afula. L’agenzia di stampa Ma’an riporta il video del ferimento della ragazza.

 

 

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