Ite remiras?
27 Novembre 2023[red]
Sono trascorsi quasi ottant’anni dalla Resistenza. Per quanto tempo ancora dovremmo ricordarla, e celebrarla? Il tempo, si sa, affievolisce i ricordi: tutto passa, a poco a poco.
E poi, in Sardegna neppure si son visti molti episodi di Resistenza armata. Ricordiamo di più i bombardamenti dei “nemici” che sono poi diventati alleati. Ricordiamo di più “su famini de su 43”.
Partigiani sardi sì, ma in continente. Alcuni sepolti altrove, altri tornati alla loro occupazione in silenzio. Sino a quando, e non da tanto, alcuni ricercatori si sono messi sulle loro tracce ed hanno incominciato a raccontare le loro storie, a volte a strappargliele di bocca.
E allora: perché? Visto che – oltretutto – aprile è ancora lontana e per preparare la rituale manifestazione c’è ancora tempo?
Forse perché – è successo altre volte – il ricordo della Resistenza viene in soccorso quando il clima politico che ci circonda si fa oscuro. Come avvenuto al tempo dell’irruzione di Berlusconi, come avviene oggi. Allora, fu proprio una grande manifestazione per il 25 aprile a riannodare gli intenti di Resistenza dei democratici. E di aspettare al prossimo aprile, per come vanno le cose al giorno d’oggi, in tutto il mondo, non ce lo possiamo permettere. Nel frattempo, il ricordo della Resistenza, il suo significato più profondo, piuttosto che declinare per anzianità, guadagna consensi in tutto il mondo; tutto il mondo brandisce l’inno del partigiano di Bella ciao quale simbolo della lotta per la democrazia.
Niente di male, allora, se Gianni Loy, ha pensato di riproporre il ricordo della Resistenza “fuori stagione”, magari proprio per ricordarci che riflettere sui valori della Resistenza non è mai fuori luogo, non è mai inopportuno.
E niente di male se lo ha declinato in chiave teatrale e, per giunta, in lingua sarda – o meglio: anche in lingua sarda – proprio a voler sottolineare non il suo significato particolare, ma quello universale, declinabile in tutte le lingue del mondo.
Una produzione artistica “in progress” che il prossimo 25 aprile, in occasione della celebrazione, potrebbe maturare e indossare l’abito di scena definitivo.
Parole e musica quindi – tanto per cominciare – che saranno proposte per la prima volta il prossimo 30 novembre a Cagliari. nella sala della Fondazione di Sardegna alle 17,30.
Il titolo – forse anch’esso provvisorio – Ite remiras? allude ad uno dei più noti canti della resistenza: “cosa rimiri mio bel partigiano …”. Perché proprio la Resistenza, declinata in terra di Sardegna, è il tema della pièce.
Per quanto tempo ancora, e perché – si chiede l’autore – dovremmo ancora ricordare la Resistenza, oltretutto in Sardegna, dove si è vista poco?
La risposta, o meglio le riflessioni sul tema, le offriranno gli attori – eccellenti firme – che si alterneranno sul palco: Rita Atzeri, Lia Careddu, Elio Turno Arthemalle, Dino Pinna, Giorgio Pinna, Giovanni Trudu, Gisella Vacca.
Lo spettacolo, coordinato da Cristina Maccioni, riproporrà una parte dei canti partigiani che – se si eccettua l’ormai internazionale: “Bella ciao” – raramente vengono ancora eseguiti in pubblico.
L’incombenza di riportarli alla luce e di interpretarli è affidata al maestro Fabrizio Gungui, che ha rivisitato e adattato quei brani alla nostra coralità e li proporrà agli spettatori dirigendo il Coro di Cagliari. Con una particolarità, non da poco: tutti i brani saranno eseguiti in lingua sarda.
Lingua sarda che, sia nella variante campidanese che in quella logudorese, serpeggerà anche nelle performance delle attrici e degli attori.
Di più non si può dire nella presentazione di questo lavoro, semmai se ne potrà dire dopo. A partire dalle suggestioni che al termine della rappresentazione saranno suggerite da Giacomo Mameli, che del tema della resistenza in Sardegna si è occupato a fondo, accompagnato da altri due studiosi della materia, Marco Sini e Natalino Piras, e dalla presidente provinciale dell’A.N.P.I. della provincia di Cagliari, Lidia Roversi.