La coerenza dei comunisti (eretici)
1 Aprile 2013
Mauro Chiodarelli
Al convegno di Firenze “La rotta d’Europa” in uno degli ultimi interventi, un lavoratore in cassa integrazione disse all’incirca: ” …di sinistra, di sinistra, io non sono di sinistra, io sono comunista“.
Ecco dovremmo ripartire da lì, dalla coerenza di essere comunisti (eretici). Al di là di ogni dietrologia, ad un certo punto, la maggioranza di coloro che si dichiaravano comunisti, anche i teorici, hanno avuto paura dell’orizzonte; fascino della borghesia e del capitale o semplice miseria dell’essere umano? (Anche su questo dovremmo interrogarci ed attrezzarci).
L’alternativa ad una società capitalista è una società socialista/comunista; ogni via di mezzo è illusoria. Ci interessa? Allora cominciamo a costruirla partendo dal quotidiano ed assumiamo un punto di vista e di azione all’altezza dell’impegno, interrogandoci innanzitutto sui fallimenti del passato e sul perché da una teoria di libertà, uguaglianza e giustizia si sia giunti ad una pratica totalitaria, diseguale e repressiva.
Alcuni elementi, che possono suonare ingenui od eretici, del “che fare”, su cui ragionare:
Uscire dalla subalternità capitale-lavoro (non mi riferisco ai principi di accumulazione): non possiamo combattere il capitale e nello stesso tempo auspicare la presenza di un capitale altro, materiale od immateriale, che elargisca lavoro;
Recuperare la centralità del lavoro non solo in termini occupazionali, la piena occupazione è oggi una prospettiva forse raggiungibile solo attraverso una commistione tra lavoro produttivo e lavoro sociale, ma di dignità, superando la divisione tra lavoro manuale e cognitivo, in un processo che abbia inizio fin dalla scuola che deve essere luogo di crescita culturale personale e non culla della differenziazione sociale, ed infine di etica, combattendo l’alienazione nel processo produttivo che non può tuttavia trovare risposta nel parassitismo;
Assumere la logica globale per ogni elaborazione che, pur partendo dal locale, deve uscire dalla logica della tribù: mai come oggi il battito d’ali di una farfalla in un luogo può provocare una catastrofe nell’emisfero opposto; non possiamo continuare a difendere il nostro benessere a discapito del resto del mondo, si trattasse anche di un solo posto di lavoro; ogni azione va valutata nella sua dimensione internazionale abbattendo la barriera, funzionale al capitale, tra il noi ed il loro;
Assumere le differenze di genere, la difesa dell’ambiente, il pacifismo come parte integrante di un progetto di società socialista/comunista, lenti attraverso cui valutare ogni risposta/proposta prima di farla propria;
Perseguire e praticare l’uguaglianza in tutti gli aspetti della vita sociale. Anche le forme della rappresentanza vanno riviste in un’ottica ugualitaria che superi il concetto di democratico: anche se utopico, occorre uno sforzo per superare il concetto di maggioranza e minoranza ed assumere il concetto di unitario condiviso. Alla condivisione immateriale e fittizia del web occorre contrapporre una condivisione reale, fisica, di contatto, costruita sullo sforzo della comprensione, dell’inclusione, dell’accettazione e della valorizzazione della diversità, della pari dignità. Nella pratica dell’uguaglianza si dissolve l’idea stessa della occupazione del potere e diventa praticabile la massima zapatista “comandare obbedendo”, la politica come servizio.
Praticare la coerenza tra pensiero ed azione. Si tratta della condizione base per ritornare ad essere credibili.
Possono essere queste alcune delle modalità su cui muovere la nostra azione all’interno della quotidianità e quindi l’oggetto della ricerca teorica e pratica anche di un quotidiano on line che si voglia comunista, creando nel contempo le condizioni per una forza politica del cambiamento? Credo di sì.
Con quale linguaggio?
Lo sterminio catodico delle menti ha portato ad un analfabetismo di ritorno di dimensioni impressionanti, l’immagine ha sostituito la lettura, il diluvio di informazioni ha ridotto la capacità/volontà del ragionamento.
Forse ci serve la forza di un/a buon/a maestro/a elementare, la sua pazienza, l’alternanza tra parlato, scritto e disegnato e la costanza di dover ogni tanto ricominciare da capo.
2 Aprile 2013 alle 15:26
Tutto condivido, apprezzo e medito di quanto esposto e proposto. Ma non la denigrazione, presupposta ovvia, del “web” e dei nuovi modi di espressione e di comunicazione, meno verbali e più per immagini.
3 Aprile 2013 alle 22:29
Caro Giulio, non capisco se il passaggio della denigrazione del web a cui ti riferisci sia quello della condivisione immateriale e fittizia. Ciò che volevo evidenziare è che la comunicazione diretta, personale, fisica è più faticosa di quella immateriale; entrano in gioco tutti i sensi, le sensibilità ed anche le nevrosi, lo sforzo della convivenza. Il web non ti obbliga al confronto, puoi anche celare la tua identità, il tuo stesso essere; non so se si tratti di una ulteriore libertà. Condivido, invece, che possa essere un formidabile strumento di circolazione delle informazioni, a basso costo, indipendentemente dalla loro origine o veridicità; non a caso ci interessa la possibilità di un quotidiano on line.
Un abbraccio (virtuale)
5 Aprile 2013 alle 11:10
Caro Mauro, è come dici, che ricondivido. Mi preoccupa che succeda per la telematica ciò che è successo, diversamente, per la televisione, e prima ancora, più diversamente, per per la stampa, e per la scrittura millenni prima, tutti modi di comunicazione-condivisione più immateriale e fittizia di quella orale faccia a faccia: una demonizzazione del mezzo tecnico, anche secondo il modulo fiabesco e ideologico dell’apprendista stregone (o, alla McLuhan, del messaggio che è il massaggio), che, tra l’altro, tiene lontani ancora dalla televisione e dalla telematica tanti buoni cervelli che ne diffidano. E’ un po’ come succede per il comunismo, che ormai, per “lo sterminio catodico delle menti”, nella percezione dei più, e in Italia in termini berlusconiani, si riduce al male delle dittature europee del Novecento.