La diga che nessuno vuole
1 Febbraio 2021[Stefano Deliperi]
E’ una storia davvero singolare quella della diga Sant’Antonio, nel bel mezzo della più estesa foresta del Mediterraneo, nella vallata di Gutturu Mannu, nei Comuni di Uta e Assemini (CA).
La diga n. 702 dell’archivio nazionale, a gravità ordinaria in calcestruzzo, altezza 20 metri con un invaso di 200 mila metri cubi di acqua, è stata realizzata tra il 1956 ed il 1957, collaudata il 10 gennaio 1958, dalla Società Mineraria Siderurgica Ferromin s.p.a. e successivamente trasferita in proprietà alla Società Vinalcool (atto notarile del 4 agosto1967). Serviva a fornire acqua ed energia elettrica alla vicina miniera di San Leone, chiusa alla metà degli anni ’60 del secolo scorso.
E’ classificata “grande diga” ai sensi della legge n. 584/1994 (invaso di oltre un milione di metri cubi di acqua o altezza superiore a 15 metri) ed è sottoposta ai fini della tutela della pubblica incolumità alla vigilanza, controllo ed approvazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Ufficio Tecnico per le Dighe di Cagliari.
E’ bene ricordare che “la ditta concessionaria non ha mai ottemperato totalmente, nonostante i ripetuti richiami, alle prescrizioni del disciplinare di concessione ed a quelle contenute nei verbali di visita ispettiva periodica dell’Ufficio Dighe di Cagliari, come è risultato dai sopralluoghi che hanno permesso di constatare il perdurare dello stato di degrado della diga e delle opere accessorie e la mancata osservanza delle disposizioni dell’Ufficio Tecnico per le Dighe e del Servizio del Genio Civile di Cagliari che in data 14.1.2015 ha emesso, nei confronti del concessionario, apposita ordinanza di ingiunzione (n. 1163/28), per l’esecuzione dei suddetti lavori, rimasta disattesa”.
Il Servizio genio civile di Cagliari (amministrazione regionale) ha provveduto ad alcuni, insufficienti, lavori per la messa in sicurezza nel 2015. Sarebbero stati necessari ulteriori interventi dell’importo complessivo di 800 mila euro.
La concessione idrica in favore della Società privata è scaduta, per cui “la diga … risulterà priva di gestore e conseguentemente priva del soggetto preposto alla realizzazione delle necessarie opere di adeguamento e della necessaria vigilanza e controllo ai fini della pubblica incolumità e sicurezza”.
Fin da 2015, “l’Assessorato dei Lavori Pubblici ha … invitato le amministrazioni territorialmente competenti (Provincia e Comuni) e tutti gli Assessorati della Regione Sardegna perché, qualora interessate alla gestione dell’opera mediante la propria struttura o mediante Ente controllato, facessero pervenire una comunicazione di interesse riferita all’invaso …”.
Silenzio di tomba, nessuna disponibilità manifestata.
Conseguentemente, con deliberazione Giunta regionale n. 36/10 del 14 luglio 2015, l’Amministrazione regionale Pigliaru decise “di disporre per la rimozione della diga ed il ripristino dell’alveo, delle sponde e delle arginature”.
Successivamente, “l’ENAS ha rilevato che nonostante lo stato di abbandono dell’invaso vi è la reale possibilità di conseguire senza particolari criticità il ripristino delle condizioni di sicurezza dello sbarramento, rendendosi disponibile alla realizzazione delle opere necessarie”, mentre il neo-costituito Ente Parco naturale regionale di Gutturu Mannu e il Consorzio di Bonifica della Sardegna meridionale hanno manifestato “interesse alla conservazione e utilizzo dell’invaso sul Rio Gutturu Mannu”, sebbene “non sussistono ancora le condizioni per l’ acquisizione di impegni formali”.
Insomma, tante parole, ma pochi fatti. Tuttavia, la Giunta regionale (sempre Amministrazione Pigliaru) decise “di sospendere quanto disposto” con la precedente deliberazione del 2015 “in considerazione della possibilità di affidamento in gestione e del mantenimento del bene” (deliberazione Giunta regionale n.8/26 del 19 febbraio 2019).
Passano inutilmente quasi due anni e la nuova Amministrazione regionale Solinas, con deliberazione Giunta regionale n. 64/55 del 18 dicembre 2020, “avendo constatato l’assenza di manifestazioni di interesse da parte dei potenziali gestori pubblici e permanendo una grave situazione di rischio per la pubblica incolumità e sicurezza, considerato che la diga non può proseguire l’esercizio in mancanza di un gestore ovvero del soggetto preposto alla cura e alla vigilanza delle opere”, decide nuovamente “di disporre la dismissione definitiva della diga ‘S.Antonio sul rio Gutturu Mannu’ e il ripristino dell’alveo, delle sponde e delle arginature”.
Apriti Cielo!
Il sindaco della Città metropolitana di Cagliari Paolo Truzzu e il presidente dell’Ente Parco naturale regionale di Gutturu Mannu (nonché sindaco di Uta) Giacomo Porcu scrivono (8 gennaio 2021) al Presidente della Regione Solinas per evitare la demolizione della diga, il responsabile di Prociv Italia Emilio Garau fa altrettanto, analoga richiesta da parte di Giacomo Porcu, stavolta come sindaco di Uta (14 gennaio 2021) e da parte della sindaca di Assemini Licheri, così come il consigliere comunale sardista di Capoterra (nonché consulente del Presidente della Regione Solinas) Franco Magi, nonché i consiglieri regionali (Riformatori Sardi) Michele Cossa e Sara Canu.
Tutta questa passione per la difesa dell’invaso nelle foresta mediterranea del Sulcis è davvero molto bella, ma – per quanto riguarda i rappresentanti degli Enti pubblici territoriali – è credibile quanto una moneta da 3 euro e 33 centesimi.
Ma se davvero tanto ci tenete all’invaso, perché in ben cinque anni non si siete fatti avanti per chiedere di assumerne la gestione, con i doveri che ne discendono?
Città metropolitana, Ente Parco, Comuni di Uta e di Assemini, chi volete prendere in giro?
Tanto fumo e nulla di concreto.
L’invaso di S. Antonio, avente valore di archeologia industriale, ha certamente una rilevante funzione positiva sia perché costituisce una riserva idrica utile per il mantenimento della biodiversità nella più estesa foresta del Mediterraneo (parco naturale regionale, sito di importanza comunitaria e zona di protezione speciale “Foresta di Monte Arcosu” – ITB041105) e rappresenta un importante contributo alla campagna antincendio annuale, ma la gestione di una diga e del relativo invaso prevede obblighi di gestione, mantenimento e vigilanza previsti dalla legge.
Meno chiacchiere, meno post su Facebook e più fatti concreti.
Stefano Deliperi è il portavoce del Gruppo d’Intervento Giuridico odv