La diversità di Berlinguer
16 Giugno 2014Gian Nicola Marras
“La nostra diversità rispetto agli altri è che noi comunisti non rinunciamo a lavorare e a combattere per una radicale trasformazione della società e alla costruzione di una società di liberi ed uguali. Si vorrebbero partiti di sinistra che si limitassero a correggere qualche stortura dell’attuale sistema: noi non siamo quel tipo di partito e non lo saremo mai.”
Enrico Berlinguer sulla “diversità comunista”. Intervista rilasciata a “Critica Marxista” nel gennaio 1981 in occasione del 60° anniversario del PCI.
In queste calde giornate estive, la discussione politica, (prima di interrompersi per via dell’inizio dei mondiali di calcio) continua ad infiammare gli animi di tutti gli schieramenti politici. Il cantiere della sinistra è come sempre aperto. Costruzione di soggetti politici plurali e alternativi a parte, i media generalisti non hanno trascurato le narrazioni su un’importante ricorrenza: i trent’anni dalla morte di Enrico Berlinguer.
Il mondo da quell’11 giugno 1984 è cambiato considerevolmente. Nonostante la dissoluzione della cortina di ferro, la pervasività della globalizzazione neo-liberista e la fine del socialismo reale, l’effige di Berlinguer continua a detenere un inossidabile potere magnetico che cattura le attenzioni di tutta la sinistra italiana e non solo. Rimangono di straordinaria attualità i suoi celebri interventi sulla questione morale, i suoi ragionamenti sulla costruzione di un’opportuna “alternativa democratica”, la diversità comunista, e il cantiere politico cosmopolitico e socialista dell’eurocomunismo.
Tra chi rivendica la discendenza diretta e chi vorrebbe ereditare il lascito del pensiero, il dibattito attorno alla figura dello statista sardo, mette in moto un tritacarne mediatico e digitale di proporzioni colossali. Come è stato ricordato qualche mese fa da Marco Piccinelli, ( http://goo.gl/AJZfGG ) il pensiero de “l’ultimo segretario”, viene nella maggior parte dei casi strumentalizzato a fini propagandistico-elettorali da alcuni suoi indegni (e autoproclamatisi) interpreti contemporanei.
Questo caleidoscopico e sfrangiato magma di immagini e aforismi inganna l’occhio, disorienta le menti e spesso si traduce in un banale marketing delle ricorrenze, più o meno opportune. Alcuni politici si reinventano registi d’impegno civile pur di vendere l’effige di Berlinguer, che viene mercificata e convertita in un simulacro elettronico da veicolare nella semiosfera digitale della comunicazione politica.
Nonostante questa pervasiva superficialità, credo sia non solo possibile, ma necessario elaborare una discussione ampia che affronti con serietà il controverso pensiero politico de “l’ultimo Segretario”. Nello spettro della sinistra italiana ed europea, ne gioverebbero tutti, in modo particolare quelle correnti ideologiche che si autoproclamano “di sinistra” pur perpetuando de facto politiche neo-liberiste.
In un’epoca in cui lo sviluppo delle nuove tecnologie porta alcune persone a snaturare e a decontestualizzare alcune citazioni, (spesso tramutate in agevoli slogan) rese “smart” dalle forme della condivisione nei social.
Andando oltre ogni strumentalizzazione delle idee di Berlinguer, credo che il miglior modo per ricordare e vivificare oggi il pensiero del segretario sia proprio quello di esplorare i polverosi scaffali delle nostre librerie e biblioteche andando alla caccia delle idee e dello stile retorico del segretario.
Decido quindi di ricordare Berlinguer riportando fedelmente alcuni passaggi dei suoi discorsi e interventi. Per riuscire in questa operazione mi servo di uno straordinario strumento: mi riferisco alla biografia di Berlinguer curata da un altro sardo illustre, Giuseppe Fiori. Colgo quindi l’occasione di ricordare due sardi, due singolari interpreti della sinistra italiana che ancora oggi, a distanza di decenni dalla loro morte, ci aiutano con le loro intuizioni ad immaginare un’altra idea di società, dalla forte impronta solidaristica, che metta al centro le persone e non i mercati finanziari.
Berlinguer conferiva un’assoluta priorità all’elaborazione di una via italiana al socialismo:
“Noi respingiamo il concetto che possa esservi un modello di società socialista unico e valido per tutte le situazioni […] Noi pensiamo che, nelle nostre condizioni, l’egemonia della classe operaia debba realizzarsi in un sistema politico pluralistico e democratico. Noi contiamo in Italia sia perché siamo parte del movimento comunista e operaio internazionale, sia perché siamo, al tempo stesso, una forza nazionale che non si limita alla propaganda delle conquiste socialiste che si realizzano in altri paesi, ma elabora e conduce in piena indipendenza la lotta per la rivoluzione socialista in Italia”.
(In Giuseppe Fiori, Vita di Enrico Berlinguer, Laterza, Roma-Bari, p.188. – Testo originale: Enrico Berlinguer, Unità e autonomia nel movimento operaio e comunista internazionale, in “La Questione comunista” a cura di A. Tatò, Roma 1975, p 42-44.)
Avendo il privilegio di scrivere per questa rivista, mi sembra a dir poco necessario ricordare il particolare rapporto tra Berlinguer e il gruppo de il manifesto, analisi peraltro raccontata qualche giorno fa da una testimone diretta di quei tempi, Luciana Castellina. ( http://goo.gl/1GgJoe ) Ecco come si espresse Berlinguer:
“Compagni vorrei precisare ancora una volta il problema da noi posto ai compagni del manifesto, affinché sia ancora oggetto della loro riflessione. Abbiamo già detto, con chiarezza, che non chiediamo un gesto di obbedienza, non chiediamo il silenzio. […] La questione essenziale rimane quella di compiere una scelta, che tutto sommato è abbastanza semplice. […] Bisogna scegliere tra un metodo che assume caratteristiche di tipo frazionistico […] e l’altro che non è, lo ripeto, quella del silenzio, dell’atto della sottomissione, ma consiste, né più né meno, nell’accettare di muoversi sul terreno della dialettica critica quanto si vuole […] ma che sia una dialettica interna corretta leale”
(In Fiori, Vita di Enrico Berlinguer, p. 199.-Testo originale: Aldo Garzia, La questione del “manifesto”. Democrazia e unità nel PCI, Roma 1969. Pp. 357-66)
Un intervento che come si sa, non impedirà la rottura del 26 novembre 1969, poiché di fatto ai compagni del manifesto viene chiesto diinterrompere la pubblicazione della rivista. Vennero quindi radiati dal PCI, Natoli, Pintor, Rossanda e Magri. Ma la concezione politica inclusivista e pluralista di Berlinguer, porterà lo stesso segretario a ricucire, seppur molti anni più tardi, lo strappo col gruppo del Pdup(non tutti i compagni dell’ex manifesto aderirono). Nel 1984 Berlinguer partecipò al congresso del PDUP, partito fondato da Lucio Magri e Luciana Castellina che poi confluirà nel PCI.
Massimo Caprara ricorda il nobile atteggiamento di Berlinguer sempre in riferimento al rapporto col gruppo del manifesto:
“Mai nei periodi successivi, Berlinguer accennò con astio a tutta la vicenda, negando ogni forma di persecuzione aperta, mostrando sempre fermezza mista a considerazione umana e intellettuale, sino a visitare cordialmente, senza recriminazioni postume, la redazione della rivista”.
(in Fiori, Vita di Enrico Berlinguer , p.200. Documento originale: articolo del 4 giugno 1986, apparso sul “Giornale Nuovo” intitolato “Esistenza intrepida di un capo incerto”)
Berlinguer 27 febbraio 1976, dalle 17 e 15 alle 17 e 30 il suo discorso:
“L’attualità del problema del socialismo ci impone anche di indicare con assoluta chiarezza quale socialismo ci impone anche di indicare con assoluta chiarezza quale socialismo noi riteniamo necessario e il solo possibile per la società italiana. Noi ci battiamo per una società socialista che sia il momento più alto dello sviluppo di tutte le conquiste democratiche e garantisca il rispetto di tutte le libertà individuali e collettive, delle libertà religiose e della libertà della cultura, dell’arte e delle scienze. Pensiamo che in Italia si possa e si debba non solo avanzare verso il socialismo ma anche costruire la società socialista col contributo di forze politiche, di organizzazioni, di partiti diversi; e che la classe operaia possa e debba affermare la sua funzione storica in un sistema pluralistico e democratico” in Fiori, Vita di Enrico Berlinguer , p. 272. – Testo origianale: Enrico Berlinguer, La politica internazionale dei comunisti italiani, Roma 1976, p. 115).
Ecco la concezione internazionalistica e solidaristica di un Berlinguer che guardava in direzione di un nuovo ordine economico mondiale, visto come la condizione indispensabile per una pace stabile:
“Tra le grandi questioni dell’epoca contemporanea, la più drammatica è senza dubbio quella delle vaste zone arretrate del mondo. Grandi masse umane vivono la tragedia della malnutrizione, della fame e della morte per fame. Non sono libere […] Ciò che sembra necessario è che tutto il nostro movimento operaio e democratico, tutte le forze sane dell’umanità lottino per un nuovo assetto mondiale e per nuovi indirizzi internazionali che salvaguardino la pace e al tempo stesso assicurino indipendenza nazionale, libertà e progresso economico a tutti i popoli”
(In Fiori, Vita di Enrico Berlinguer, p.189.- Testo originale: Enrico Berlinguer, Unità e autonomia nel movimento operaio e comunista internazionale, in “la Questione comunista” a cura di A. Tatò, Roma 1975, p 49-50.)
Concludo con l’opinione e il ricordo pervenutoci da un altro sardo, orgogliosamente comunista, Luigi Pintor: “Mi colpisce ancora la sua immagine vacillante su quel palco. Avrei voluto essere presente a sorreggerlo”. (“A un amico”, il manifesto, 12 giugno 1984).