La dolce morte
5 Luglio 2019[Massimo Dadea]
Il Direttore sanitario dell’ospedale di Reims ha annunciato di aver interrotto l’alimentazione e l’idratazione artificiale di Vincent Lambert, l’infermiere tetraplegico, in stato vegetativo da 11 anni. Dopo una lunga serie di ricorsi, la vicenda terrena di Vincent dovrebbe concludersi nell’arco di una settimana. L’uomo, diventato il simbolo della battaglia sul fine vita in Francia, è al centro di una battaglia legale tra la moglie Rachel, che ha chiesto più volte di sospendere le terapie, e i genitori, Pierre e Viviane, vicini ai cattolici integralisti, da sempre contrari. Il caso ripropone l’eterno dilemma che contrappone due diritti meritevoli di tutela: l’inviolabilità della vita e il diritto a morire con dignità. Da un lato chi considera la vita “sacra e inviolabile”. Dall’altro chi afferma che “morire con dignità” rientri tra i diritti inalienabili della persona, nella convinzione che la vita non è solo biologia, un’insieme di cellule governate da un DNA, ma è relazione, interazione, memoria, sentimenti. In molti sperano che la vicenda di Vincent possa servire a riportare all’attenzione dell’opinione pubblica italiana e del Parlamento la questione della morte gentile o per dirla in modo più crudo dell’eutansia. Un tema di bruciante attualità che interroga le coscienze, le convinzioni più profonde: etiche, morali, filosofiche, religiose. Sono dovuti trascorrere quasi dieci anni perché in Italia venisse approvata la legge che istituisce il testamento biologico. Dieci anni segnati da alcune vicende terribili. Il dramma di Eluana Englaro, 17 anni in coma vegetativo, e dei suoi genitori impegnati in una strenua battaglia perché fosse interrotta l’alimentazione e l’idratazione forzata. La vicenda di Piergiorgio Welby, affetto da distrofia muscolare, dopo anni di sofferenze l’anestesista decise di accogliere le sue richieste e lo staccò dal respiratore artificiale. Il medico venne incriminato, e poi prosciolto, per “omicidio di consenziente”. Quella di Giovanni Nuvoli, affetto da SLA: l’irruzione dei carabinieri impedirono all’anestesista di staccare il respiratore. Disperato, smise di mangiare e di bere. La sua agonia durò venti giorni. Il caso di Walter Piludu che colpito dalla SLA ha messo fine alla sua esistenza, al termine di una estenuante battaglia, grazie ad un provvedimento del Tribunale di Cagliari, che ha riconosciuto il suo diritto all’autodeterminazione, così come garantito dall’articolo 32 della Costituzione. Il testamento biologico afferma un principio fondamentale: “Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito senza l’assenso della persona interessata”. Una prima, grande, conquista, che però consente di staccare la spina solo nel caso che il paziente – che attraverso un atto pubblico, una scrittura privata autenticata da un notaio o un pubblico ufficiale o un medico del SSN, abbia lasciato delle disposizioni anticipate di trattamento – sia incapace di intendere e di volere. C’é voluta la vicenda di Dj Fabo, cieco e tetraplegico dopo un grave incidente stradale, perché finalmente il Parlamento fosse investito del problema dell’eutanasia. Fabiano Antoniani, questo il suo nome, accompagnato da Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni, ha deciso di porre fine alla sua esistenza ricorrendo al suicidio assistito in una clinica svizzera. Di fronte all’autodenuncia di Marco Cappato per “aiuto al suicidio”, la Corte d’Assise di Milano ha deciso di inviare gli atti alla Corte Costituzionale perché potesse esprimere un giudizio di costituzionalità sulla norma che lo incriminava. La Consulta ha concluso che “l’attuale assetto normativo sul fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione”, ed ha invitato il Parlamento ad approvare una legge entro il 24 settembre 2019. Attualmente, a poco più di due mesi dalla scadenza indicata dalla Corte, è in discussione, presso le Commissioni Giustizia e Affari Sociali della Camera, una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa dall’Associazione Luca Coscioni. La proposta di legge risponde pienamente alla sollecitazione della Consulta, infatti, tra le altre cose, prevede una norma che recita “non si applicano sanzioni nei confronti del medico e del personale sanitario che abbiano praticato trattamenti eutanasici che abbiano provocato la morte del paziente”. I tempi a disposizione del Parlamento sono molto ristretti e sarebbe inqualificabile se non si riuscisse ad approvare una legge che riscuote un consenso diffuso: il 78 per cento degli italiani sono favorevoli all’eutanasia (Eurispes). Secondo la Exit Italia Onlus – una associazione che ha come scopo la promozione del diritto all’eutanasia e che si preoccupa di dare informazioni per contattare i centri svizzeri dove è possibile eseguire l’eutanasia attiva(a compiere l’atto è il paziente) -sono 137 i malati che nel 2017 hanno raggiunto l’obbiettivo, ogni settimana ricevono 100 telefonate di richieste, a marzo 2019 due sardi(Olbia e Nuoro) erano pronti per partire nei centri di Berna, Basilea, Zurigo e Ginevra. Il costo di ogni procedura si aggira sui 10 mila euro, viaggio escluso. Una società matura, libera, non può avere paura di misurarsi con un tema così delicato e complesso. Non può negare il diritto a decidere di se stessi, di morire consapevolmente e con serenità, senza atroci sofferenze, oppure costringerlo a farlo in esilio. Le istituzioni democratiche, per primo il Parlamento, non possono non impegnarsi per trovare un punto di mediazione tra visioni della vita e della morte solo apparentemente inconciliabili.
11 Luglio 2019 alle 23:03
Posso dire una cosa? Potrò sembrare senza cuore ma chi mi conosce sa bene che sono per la beneficenza e per la giustizia,ma nel caso di Vincent lambert ( e di quelli di cui non c’è speranza o vivono attaccato a macchine e dipendono solo da esse) devo dire che è meglio che sia morto! Ha smesso di soffrire e di vivere una vita che per lui non era vita. Anche se qui si tratta di omicidio di stato perché non ha fatto testamento biologico o lasciato disposizioni in merito. Ma sono stati gli altri medici e familiari decidere o controbattere per lui