La festa del lavoro o la festa al lavoro?
1 Maggio 2014Giovanni Nuscis
Siamo un Paese di oltre 60 milioni di abitanti in cui a lavorare, secondo i dati Istat di marzo 2014, sono 22 milioni e 356 mila, con 3 milioni 248 mila di disoccupati di cui 683 mila giovani (15-24enni). Più che una festa del lavoro, una festa al lavoro per chi, naturalmente, di lavoro vive e deve vivere. Il fenomeno speculativo, infatti, ha ridotto al 53% la percentuale di redditi da lavoro rispetto al PIL, considerando che nel 1976 la percentuale era del 68%, con una perdita di reddito per i lavoratori, secondo il sociologo del lavoro Luciano Gallino, di 240 miliardi di euro all’anno. Le dichiarazioni Irpef rilevano 28 mila persone che dichiarano più di 300 mila euro di reddito (dati ufficiali che non danno, ovviamente, la misura reale della ricchezza in Italia), in crescita di 7.500 unità, +4,5%, e con circa 2000 super ricchi (con un patrimonio di oltre 21 milioni di euro).
Non potrà mai esserci giustizia e pace sociale col permanere di questa situazione. E’ necessario un drastico intervento di ridistribuzione della ricchezza, accompagnato da una congrua tassazione dei patrimoni e da una vera lotta vera all’evasione fiscale. Ricordiamo che l’Irpef viene pagata per il 90% dai lavoratori dipendenti e dai pensionati.
Per creare nuova occupazione non basta aiutare le imprese, come ha fatto il Governo nel corso dei decenni e come ritiene ancora l’attuale Governatore della Sardegna. La depressione è tale, nell’Isola, che limitarsi ad “aiutare” le imprese non sarà sufficiente, comportando un vantaggio solo per i diretti beneficiari degli aiuti, che quasi mai coincidono con la generalità dei lavoratori e dei senza lavoro, occupabili nelle imprese. Per non dire delle centinaia di milioni di euro da sempre erogati a favore delle grandi imprese, che nei momenti crisi non si sono posti nessuno scrupolo nel licenziare i lavoratori, come è accaduto infatti di recente per i lavoratori della Vinyls di Porto Torres.
Le tradizionali forme di aiuto alle imprese non sono più sufficienti. Se pochi possono comprare, l’acquisto, la collocazione di beni e servizi possono guardare solo al di là dell’Isola, con tutte le difficoltà legate ai costi dei trasporti e dunque dei prodotti in contesti competitivi agguerritissimi.
Non sarebbe dunque più giusto investire sulle persone, formandole, pagandole direttamente per qualche anno intanto che si riprende l’economia, l’occupazione la capacità di spesa delle persone? Con progetti di sviluppo settoriali condivisi e coerenti con la vocazione del territori (agricoltura, turismo, valorizzazione del patrimonio culturale, artigianato etc.).
Questa è la soluzione che propone il Movimento per il lavoro i diritti e l’ambiente, che svilupperà con proposte di legge regionale nel corso del 2014.