La forza delle donne
1 Luglio 2013Gianfranca Fois
51 per cento donne, 49 per cento uomini: sono le percentuali, fornite dagli osservatori, delle presenze alle manifestazioni in piazza Taksim a Istanbul nei giorni scorsi.
Ecco, questo è quello di cui sono capaci le donne, imporsi con forza in prima persona nelle piazze per protestare a favore dei diritti. E manifestare a Istanbul è ben diverso che manifestare a Cagliari, a Roma, a Parigi o a Londra.
Sappiamo bene che nel corso dei secoli le donne hanno mostrato di possedere appunto forza e vitalità nonostante il silenzio che gli uomini hanno loro imposto, molte, anche in questa situazione, sono riuscite a emergere e perciò, spesso, sono state colpite da accuse infamanti o da tentativi di eliminazione o damnatio memoriae. Altre, tantissime, e basterebbe pensare solo alle donne delle nostre famiglie o alle nostre antenate, a qualsiasi classe sociale appartenessero, hanno dato prova di forza, lo ripeto ancora, di coraggio e di anticonformismo.
Dalla fine dell’ ottocento le donne hanno iniziato a riprendersi la parola con manifestazioni e lotte, non più in modo isolato ma in modo più consapevole, associato, non era certo una novità, ma si trattava di modalità nuove, di grande respiro.
Questa consapevolezza più matura e più ampia ha portato le donne a conquistare diritti sempre più numerosi e nello stesso tempo a diventare protagoniste degli eventi del novecento. Basti pensare, per quanto riguarda l’Italia, alle donne che hanno partecipato alla Resistenza, e dagli studi più recenti molto più numerose di quanto si pensasse prima, o a quelle che sono state elette all’Assemblea Costituente, solo 21 su 556 ma sono riuscite ugualmente, anche grazie all’alleanza con colleghi, a indirizzare tutta una serie di scelte in favore delle donne, del lavoro e della famiglia.
Ecco perché mi lascia perplessa la richiesta della doppia preferenza di genere che gruppi di donne hanno portato avanti in Sardegna durante le recenti votazioni sulla legge elettorale della regione sarda, richiesta che il consiglio regionale non ha accolto mostrando così il suo volto più arrogante e miope.
Ripeto che questa richiesta mi lascia perplessa, infatti fa passare l’idea che le donne siano esseri deboli, bisognosi di protezione e guida da parte degli uomini, senza contare che, per quanto riguarda ad esempio le recenti elezioni politiche che hanno visto aumentare la presenza femminile nel nostro parlamento, la scelta delle candidate è stata fatta da maschi e infastidisce il fatto che certi nomi femminili indicati siano in diversi modi legati strettamente a uomini già presenti, spesso ai vertici, all’interno dei vari partiti.
Sono sicura che la questione debba perciò essere impostata in modo diverso. Per cercare di farmi capire prenderò due esempi a livello europeo, la Norvegia e la Francia, la prima ha già sperimentato la doppia preferenza, la seconda ha presentato pochi mesi fa una proposta di legge.
Per quanto riguarda la Norvegia, e l’Islanda, la doppia preferenza ha sicuramente portato a una sostanziale parità di genere negli organismi rappresentativi ma il punto è che questa scelta é avvenuta all’interno di un contesto culturale e sociale ben diverso da quello italiano, una società abituata a riconoscere pari dignità ai due sessi e a non svalutare le donne come avviene in Italia.
Purtroppo in Italia non solo abbiamo una tradizione maschilista becera e consolidata, ma il problema è che si è fatto ben poco per scardinarla, basterebbe pensare agli scandali politici a sfondo sessuale ma soprattutto alle trasmissioni televisive e alla pubblicità che riducono a merce o a oggetto la donna. Abbiamo accettato che questi messaggi passassero senza intervenire e senza pensare ai danni che avrebbero procurato, alla devastazione dell’immaginario e delle coscienze delle nuove generazioni e anzi consolidando nello stesso tempo la arretratezza culturale delle vecchie.
Senza contare, ritornando ai due paesi nordici, la presenza di una rete di aiuto e sostegno nei confronti delle donne e delle famiglie che consente quindi una maggiore partecipazione femminile.
Per quanto riguarda la Francia la doppia preferenza è stata inserita in un più ampio disegno di legge che affronta l’argomento in modo non settoriale. Tre sono i filoni che vengono proposti:
uguaglianza professionale e quindi una serie di proposte per riequilibrare la divisione delle faccende domestiche e le carriere professionali, il divieto di partecipazione a gare pubbliche di persone condannate” per motivi legati alla discriminazione o al non rispetto delle disposizioni del Codice di Lavoro in materia di uguaglianza professionale” e così via.
Parità dappertutto
Lotta contro la violenza
Insomma si tratta di due modi ben diversi di affrontare l’argomento.
La richiesta della preferenza di genere in un contesto come quello italiano e non inserita in un robusto insieme di norme rischia di non portare alcun cambiamento nella situazione femminile, anzi rischia di rafforzare l’idea della necessità per la donna di una protezione maschile, e di non dare la dovuta importanza al lavoro per la costruzione delle condizioni necessarie perché una effettiva parità si realizzi.
Penso che noi dovremmo, oltre che impegnarci, e qualcuno lo sta facendo, a cercare di scardinare luoghi comuni e stereotipi di genere, chiedere alle donne che ci rappresentano, nei vari organismi elettivi, conto del loro operato, dei disegni di legge eventualmente presentati per risolvere i problemi delle donne o chiedere, organizzando gruppi di pressione, come intendano coinvolgere le persone, non solo le donne, per stendere progetti di legge da presentare in parlamento, con che mezzi intendano portarli avanti di fronte all’opinione pubblica perché siano discussi.
La creatività femminile è stata in grado per secoli di trovare modi e rappresentazioni forti e intelligenti, non dovrebbe essere questo il problema.