La geoeconomia

1 Aprile 2014
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Graziano Pintori

“Uno spettro si aggira per l’Europa, lo spettro del comunismo” si scriveva sul manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels. Oggi lo spettro che minaccia l’Europa, e il mondo intero, non è più l’idea comunista ma la geoeconomia, un termine che, dopo la guerra fredda, indica il vigore di uno stato non solo dalle dotazioni militari, ma soprattutto dalla capacità e forza economica (Luttwak). Quanto sta succedendo in Ucraina non è una questione interregionale ma è, per usare un termine, per molti desueto, l’effetto dell’imperialismo, ovverossia quanto gli stessi imperialisti fanno per il predominio politico, militare e economico sul pianeta: America e Europa tentano di sottrarre, non certo per motivi umanitari, dall’influenza della Russia post sovietica l’Ucraina, in pieno fervore nazionalista. Lo scenario è quello della piazza Maidan di Kiev, animata da nazifascisti nazionalisti e xenofobi che, per quanto corrotto sia, tentano di disarcionare il sistema governativo ucraino dominato fino al febbraio scorso dal presidente Janukovic, fedelissimo del Cremlino, la fortezza russa di Putin. Le tensioni sono aumentate d’intensità con un Referendum che ha sancito, 90% dei voti a favore, la riannessione della Crimea alla Russia, sottraendola alla sfera politica, economica e giuridica dell’Ucraina. Il risultato del referendum, considerata la libera e corale partecipazione, appare scevro da qualsiasi intento di “mettere in pericolo la pace e il futuro del mondo”, come pretenderebbero di far credere agli occidentali le diplomazie americane e europee. Ciò che colpisce è il fatto che le potenze occidentali, da sempre, sulla carta, sostenitrici della pace e dell’autodeterminazione dei popoli, considerino pericoloso il risultato della consultazione popolare voluta dagli abitanti della Crimea, mentre i nazisti ucraini che prendono il potere con la violenza e il terrore non sono degni di rilievo. Eppure, certi capibastone che agitano le giornate di Kiev sono noti per la connivenza con le organizzazioni terroristiche internazionali, quelle, per intenderci, che seminarono morte e distruzione nella metropolitana e nell’aeroporto di Mosca; inoltre, in questo clima di insicurezza e terrore di stampo nazista, molti ucraini di origini ebree sono indotti ad abbandonare Kiev. Quello che fa la Russia in Ucraina è quanto l’America e l’Europa farebbero, trovandosi nelle stesse condizioni, nei confronti delle proprie zone di influenza e interesse; infatti,quanto sta succedendo in Ucraina non può lasciare indifferente la potenza russa perché in quel territorio passa il 60% del gas destinato all’Europa, mentre la Crimea rappresenta la porta di accesso al mar Caspio e al Mediterraneo della flotta militare e commerciale. Sarebbe troppo vantaggioso, sotto tutti i punti di vista, per l’occidente unire l’Ucraina alla Comunità Europea, e impedire alla Russia l’accesso al mare con lo scopo di indebolirla sia sul fronte economico, sia su quello militare. Proviamo a immaginare cosa succederebbe nel mare Mediterraneo se venisse negato l’accesso all’America dallo stretto di Gibilterra, oppure negare all’Europa il transito lungo il canale di Suez. Un altro aspetto relativo a quanto siano labili i rapporti di solidarietà fra le stesse potenze che si considerano “amiche”, a detta degli studiosi di eventi internazionali, sarebbe l’ulteriore indebolimento dell’Europa favorito dall’America, quando chiede alla diplomazia europea di sovraccaricarsi tutto il fardello ucraino che, a conti fatti, costerebbe alle casse di Bruxelles, per l’adeguamento agli standard economici europei, circa 27,5 miliardi di euro. Inoltre, l’ingresso nella CE dell’Ucraina indebolirebbe la rete distributiva del gas russo verso l’Europa, da cui il mercato energetico americano avrebbe solo da guadagnarci. La recessione che incombe sul vecchio continente suggerisce prudenza e attenzione prima di favorire certe soluzioni nel proprio “cortile di casa”. Il modo migliore per uscire dalle tensioni attivate nella frontiera russo-ucraina sarebbe quella di lasciare alla Russia, se non altro per l’aderenza politica e culturale, la soluzione di questa incombenza geoeconomica: parrebbe che siano pronti 15 miliardi da trasferire nelle casse ucraine e il proposito di abbattere del 30% il costo del gas, oltre ad altre importanti attività a favore dello stato confinante. Ma la questione delle potenze mondiali non è la soluzione pacifica dei conflitti e delle tensioni che si generano nel mondo, ma è quello di tenere “sempre tirata la corda”, in modo tale che ogni occasione sia buona per indebolire o andare contro l’avversario per farne preda, alla maniera di qualsiasi pesce piccolo davanti a quello più grande.

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