La giornata delle donne
16 Marzo 2015Gianfranca Fois
E anche quest’anno la così detta Giornata della donna è passata. Il rituale in tempi di crisi mostra la corda, sembrano finiti i giorni dello scempio delle mimose e delle tavolate di sole donne nei ristoranti. Rimangono l’insofferenza di molte e la retorica, soprattutto maschile, a cominciare dalle imbarazzanti parole del Presidente della Repubblica.
Parole vecchie che riproducono vecchi stereotipi, la donna angelo, chiusa nella gabbia della cura e della solidarietà, la donna cui chiedere ipocritamente scusa lasciando però sulle sue spalle il peso della quotidianità senza indicare alcun progetto o percorso perché le donne italianane possano uscire dalla bassa posizione in classifica che il rapporto del Global Gender Gap assegna loro anche nel 2014.
In questo Report infatti l’Italia è al 69esimo posto su 142 paesi ma per quanto riguarda l’aspetto economico occupa il 114esimo, in particolare per la scarsa partecipazione delle donne al mondo del lavoro ma soprattutto per la differenza di retribuzione con gli uomini a parità di mansioni. In generale è comunque migliorata di due posizioni grazie all’aumento della rappresentanza politica.
Il governo Renzi non ha fatto nulla per superare ciò, nonostante la presenza di numerose donne al governo. Si è avverato quanto in tante avevamo temuto, un’operazione di facciata che ha premiato la fedeltà al capo e non una nomina di donne forti di una loro storia, competenza e capacità. E infatti le ministre si sono limitate ad occupare posizioni di potere senza portare avanti proprie idee, senza impegnarsi per una politica che metta in discussione le regole tradizionali maschili del gioco politico e che sia dalla parte delle donne e quindi a favore dell’intera società come cercano di fare quante si impegnano nelle Istituzioni di altri paesi europei.
Un piccolo ma significativo esempio lo vediamo nel decreto sulla Conciliazione tra tempi di vita e di lavoro del Jobs Act. Si utilizza costantemente una terminologia che conferma, come è stato notato, la tradizionale divisione dei ruoli mentre quasi nulla viene fatto per facilitare, come del resto l’ONU ha più volte chiesto all’Italia, per facilitare la condivisione del lavoro di cura tra i due genitori.
In Italia è da 70 anni che si ricorda la Giornata della donna e siamo ancora a questo punto: continui femminicidi e violenze, disparità di trattamento economico, scarsa occupazione femminile, dimissioni in bianco, attacchi sessisti continui nei social network, in particolare nei confronti delle donne di sinistra che esprimono pareri autonomi o difendono le istituzioni che rappresentano e che subiscono invettive anche da parte di donne della stessa, o quasi, parte politica, vedi ad esempio la vicenda Boldrini-Renzi.
Le classi dominanti si sono ben presto impadronite di questa ricorrenza, l’hanno svilita facendone un momento commerciale, l’hanno resa inefficace stendendo un velo sul perché fosse stata scelta la data dell’8 marzo.
Insomma chi ha in mano il comando, come fa quasi sempre, stempera e mitiga i toni che potrebbero mettere in discussione il suo potere. Per cui meglio ricordare un giorno, sbagliato peraltro, della morte di più di cento donne fatte chiudere all’interno della loro fabbrica, in cui le donne furono vittime anziché quello in cui furono protagoniste.
Protagoniste e comuniste, infatti il 23 febbraio 1917, secondo il calendario giuliano, l’8 marzo secondo il nostro, migliaia di donne manifestarono a Mosca contro lo zar per chiedere la fine della guerra. Fu l’inizio della Rivoluzione di febbraio cui seguì la Rivoluzione d’ottobre. Nel 1921 la II Conferenza Internazionale delle Donne comuniste decise che l’8 marzo sarebbe stata La giornata internazionale dell’Operaia.
D’altra parte la scelta del 27 gennaio per la Giornata della memoria della Shoà obbedisce alla stessa logica, gli ebrei vittime e gli Europei nel ruolo dei liberatori.
Per questo motivo Israele ha scelto di ricordare non l’apertura dei cancelli di Auschwitz ma la rivolta degli Ebrei nel ghetto di Varsavia, per diffondere così l’idea dell’Israeliano forte ed eroico.
In Italia La giornata della donna fu istituita nel 1945, e fu scelta come simbolo la mimosa, ad opera di tre donne che avevano partecipato alla Resistenza: Teresa Noce, che fu anche internata in un lager tedesco, Rita Montagnana e Teresa Mattei che fu eletta all’Assemblea Costituente nelle fila del PCI, la più giovane ma capace di portare avanti gli interessi delle donne sfidando i leader del proprio partito e creando con le altre 22 donne elette una rete di lavoro e di alleanza che alla fine coinvolse anche numerosi colleghi maschi di ogni partito.
Negli anni 50 regalare una mimosa era considerato “atto a turbare l’ordine pubblico” e allora mi piacerebbe ricominciare da qui e riprendere a ricordare la Giornata delle donne per rivendicare attivamente i nostri diritti contro ogni tentativo di rimetterli in discussione.
*Fonte immagine illustrata