La gioventù dimezzata
3 Gennaio 2022[Amedeo Spagnuolo]
Ultimi giorni di scuola prima del Natale, generalmente, sembra paradossale per me che sono un insegnante, invece di essere allegro vengo assalito da un po’ di tristezza.
Essa mi aggredisce non solo a Natale, ma a ogni interruzione dell’attività didattica, a giugno poi, quando l’anno scolastico si conclude e i ragazzi di quinta vanno via, per qualche giorno vivo con un groppo alla gola che mi costringe a respiri profondi nel tentativo di sciogliere quel fastidioso nodo che si forma in gola. Ho analizzato abbastanza bene questi momenti con le relative reazioni e sono giunto alla conclusione che quelle emozioni fuoriescono dalla consapevolezza che un altro pezzetto della mia vita se n’è andato insieme a quei ragazzi che, probabilmente, non vedrò più e ai quali mi ero sinceramente affezionato. Lo so, è un modo di vivere la scuola un po’ da libro Cuore, ma non so fare l’insegnante in altro modo e sono sicuro che ci sono tanti altri colleghi che vivono la scuola alla stessa maniera.
L’ultimo giorno di scuola, prima di questo Natale, ho sofferto un pò di più la malinconia, la causa è semplice da comprendere, questo è stato il secondo Natale dell’era Covid e anche volendo non avrei potuto reagire diversamente. Questo virus forte e astuto sta inevitabilmente cambiando le vite di tutti, ma le sta cambiando ancora di più a questi ragazzi che osservo ogni giorno dalla mia cattedra. Li vedi tutti apparentemente spensierati con il sorriso stampato sul volto, il sorriso della gioventù, ma poi basta scavare un po’ e ti accorgi del malessere che li attanaglia tutti, chi più chi meno.
Dalle testimonianze che leggo su riviste e giornali apprendo che qualcuno soffre in maniera sopportabile, altri però hanno bisogno, per andare avanti, di qualche “aiutino”, alcol soprattutto ma anche droghe e pratiche autolesioniste. Per quanto riguarda la mia dimensione scolastica, un ragazzino nel farmi gli auguri, prima che suonasse la campana, mi ha detto: “prof. quest’anno a Natale mi voglio scassare”, “scassare? Cioè?”, “voglio bere litri di birra, ne voglio bere tanta fino a rimbambirmi”, “perché ti vuoi rimbambire?”, “per non pensare, per non pensare a niente”. Sono rimasto per qualche secondo in silenzio, disorientato, mi sono mancate le parole, raramente mi è successo nella mia quasi trentennale carriera di docente, certo mi era già capitato di cercare le parole giuste per tamponare il dolore espresso da qualche mio alunno nel corso degli anni, ma in quelle occasioni non c’era il Covid, non c’era la vita pandemica con i suoi riti, le paure, le forti limitazioni, insomma la vita dimezzata e sospesa che tutti noi conosciamo.
Mi sono sforzato di dire qualcosa sull’abuso alcolico e le sue nefaste conseguenze, ma non riuscivo a dirle nella maniera di sempre, mi sembravo poco convincente e non mi spiegavo il perché poi il ragazzo è scomparso nel fiume in piena delle classi che si catapultavano fuori dalle aule e i miei pensieri sono stati interrotti dalla collega dell’aula a fianco che mi faceva gli auguri. Sono tornato a casa di malumore, le parole del ragazzo continuavano a rimbalzarmi nella testa e con esse la fastidiosa sensazione d’impotenza che mi ha assalito, poi, però, bisogna pur sopravvivere e allora mi sono dedicato alla preparazione del Natale anch’esso dimezzato poiché per la seconda volta consecutiva, a causa della pandemia, l’abbiamo trascorso, io e la mia famiglia lontano dai parenti napoletani.
Appena però ho avuto un po’ di tempo, ho fatto una piccola ricerca online e mi sono reso conto, anche se onestamente già lo sospettavo, ma non avevo i numeri, di quanto fosse aumentato in maniera spaventosa l’abuso di alcol tra gli adolescenti durante la pandemia, non che prima le cifre fossero rassicuranti ora però ci troviamo di fronte a una vera e propria emergenza sociale.
I ragazzi di cui si sta parlando sono quelli che gli esperti hanno definito Generazione Z o “zoomer” ovvero tutti quelli nati tra il 1995 e il 2010 che non vanno più alla ricerca del piacere attraverso alcol e droghe, come era stato per le generazioni precedenti, adesso l’alcol e le droghe servono loro per perdere il controllo, perdersi per cercare di fuggire da un vuoto esistenziale divenuto ormai insopportabile, del quale, spesso, sono inconsapevoli. E allora ecco che un’intera generazione di giovani si lascia divorare dalle conseguenze terribili dell’abuso di alcol e di sostanze stupefacenti. In Italia si comincia a bere in maniera smodata a 12 anni e poco dopo, molti di loro, finiscono in pronto soccorso in preda al coma etilico. Il prof. Emanuele Scafato, direttore dell’osservatorio alcol dell’ISS ha dichiarato che “Delle 48.000 intossicazioni da alcol registrate nel 2020 nei pronto soccorso, il 17 per cento ha riguardato minori di 14 anni”.
Traducendo tutto ciò in numeri significa che nel primo anno della pandemia abbiamo avuto un +446 per cento di alcol consumato in Italia, +209 per cento nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni. Un abuso spaventoso di alcolici causato da ansia, depressione, sindrome da isolamento causate a loro volta dalle aperture e dalle chiusure provocate dalla pandemia. È bene precisarlo, l’alcol tra i giovani c’è sempre stato, ciò che spaventa è la quantità smisurata di alcolici che viene consumata da ragazzini e ragazzine di 12 – 13 anni e oltre. Il prof. Scafato continua con la sua triste analisi dei dati affermando che gli adolescenti definiti già alcolizzati sono oltre 6000 e rappresentano il 10 per cento dei circa 67000 alcoldipendenti seguiti dalla sua struttura.
Quando un insegnante si sente dire da un proprio alunno che a Natale ha voglia di sbronzarsi, sente il dovere di metterlo in guardia sulle nefaste conseguenze di un tale atteggiamento anche se dentro di sé pensa a quando era lui un adolescente e ogni tanto la “sbronzetta” capitava, è capitato anche a me e ricordo bene l’euforia del prima e i terribili mal di testa del dopo, però quelle sbronze, seppur criticabili, non avevano, in genere, una finalità autodistruttiva, al massimo servivano a darci un po’ più di coraggio nell’approcciare la splendida ragazza della quale eravamo perdutamente innamorati.
Adesso le cose sono cambiate molto, ripenso agli occhi del ragazzo che mi dice di volersi “rimbambire” di alcol durante le feste e dietro quello sguardo, apparentemente allegro, vedo solo un grande vuoto, una profonda paura generata da quella insana incertezza sul suo futuro che la pandemia, resa ancora più forte dalla scelleratezza degli adulti, dall’avidità dei ricchi, dalla malattia del potere, dal destino o da che altro accidenti, sta contribuendo in maniera determinante a rovinare con l’isolamento gli anni migliori della sua vita e delle migliaia di esistenze dei suoi coetanei.
Quando rientrerò a scuola cercherò di ricordarmi ciò che ho scritto in questo testo e così facendo spero di riuscire a immedesimarmi meglio nella complessa gioventù del ragazzo che augurandomi buone feste mi confidò di volersi perdere nell’alcol.