La giunta Zedda dovrà dimostrare che Cagliari non è Ibiza. E nemmeno Gotham City

14 Luglio 2024

[Roberto Loddo]

Massimo Zedda, sindaco di Cagliari per la terza volta, insieme alla sua nuova giunta ha di fronte una sfida difficile ma necessaria, ricostruire una città dell’accoglienza e della solidarietà. Una città a misura di cittadino che possa cambiare la rotta della pericolosa deriva della turistificazione di massa.

Cagliari sta sempre più assomigliando ad un’isoletta delle Baleari, dove i danni provocati da un sistema deregolamentato e basato sulle disuguaglianze e sulla gentrificazione sta impedendo alle persone di trovare case grazie alla prolificazione indiscriminata del turismo mordi e fuggi degli alberghi e dei Bed and Breakfast.

Un sistema che impone alle nuove generazioni di cittadini di vivere la relazione con il lavoro turistico attraverso condizioni al limite dello sfruttamento, come denunciato dal sindacato della Filcams Cgil in Sardegna: “Retribuzioni basse, finti contratti part-time, forme di lavoro nero e grigio che nascondono illeciti e abusi spesso subiti pur di lavorare”. Non possiamo immaginare il futuro del centro storico di Cagliari diviso nel nome del turismo a tutti i costi, tra le esigenze dei camerieri (spesso sfruttati) e quelle dei padroni (spesso senza scrupoli). La nuova giunta Zedda dovrà favorire il superamento di questo modello occupazionale che sta diventando insostenibile e rimettere al centro le persone, le cittadine e i cittadini.

Conosco volti e nomi di commercianti, baristi e ristoratori che hanno sempre rispettato le regole, anche a discapito degli interessi delle loro attività, perché si considerano cittadini. Perché usano la musica e la cultura per far crescere la nostra città. Perché rispettano i diritti dei contratti collettivi nazionali dei dipendenti. Perché usano i loro spazi di concessione del suolo pubblico per ciò che dovrebbe essere previsto dalle norme e non per una costante e quotidiana invasione rumorosa, rapace e cannibale delle piazze e delle strade. Sarebbe utile partire anche da loro, coinvolgere in maniera attiva la parte sana del commercio e della ristorazione che rispetta le regole insieme ai comitati dei cittadini residenti, le associazioni culturali, i musicisti e gli artisti, per condividere una prospettiva comune di benessere.

La precedente giunta di destra ha provato a distruggere quel poco che è rimasto di una città della convivenza civile e dell’integrazione. Hanno provato a costruire una narrazione tossica e irresponsabile di Cagliari, complice anche certa stampa, una narrazione urbana immaginaria, come se abitassimo nella Gotham City di Batman piena di criminali. L’ex sindaco si è finto sceriffo e la sua maggioranza di destra verrà ricordata per essersi preoccupata solo del decoro e dei panni stesi. La paura e la discriminazione non sono medicine che hanno funzionato. Mai. In nessuna città.

Ma la “grande bellezza” di Cagliari non può essere un sufficiente metro di misura per valutare anche il suo sistema di protezione sociale per le persone più deboli ed emarginate. Spesso questo elemento rappresenta una forte contraddizione. È proprio la grande bellezza del volto buono della città a limitare la vita delle persone più emarginate. Se serve un equilibrio normativo contro il far west degli alloggi brevi, serve soprattutto una urgente regolamentazione dei processi di esclusione. La vita poveri di Cagliari sta peggiorando, in maniera progressiva e in assenza di politiche sociali adeguate e in assenza di un sistema efficiente di sostegno all’emergenza abitativa.

Ogni persona eletta nel nuovo consiglio comunale, compresa la nuova giunta, dovrebbe fare una formazione di almeno una settimana all’interno della complessa macchina del servizio sociale del comune di Cagliari. Ritengo che la qualità della proposta politica del futuro dei progetti di vita delle persone che vivono la povertà e il disagio sociale migliorerebbe. Ne sono convinto.

Una formazione mirata a vedere cosa succede con i propri occhi, per avere l’opportunità di parlare con le persone, gli operatori, gli utenti all’interno delle sedi dei servizi sociali territoriali e non solo. Sarebbe cosa utile e preziosa se il nostro consiglio e la nostra giunta visitasse i centri di accoglienza, le case-famiglia, le comunità, i Centri di salute mentale, il Centro alcologico e per le dipendenze da gioco, il Serd, gli “abitare condivisi”, la mensa della Caritas, l’ufficio per l’esecuzione penale esterna, i servizi per l’emergenza e l’accoglienza fino ad arrivare ai volontari che consegnano cibo e coperte ai senza tetto. Ecco io sono convinto che dopo aver fatto una chiacchierata nelle sale d’aspetto di questi luoghi la percezione politica verso la costruzione di una città dell’accoglienza e della solidarietà cambierà. Radicalmente.

Poco prima delle elezioni comunali è uscito il Rapporto annuale dell’Istat che ci racconta come i nuovi poveri sono i lavoratori dipendenti, e i più a rischio giovani, donne e persone straniere. La povertà assoluta ha toccato i massimi degli ultimi dieci anni. Questi dati ci raccontano una città che, non nei prossimi anni, ma domani, non riuscirà più a nascondere il disastro sociale delle persone e delle famiglie emarginate che aumenteranno insieme a nuove forme di povertà. Stiamo scivolando verso il baratro di una crisi sociale senza precedenti, con le bollette delle famiglie che triplicano insieme ai beni di prima necessità, con il diritto alla casa negato, il diritto allo studio negato, il diritto al lavoro negato.

La nuova giunta di Cagliari dovrà costruire un sistema delle politiche sociali con anticorpi resistenti alle disuguaglianze. Anticorpi in grado di affrontare il virus delle vecchie e delle nuove povertà urbane. Il futuro possibile che la nuova giunta può costruire è quello di mettere da parte gli orientamenti verticali, istituzionalizzanti, repressivi e polizieschi per favorire l’autonomia, la crescita sana e il dinamismo dal basso dei cittadini a partire da coloro che vivono condizioni di povertà e disagio. Da tutti. Compresi i cittadini delle comunità straniere.

La nuova giunta dovrà promuovere la crescita di tutte le dimensioni territoriali della città, comprese le fasce più deboli che abitano le nostre periferie, ascoltandole e rendendole protagoniste dei processi di trasformazione sociale degli spazi pubblici delle loro comunità.

Possono farcela, ma devono agire da subito.

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