La guerra è in Ucraina ma il vaso di Pandora è in America latina

12 Marzo 2022

[Maurizio Matteuzzi]

L’onda lunga della guerra fra Russia e Ucraina – meglio, fra Russia e NATO per interposta Ucraina – sta arrivando, e rischia di arrivare con forza ancor più dirompente nel prossimo futuro, ben oltre i limiti attuali del conflitto.

In Africa e Medio Oriente, dove da qualche anno la presenza russa nelle sue diverse forme – politica, economica, militare – è molto attiva. E in America latina, dove in qualche misura Mosca è “di casa” da più di mezzo secolo (crisi con gli USA di Kennedy sui missili sovietici a Cuba nel ’62) e la sua “minaccia” al “mondo libero”, leggi Stati Uniti, è molto più diretta. Specialmente se la si guarda, pur con tutte le sue differenze, nell’ottica dell’aggressiva e inarrestabile offensiva economica della Cina nel subcontinente americano negli ultimi vent’anni: nel 2002 volume totale del commercio Pechino-America latina 18 miliardi di dollari, nel 2022, dicono i cinesi, 400 miliardi.

Assediata dalla Nato, la cui trentennale politica di accerchiamento-strangolamento della Russia dopo la caduta del muro di Berlino e l’implosione dell’URSS è all’origine del conflitto in corso (senza per questo voler giustificare l’abominevole attacco militare di Putin all’Ucraina), Mosca cerca di allargare il campo e muovere le sue pedine lontano dall’est Europa.

Quando nel gennaio scorso il viceministro degli esteri russo Sergei Riabkov ha detto a Ginevra di “non poter confermare né escludere” l’invio di “risorse militari” a Cuba e Venezuela, il consigliere per la sicurezza nazionale di Biden, Jake Sullivan, ha liquidato quell’uscita come “una spacconata”.

Probabilmente una spacconata ma altri, di fronte all’offensiva politica, diplomatica, economica, militare e anche umanitaria (l’aggressiva “diplomazia del vaccino”) di Russia e Cina in America latina, hanno reagito in modo diverso: è la fine della vecchia Dottrina Monroe (“l’America agli americani”) in quello che per un secolo è stato “il cortile di casa” di Washington;  è l’apertura del mitico vaso di Pandora in una regione in fibrillazione, devastata sul piano sociale ed economico dalla pandemia e impegnata in processi elettorali che sembrano annunciare un ritorno, dopo un ventennio, della “marea rosa”.

Una svolta che a parte gli alleati “storici” di Mosca nella regione – Cuba, Venezuela, Nicaragua – vede ormai molti leader “progressisti” al potere: in Messico, Honduras, Bolivia, Argentina, Cile, Per, a cui hanno buone probabilità di aggiungersi nel corso dell’anno il Brasile del redivivo Lula e perfino la Colombia del socialdemocratico Gustavo Petro. Un quadro che delinea quella che la destra USA ma non solo definisce “la nuova ondata socialista e autoritaria”.

Un quadro ancora difficile da leggere ma in grande movimento, basti pensare alla delegazione USA arrivata giorni fa a Caracas per incontrare “il narco-dittatore” Maduro e sondare il suo interesse a riprendere, nonostante le sanzioni, la vendita di petrolio venezuelano a Washington nel caso che Biden decida di tagliare quello russo.

La guerra guerreggiata è in Russia e Ucraina ma il vaso di Pandora è in America latina.

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