La legge del taglione
17 Ottobre 2023[Gianni Loy]
Ridateci la legge del taglione! Sì proprio la lex talionis quella che consentiva di infliggere a chi avesse arrecato, intenzionalmente, un danno ad una altra persona, di infliggere a quest’ultima, a sua volta, un danno anche uguale all’offesa ricevuta: occhio per occhio, dente per dente.
Una norma – comune nell’antichità con diverse varianti – che di solito ascriviamo alla barbarie o ai codici, brutali, della vendetta. Codici che – sia radicati nella cultura di alcuni popoli, sia recepiti dall’ordinamento giuridico dell’epoca – sono stati soppiantati dal progresso. Un progresso che ci ha insegnato la funzione riabilitativa della pena e che ha portato l’umanità all’abolizione della pena di morte – seppure con poche, ma ahinoi significative eccezioni – .
Con diversi percorsi: per le chiese cristiane con la predicazione della legge del perdono; per gli ordinamenti giuridici, quando non direttamente influenzati dai precetti della nuova religione, dal ripudio del barbaro principio della vendetta.
Vuol dire che si sentiamo migliori dei nostri antepassati: civiltà versus barbarie?
Un momento. Ci sfugge, probabilmente, che quelle antiche regole, a partire dal codice di Hammurabi sino alle diverse versioni dei legislatori successivi, non erano affatto norme che incitavano o riconoscevano il diritto alla vendetta ma, proprio al contrario, erano norme elaborate proprio per contrastare l’istintivo costume della vendetta privata che, spesso, si proponeva di infliggere all’offensore una pena fortemente sproporzionata rispetto al danno ricevuto. Fenomeno descritto nella Bibbia quando Lamech pretende che la sua vendetta sia settanta volte sette maggiore del torto subito. Ma, ancor prima della legge del taglione, ha un limite persino la vendetta illimitata nei confronti di Caino per aver ucciso suo fratello. Egli sa che: “chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere”, ma il Signore dice che “chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte”.
Oltretutto, già il codice di Hammurabi prevedeva una restrizione anche temporale per la vendetta: I maschi della famiglia dell’omicida “possono incorrere nella vendetta entro le prime 24 ore dell’avvenuta uccisione. Spirate che siano le 24 ore la famiglia dell’ucciso dovrà dare la garanzia della tregua”.
Insomma: la legge del taglione intendeva limitare ogni eccesso nella vendetta e non consentiva di infliggere un danno illimitato a chi ti abbia fatto del male.
L’idea di un limite, di una proporzionalità, è del resto ripresa dal diritto internazionale in presenza di conflitti armati. Laddove vieta atti di rappresaglia nei confronti della popolazione civile, impone il rispetto di regole volte a garantire la sicurezza dei civili: non sparate sulla croce rossa!
Ma la rappresentazione che si presenta davanti ai nostri occhi è totalmente differente. Alla vendetta non c’è limite. I civili, tutti, più e prima dell’esercito nemico, sono le prime vittime di crudeli attacchi; la risposta al barbaro massacro vuol essere settanta volte sette più pesante del danno subito. I civili, come sempre più avviene nelle guerre moderne, sono le prime incolpevoli vittime.
Il diritto di guerra, le elementari regole umanitarie che dovrebbero impedirci di ricadere nella barbarie, è vilipeso. I rappresentanti in terra delle divinità monoteistiche, inascoltati.
Chi abbia ragione non importa, se ciò che ci sta a cuore è evitare di precipitare nella barbarie – ma già ci siamo, lo stesso lessico dei governanti e dei cronisti fa accapponare la pelle – è darci ragione di quale futuro ci aspetta.
Nelle menti, e nel cuore, dei giovani che hanno visto trucidare i loro cari, i loro genitori, i loro amici, non potrà che crescere l’odio, un odio sempre più forte e prepotente che alla prima occasione riesploderà. Un sentimento analogo metterà radici nei giovani e giovanissimi scacciati dalla loro terra, con nelle orecchie il tuono dei cannoni e l’ultimo grido dei fratelli che cadono, sotto una pioggia di bmbe, al loro fianco. Molti di essi, fatalmente, saranno i nuovi terroristi, con tanto odio addosso da essere disposti a sacrificare la loro stessa vita. Anche perché “una vita da bestie” – come ci ricorda Bertol Brecht nel raccontare la Comune di Parigi – è assai peggio che morire.
Franco, nei giorni scorsi, ha rispolverato quanto scrivevamo nel nostro giornale, nel giugno del 1967, all’indomani della guerra dei sei giorni. Tragico pessimismo di noi che – ancora ragazzi – organizzavamo la nostra prima veglia di preghiera per la pace:
Poi, Caino uccise Abele.
Poi, i figli dello stesso padre ebbero la pelle diversa.
Adesso l’odio è nel mondo,
la guerra è nel sangue di tutti.
La guerra è nel cuore.
A oltre mezzo secolo di distanza, non è cambiato nulla. Anzi, il cielo è sempre più oscuro. Ridateci la legge del taglione. Almeno prevedeva proporzionalità nella vendetta, almeno imponeva una fine alla faida.