La legge eterologa
1 Agosto 2013Silvana Bartoli
Ho chiesto a un sacerdote perché la Chiesa è contraria alla fecondazione eterologa e il sacerdote, che è anche insegnante di religione in una scuola statale, ovvero scelto dal vescovo ma pagato da noi, mi ha guardata tra il perplesso e lo scandalizzato: “Come, non sai che fecondazione eterologa significa che il padre è un uomo esterno alla coppia, ovvero il bambino ha tre genitori?”.
“Ma non è esattamente la condizione di Gesù di Nazareth?”, ha chiesto il mio relativismo illuminista.
“No – ha risposto ancor più scandalizzato – Lui è figlio di Dio, generato per opera dello Spirito Santo”.
Il mio relativismo si è chiesto se non fosse il caso di cambiare semplicemente i termini usati: forse basterebbe dire fecondazione divina anziché eterologa, d’altra parte per i credenti non siamo tutte e tutti figli e figlie di Dio?
Ma quest’ultima domanda non ha ricevuto risposta.
Forti dello Spirito Santo i cattolici hanno imposto una legge sulla “Procreazione medicalmente assistita” (legge 40) approvata nel 2004 e confermata da un referendum senza quorum del 2005. Molte coppie hanno aggirato i divieti cercando aiuto all’estero; per quelle che non hanno potuto la legge è stata causa diretta di centinaia di rischiosissime gravidanze trigemine, e causa indiretta di centinaia di aborti terapeutici prodotti dal divieto di diagnosi pre-impianto. Riammessa (in parte) dalla ministra Livia Turco nel 2008, la diagnosi pre-impianto, in seguito a decine di ricorsi nei tribunali, è stata resa legale da una sentenza della Consulta nel 2009.
Ma nel 2011, governo Berlusconi, la sottosegretaria Eugenia Roccella ha depositato nuove linee guida per ribadire l’illegittimità della diagnosi pre-impianto.
In sintesi: la Legge 40 è stata bocciata nelle aule dei tribunali ben diciassette volte in otto anni; l’Italia può dunque essere fiera di una legge in netto contrasto con il resto d’Europa, Spagna, Inghilterra e Belgio in particolare, dove possono diventare madri anche le donne single, con il ricorso alla banca del seme, o l’adozione di un embrione.
La suddetta legge sta comunque perdendo i pezzi in virtù di molti suoi aspetti ritenuti incostituzionali – da ultimo è arrivata anche una sentenza della corte europea di Strasburgo – ma tutte le proposte per riformarla non riescono ad arrivare in sede parlamentare, forse perché la legge 40 è stata accanitamente voluta dalla religione maggioritaria e, soprattutto, da quei politici che si sentono più vaticani che italiani.
Credo non sia inutile ricordare a molti deputati e senatori che l’Italia è una repubblica mentre il Vaticano è una monarchia assoluta sedicente di diritto divino, dove non sono previsti cittadini ma solo sudditi.
La legge 40 è una legge che ha come obiettivo principale il controllo del corpo femminile, da sempre ossessione da chi si è fatto “eunuco per meritare il regno dei cieli”, secondo l’espressione di una teologa tedesca.
Un altro prodotto dell’ossessione per il controllo del corpo femminile è la guerra contro la legge 194: il numero esorbitante di medici obiettori (la sanità è divenuta feudo di Comunione e Liberazione) sta resuscitando alla grande l’aborto clandestino; in nome della difesa della vita.
E non si sa se ridere o piangere quando il direttore di Famiglia Cristiana dice seriamente che i politici cattolici non incidono come si deve sulla società italiana, ad esempio non si sono impegnati abbastanza contro gli F35, come fanno invece alcuni gruppi parrocchiali guidati da un sacerdote che gira per le scuole mostrando quanti ospedali si potrebbero costruire con il costo di un F35: ma il direttore di Famiglia Cristiana sa che il suo datore di lavoro, il Vaticano, è proprietario di una banca, che si chiama Istituto per le Opere di Religione, il cui governatore, Ernest von Freyberg, è un produttore di navi da guerra?
Tanto per capire: com’è che non si è mai vista una manifestazione di gruppi cattolici davanti a una fabbrica di armi? Se l’oggetto interessa, in nome della difesa della vita, ve ne sono molte in provincia di Brescia e gli indirizzi sono su Internet.
I cattolici adulti ripongono grandi speranze nel nuovo papa ma, anche chi non prende sul serio il “fabulario dogmatico” della religione maggioritaria, non può fare a meno di guardare a lui con interesse: Francesco I si ricorderà che esiste una differenza tra repubblica e monarchia? Noterà che le leggi repubblicane non devono necessariamente andare d’accordo con la fede monarchica? Vedrà l’abuso, per non dire truffa legalizzata, degli insegnanti di religione scelti dal vescovo e pagati dalla repubblica?
“S. Pietro non aveva un conto in banca”, ha detto papa Francesco, ma il Vaticano continua a usare l’Italia come bancomat. La crisi economica morde tutto il pianeta ma quale altro paese al mondo deve mantenere uno stato estero?
Il bisogno del divino abita in ogni essere umano ma in nome di quale fede si può accettare che una repubblica debba mantenere una monarchia assoluta?
Quando i successori di Pietro rinunceranno alla decima sul raccolto dell’Italia, non del Vaticano, che oggi si chiama “8 per mille”? E i Memores domini rinunceranno alla villa da 3 milioni per le devote vacanze in Sardegna?
Se papa Francesco non mette mano a queste cosette, tutto il resto odora di gattopardo.
Il card. Bagnasco si è schierato contro il referendum di Bologna per abrogare il finanziamento comunale alle scuole cattoliche. Secondo il cardinale è “pretestuoso” che il referendum si appelli all’art. 33 della Costituzione. Prima di tutto Bagnasco dovrebbe leggersi l’art. 33, ma è ancora più grave che quell’articolo sia stato beffato da due “politici” di lungo corso per i quali la Costituzione Italiana dovrebbe essere Vangelo: D’Alema e Luigi Berlinguer hanno aperto la strada al fiume del finanziamento pubblico alle scuole private.
Quale logica politica può suggerire di beffare la propria Costituzione per favorire uno Stato estero?
Se il Parlamento di una Repubblica permette a una Monarchia di dettare le leggi, non ci si può meravigliare se i Kazaki si sono convinti di poter manovrare il Ministero degli interni.