Contro la legge-truffa elettorale regionale
11 Aprile 2014Redazione
Presentato il ricorso contro la legge-truffa elettorale regionale. Come annunciato, oggi 25 elettori ed elettrici democratici della Sardegna, rappresentati dagli avvocati Andrea e Paolo Pubusa, hanno depositato al Tar Sardegna un ricorso col quale si impugnano l’atto di proclamazione degli eletti effettuato il 13 marzo scorso dalla Corte d’appello di Cagliari. Si avvia, con il deposito odierno del ricorso, l’iter processuale che, nell’intendimento dei proponenti, dovrebbe portare la legge elettorale all’esame della Corte Costituzionale.
Quali censure muovono questi cittadini e cosa chiedono al Giudice amministrativo?
La violazione della parità uomo-donna.
In nessun paese neppure del terzo mondo esistono assemblee elettive dove su 60 componenti vengono elette solo 4 donne, mentre le elettrici sono – com’è noto – almeno la metà degli aventi diritto al voto. Le donne sarde non possono subire senza reagire questa offesa alla loro dignità. La democrazia sarda non può tollerare questo vulnus, che può essere scongiurato solo con una rappresentanza in Consiglio regionale più o meno paritaria fra uomini e donne. Si impugna quindi l’atto di proclamazione degli eletti e si solleva la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge elettorale sarda, nella parte in cui non prevede la possibilità per l’elettore o elettrice di dare due preferenze, la seconda delle quali a candidato/a di genere diverso da quello/a cui ha dato la prima preferenza. Si viola l’art. 1, 3. 49, 52 e 117, comma 7, Cost, nonché l’art. 16 St. sardo, che prevedono il principio di eguaglianza e impongono azioni legislative positive per superare la storica diseguaglianza uomo/donna negli uffici pubblici.
Se la Corte costituzionale accoglierà questo rilievo, il Tar dovrà annullare le elezioni del 16 febbraio e si dovrà andare a nuove elezioni.
Premio di maggioranza
La seconda censura riguarda il premio di maggioranza. E’ eccessivo e privo di ragionevolezza assegnare al candidato presidente più votato, che ha il 40% dei voti il 60% dei seggi, e a quello che ha il 25% il 55% dei seggi. Questo premio di maggioranza viola il carattere uguale del voto in uscita, ossia nel momento dell’assegnazione dei seggi in violazione dell’art. 48 Cost. e 16 St. sardo.
Impugnazione delle soglie di sbarramento
E’ illegittimo poi lo sbarramento al 10% e al 5% o quantomeno il primo. Questa soglia è volta ad assicurare ai partiti maggiori il monopolio del governo e dell’opposizione. Una conventio ad excludendum per legge nei riguardi delle liste minori non allineate e coperte, che viola il carattere democratico dell’ordinamento. Si può ritenere un valore (nell’ambito della ragionevolezza) la governabilità, ma non la limitazione dell’opposizione alle forze coalizzate col candidato presidente secondo classificato. Gli effetti distorsivi del premio di maggioranza e della soglia di sbarramento hanno reso possibile l’attribuzione di seggi a liste con meno dell’1% dei voti, mentre nessun seggio è stato assegnato a liste o coalizioni o candidati che hanno riportato percentuali più alte e molte migliaia di voti. Sono stati vanificati i 120.000 voti a favore della Murgia e di Pili.
Se la Corte accoglie questi due rilievi, riformula la legge elettorale sarda in senso proporzionale e il Tar dovrà rimodellare il Consiglio, grosso modo, in proporzione ai voti presi dalle diverse liste. Entreranno in Consiglio le liste di Murgia e di Pili ora escluse.
Rappresentanza territoriale
Viene portata all’attenzione del giudice amministrativo e della Corte costituzionale anche la violazione della rappresentanza dei territori, che è anch’esso un vulnus del principio di uguaglianza del voto. Olbia e il Medio-Campidano hanno avuto meno seggi di quanti la stessa legge elettorale sarda (art. 3) ne prevede in ragione del numero degli elettori delle diverse circoscrizioni.
No alle adesioni fittizie a liste per escludere la raccolta delle firme.
Infine, bando alle furbate che consentono di esentare dalla raccolta delle firme le liste che non hanno mai eletto consiglieri regionali. Ugo Cappellacci – come si ricorderà – pur rimanendo leader di Forza Italia, il 4 gennaio ha aderito al Movimento zona Franca per consentirgli la partecipazione alle elezioni senza raccogliere firme. Ciò è stato possibile grazie all’art. 21 della legge-truffa, che viola il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.).
Quali i tempi del processo?
Ora il Presidente del Tar fisserà l’udienza prima dell’estate. In quella udienza se il Tar riterrà le questioni di legittimità costituzionale rilevanti e non manifestamente infondate (è sufficiente il dubbio sulla legittimità costituzionale), rinvierà gli atti processuali alla Corte Costituzionale. In questo caso fra un anno si avrà il verdetto. Se la Consulta accoglierà i rilievi, avremo una legge elettorale regionale civile e normale, dove si eleggeranno molte donne e i consiglieri rappresenteranno elettori sardi che li hanno scelti, come si fa nelle democrazie. Non ci saranno consiglieri abusivi, che non rappresentano nessuno.
Questo almeno è l’auspicio di chi ha presentato il ricorso: fare in modo che i sardi siano uguali nel voto e che in Sardegna sia restaurata la democrazia.
Questo risultato può ovviamente essere ottenuto (e sarebbe la soluzione ideale) con l’approvazione di una nuova legge elettorale. I ricorrenti auspicano che il Presidente Pigliaru presenti al più presto un disegno di legge in questo senso.
Precedenti: legge elettorale Lombardia
C’è un precedente importante. Sono state impugnate le ultime elezioni della Lombardia, svoltesi con una legge elettorale molto simile a quella sarda, e il Tar Lombardia con ordinanza n. 2261/2012, ha rimesso gli atti alla Consulta, che dovrebbe decidere prima dell’estate. Il ricorso contro la legge elettorale sarda riprende molte argomentazioni contenute nell’ordinanza del Tar Lombardia. E’ dunque molto probabile che il Tar Sardegna analogamente rimetta la legge elettorale sarda al vaglio di costituzionalità della Consulta.