La marcia delle donne e degli uomini scalzi
16 Settembre 2015Antonello Murgia
L’11 settembre, su proposta di un gruppo di artisti ed intellettuali, si è svolta a Venezia ed in altre 60 città italiane la marcia delle donne e degli uomini scalzi. A Cagliari si è fatto promotore dell’iniziativa il gruppo cittadino di Emergency, ma hanno collaborato numerose altre associazioni: alla fine sono risultate 85 quelle che hanno aderito.
L’iniziativa è nata perché, in presenza di un’accelerazione dei flussi migratori, vediamo moltiplicarsi sia all’estero (Orbàn, etc.) che in Italia (Salvini, etc.) i fenomeni di xenofobia e razzismo cui i grandi media invece che opporre argomenti razionali ed informazione corretta, tendono a strizzare l’occhio. Si spiega così il fatto che la popolazione italiana oggi creda che i migranti ci costino un sacco di soldi e che siano legati alla criminalità organizzata, come risulta dal sondaggio1 che ISPI e RaiNews hanno commissionato a IPSOS in occasione del Consiglio europeo del 25-26 giugno, che aveva tra i suoi temi centrali l’Agenda europea per l’ immigrazione. Dallo studio è emerso un quadro allarmante: la percentuale dell’opinione pubblica che ritiene che l’immigrazione rappresenti la principale minaccia per l’Italia, registra un forte balzo in avanti rispetto alle rilevazioni dei mesi precedenti, fino quasi a raddoppiare (dal 13 al 25%). Altro dato preoccupante è la risposta alla domanda “Il fenomeno migratorio rappresenta una minaccia alla sicurezza italiana?”: ben il 67% ha risposto che rappresenta una minaccia ed il 38% che la minaccia è legata al terrorismo.
In una condizione di crisi economica come quella grave attuale, anche l’argomento costi spaventa la popolazione. Sui social network si rincorrono i balletti di cifre: ogni migrante costa 35, no 40, macché, 65 € al giorno. Vengono accolti in alberghi 4 stelle, mentre gli italiani impoveriti dormono sotto i ponti. E così via… E allora è meglio darla qualche cifra, far sapere che la realtà è molto diversa da ciò che ci dicono i Salvini di turno. I dati forniti dall’INPS e presentati il 4 giugno scorso a Milano nel XXIV Rapporto Immigrazione Caritas e Migrantes2 ci dicono che nel 2012 (ultimi dati disponibili), i migranti presenti in Italia hanno versato 6,7 miliardi di euro di IRPEF e 8,9 miliardi di contributi INPS. Lo Stato ha invece speso 12,4 miliardi per assicurare loro sanità, scuola, centri di accoglienza, per coprire i costi dei salvataggi in mare e per pagare gli stipendi delle forze dell’ordine impegnate sull’immigrazione (rilascio permessi di soggiorno etc). C’è quindi, al netto di tutte le spese, un saldo positivo di 3,2 miliardi di euro. In media ogni straniero ha versato 3.250 euro di IRPEF, 3.800 di contributi INPS e ha ricevuto in servizi l’equivalente di 2.500 euro. La ricchezza prodotta dai migranti in Italia è pari all’8 per cento del PIL e sono almeno 316mila le imprese avviate da stranieri nel nostro Paese. Insomma, i migranti sono motore di sviluppo e non una palla al piede come vuole farci credere chi negli ultimi decenni ha depredato le fasce più deboli della popolazione e al contempo addita qualcun altro, più debole ancora, come responsabile delle proprie malefatte. E questo qualcun altro è anch’esso depredato, dai caporali che lo mettono a lavorare per pochi euro al giorno o dalle finanziarie che applicano una pesante tangente sui quattrini che i migranti trasferiscono alle loro famiglie nei Paesi d’origine. Il costo per l’invio di fondi è particolarmente alto per l’Africa, dove aziende come Western Union e MoneyGram operano in condizioni di quasi monopolio: in media i migranti pagano l’8 per cento di commissione per inviare denaro all’estero, ma in Africa subsahariana si arriva fino al 12 per cento, per un totale di 1 miliardo e 300 milioni di euro sottratti ogni anno ai bilanci delle famiglie.
L’Istituto Gallup produce ogni anno uno studio denominato “Global Emotion Report 2015”. Il Sole 24 ore ha pubblicato alcuni giorni fa il risultato dell’indagine e ai primi 4 posti sono risultati 4 Paesi Sudamericani dal PIL piuttosto basso (Paraguay, Ecuador, Colombia e Guatemala). Ciò che viene misurato non è la ricchezza finanziaria o la crescita del PIL, ma le “esperienze emozionalmente positive”, cioè il livello soggettivo di benessere. Si può criticare questo tipo di approccio, ma di sicuro è più criticabile il criterio che tiene conto solo di crescita del PIL, debito pubblico e ricchezza finanziaria. Lo studio, insomma, ci dice che la spirale egoista nella quale si sta avvolgendo l’Occidente, probabilmente non è la scelta giusta, neanche per chi ragioni in termini esclusivamente di proprio interesse personale. Perciò un atteggiamento di solidarietà verso i migranti ci sembra non solo più umano, ma anche più sano per la nostra società. E il discorso vale ancora di più per la Sardegna, le cui aree interne continuano a spopolarsi e che potrebbe giovarsi grandemente di progetti di inserimento lavorativo di questi soggetti; loro spesso hanno lamentato di essere stati tenuti praticamente reclusi nelle strutture di cosiddetta accoglienza della nostra regione, nell’impossibilità di svolgere qualsiasi lavoro.
E’ per questo che il popolo della marcia delle donne e degli uomini scalzi ha lanciato l’appello per chiedere:
1. Certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature;
2. Accoglienza degna e rispettosa per tutti;
3. Chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti;
4. Creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino.
“Perché la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme”.
Foto di Stefano Anedda
16 Settembre 2015 alle 22:24
Ho aderito alla marcia delle donne e degli uomini scalzi. Ho aderito con molte perplessità che si sono rafforzate dopo la marcia, la giudico un inutile dispendio di retorica, una forma di liturgia buona a chetare le coscienze di tante persone per bene e nulla di più. Mi sarebbe piaciuto che prima, durante e dopo la marcia si fossero affrontati temi ed argomenti che molti aderenti alla marcia preferiscono glissare: ne cito qualcuno: Il bimbo “spiaggiato” non è solo “un bimbo” egli ha un nome e gognome e una nazionalità. Una nazionalità che è stata negata prima che a lui ai suoi genitori e ai suoi nonni. Cosa abbiamo fatto noi perchè fosse riconosiuto il suo diritto ad avere una nazione?
Dicono che egli proveniva da “un teatro di guerra”: già quello stesso teatro che gli Stati europei hanno contribuito ad allestire, e che continuano a tenere in vita grazie agli armamenti, gli addestratori e per ultimo (in termini di tempo) i raid aerei dell’amica Francia. Gli aderenti alla marcia si appellano all’Europa per una rivisitazione del diritto di asilo: a quell’Europa che sogna di far sorgere immensi campi di concentramento dove poter smistare i profughi di serie A e quelli di B. I migranti per ragioni economiche (affamati dalle ragioni economiche dell’Occidente) dovrebbero essere “rispediti a casa”
E durante la marcia non mi sembra di aver sentito forte e chiara una parola contro questo tipo di politiche di rapina. e nemmeno sulla guerra in Siria, per non parlare della Libia.