La politica sarda del binario morto

16 Gennaio 2017

Stazione di Tirso – da sardegnaabbandonata.it

Graziano Pintori

La Sardegna è stata definita per le sue varietà climatiche, orografiche, floro – faunistiche ecc., quasi un continente. L’isola anche nei collegamenti e trasporti, pur nei limiti che la caratterizza dal resto d’Italia, presenta aspetti di accentuata differenza. Alghero, dopo la recente privatizzazione dell’aeroporto, riattiva la continuità aerea con l’Italia e, di conseguenza, anche un certo circuito economico molto importante per la città e il suo territorio. Così Cagliari con il rilancio del Porto Canale e la scelta della città come meta desiderata dalle multinazionali del turismo, vede sbarcare migliaia di turisti dalle mastodontiche navi da crociera; Olbia con i sultani del petrolio e padroni della costa Smeralda può contare sull’efficienza del porto e dell’aeroporto, quali porte girevoli di entrata e uscita dall’isola dei passeggeri e dell’indotto che ne consegue. Inoltre tutti questi centri, compresi Sassari e Oristano, fruiscono del servizio, non secondario anche sotto l’aspetto economico, delle ferrovie dello Stato.

E Nuoro? Nuoro è ferma su un binario morto. No, non è una battuta, ma la cruda realtà di una città capoluogo che vede l’unica linea ferroviaria chiusa, anche se a scartamento ridotto. Ciò avviene dopo 127 anni di andirivieni lento e a- caotico, dopo aver garantito il saliscendi di passeggeri lungo i 63 chilometri che separano Nuoro da Macomer; oggi la continuità territoriale tra Barbagia e Marghine è stata affidata ai bus dell’ARST. Considerando l’Ogliastra, il Barigadu, il Mandrolisai, il Nuorese con le Barbagie, il Goceano senza ombra di dubbio la Sardegna può essere considerata quasi un continente anche dal punto di vista dei trasporti. Se fra le cause dello spopolamento individuiamo l’assenza dei collegamenti e trasporti capiamo subito perché la Sardegna può essere paragonata a una ciambella di salvataggio, in cui il vuoto centrale rappresenta la fuga dalle zone interne verso le coste. Perciò c’è da chiedersi: “Ma la regione sarda – Pigliaru e i luminari dell’economia made in sardinia – cosa fanno oltre ad organizzare corsi di formazione per i giovani, con l’intento di fare impiantare nuove e piccole imprese senza preoccuparsi di quelle che chiudono dopo pochi mesi o qualche anno?”.

Eppure i dati sullo spopolamento dovrebbero far pensare a qualcosa di diverso ed efficace, come quello di porre fine all’isolamento in cui versano i tanti comuni montani e collinari. Il dato generale riferisce che su 377 comuni 250 subiscono gli effetti dello spopolamento; per molti di questi sono state rese le date della loro fine: chi fra 20 anni, chi entro i prossimi 40 e 60 anni. Paesi ormai vuoti, senza servizi scolastici, sanitari, postali e di sicurezza, un destino al quale non sfugge neanche il capoluogo barbaricino che vede la soppressione di servizi e posti di lavoro importanti, come quelli della Banca d’Italia, Tesoro e Ragioneria dello Stato, dell’ex Provveditorato agli Studi, ridimensionamento dei servizi postali, la scomparsa dell’Enel, della Telecom, la verticalizzazione delle scuole e conseguenti soppressioni di classi e posti di lavoro; il disastro di Ottana con il conseguente sconvolgimento economico produttivo di tutto il territorio.

Ciò non basta, anche il mondo pastorale con tutto l’indotto che da esso dipende è in forte crisi: un litro di latte ai pastori viene pagato meno di una bottiglia d’acqua acquistata nei supermercati. La risposta della RAS, come se fosse avulsa da questa realtà territoriale, si fa sentire con i tagli all’Università nuorese, un modo maldestro di negare a questo territorio la possibilità di programmare un futuro all’insegna della cultura e della crescita civile, con l’intento, fra l’altro, di fermare la fuga dei giovani verso sedi più appropriate e sicure. Di fatto si nega l’antitesi alla cultura e all’economia militarista che, secondo l’attuale amministrazione comunale, alla pari delle precedenti e della Regione Sarda, ne conseguirà con l’attivazione della caserma di Prato Sardo.

La chiusura dell’unico binario ferroviario, quindi, non fa altro che accentuare il quadro malinconico di una cittadina che si avvia, con tutto il territorio che rappresenta, inesorabilmente verso la via del tramonto. I nostri antichi padri già dalla fine dell’800 contestavano e manifestavano nelle piazze contro lo Stato presente in quelle terre solo con i giudici, i gabellieri e i poliziotti. Protestavano perché nel progetto di dotare l’isola delle linee ferroviarie da Cagliari a Olbia, Nuoro ne era completamente esclusa dal momento in cui non era presa in considerazione la costruzione della trasversale ferroviaria Macomer – Orosei via Nuoro, con stazioni a Orgosolo, Oliena, Dorgali, Galtellì. Purtroppo allora, come oggi, le promesse e le false illusioni prevalsero sui fatti e dopo oltre un secolo ha avuto ragione la realistica lungimiranza del deputato Siotto Pintor, quando  dallo scranno del Parlamento tuonò:” Le strade ferrate costano milioni e se oggi, nel 1875, si cadrà nell’errore, passerà qualche secolo prima che si sia voluto e potuto ripararvi, e Nuoro non vedrà neppure in lontananza il fumo del vapore…” Oggi la linea Macomer – Nuoro – Macomer a scartamento ridotto, in capo alla Regione Sarda e gestita dall’ARST, è un binario morto. E’ fuori gioco. Altro che ferrovie statali!

Si dirà: “ I tempi…i tempi ohiai!”. I politici nostrani di oggi, ai quali non manca la faccia tosta tipica dei supponenti, dicono di essere al servizio dei sardi e della Sardegna, nonostante gli indici della disoccupazione giovanile siano fra i più alti d’Italia e lo spopolamento stia desertificando paesi e campagne che neanche le peggiori catastrofi sarebbero in grado di provocare. A proposito di collegamenti e informazione, essendo in era internet, i soliti politici anziché preoccuparsi della realtà, della concretezza delle questioni preferiscono volgere il loro interesse verso la virtualità. Il prossimo 27 gennaio l’associazione Kaboom alla presenza dei nostri politici regionali e parlamentari vari s’incontreranno per discutere  di “La politica al tempi dei like”, ovverossia rapporto tra social network e la politica, ovverossia in assenza del rapporto diretto e concreto tra politica e problemi della gente si antepongono collegamenti virtuali. Ovverossia sulla virtualità tutto è costantemente in itinere e impalpabile, come in un sogno, come quello a cui è stata ridotta la tratta Macomer –Nuoro – Macomer.

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