La propaganda del potere
1 Luglio 2010Valeria Piasentà
Gianfranco Mascia nasce professionalmente come PR in Emilia Romagna, ora si occupa di comunicazione web e di politica. Non è un caso: chi proviene dalle arti, più in generale dalla comunicazione, ha fiutato immediatamente la raffinatissima campagna attivata per la ‘discesa in campo’ di Berlusconi nei primi anni ’90, volta a confezionare e vendere il prodotto-politica con gli stessi mezzi e le stesse strategie usati per pubblicizzare la nuova marca di un detersivo o di un tonno in scatola. La costruzione a tavolino dell’Uomo Nuovo, dell’unto dal Signore ‘che scende in politica suo malgrado’ col corollario di un culto estremo della personalità, non può che averlo allarmato. Così nel 1993 Mascia fonda i comitati Bo.Bi, boicotta il Biscione, Vauro gli regala il logo: un Berlusconi vestito da gerarca fascista con un cagnolino che gli fa pipì sui piedi. Per questa iniziativa Mascia ha pagato con una aggressione violenta in perfetto stile squadrista. Poi compare fra gli organizzatori dei girotondi, di Io partecipo con Ivan Scalfarotto, fra i consulenti di alcuni partiti della sinistra, dai Verdi in cui milita a Sinistra Arcobaleno e Sinistra e Libertà. Nell’ottobre del 2009 comincia a formarsi sul web quel movimento di base che il 5 dicembre 2009 sfocerà nella manifestazione romana del NoB-day con un milione di persone a chiedere le dimissioni di Berlusconi, Mascia è fra gli organizzatori dell’evento. Ora è uscito con un nuovo libro dove racconta queste esperienze mentre lancia iniziative di viol@zioni (la foto lo ritrae al centro di una viol@zione contro il ddl intercettazioni) e boicottaggi economici: Il libro viola-Storia del movimento NoB-day edito da BeC Dalai. Una parte dei proventi verrà devoluta all’organizzazione del Popolo Viola. Gli abbiamo posto qualche domanda sulla comunicazione e la propaganda politiche.
Che peso riveste la comunicazione alternativa nella costruzione della cultura politica di base? può il web costruirsi come una alternativa in Italia dove si leggono pochi libri e giornali, dove i contenuti della TV governativa monopolizza l’informazione caratterizzandosi come unica finestra sul mondo dalle case di tanti cittadini? se sì, come?
Oggi grazie ai social network c’è stata una vera esplosione di connessioni fra persone con le stesse caratteristiche o con un “comune sentire”. Lo sviluppo di Facebook dimostra come stiano cambiando sia l’approccio che l’utilizzo degli strumenti che il web mette a disposizione degli utenti. Nato come tentativo di connettere tra loro gli studenti universitari USA per ragioni puramente ludiche (trovare gli amici ed organizzare party), al suo arrivo in Italia è stato utilizzato nelle stesse modalità soprattutto da un pubblico molto giovane (sotto i 25 anni). Mano a mano che si è esteso il suo utilizzo a fasce di età sempre maggiori e a ceti maggiormente scolarizzati, si è scoperta la sua duttilità nel mettere in rete persone con l’esigenza di condividere e relazionarsi per scambiarsi opinioni politiche e sociali e per organizzare piccoli o grandi eventi. Evoluto quindi il suo utilizzo, si sono anche gonfiate le aspettative degli utenti. Da piccoli eventi con poche unità di partecipanti (soprattutto flash mob o piccoli presidi) si è passati ad organizzare mobilitazioni sempre più impegnative, fino ad arrivare al 5 dicembre 2009: il No Berlusconi Day, interamente organizzato sui social network, ha portato un milione di persone a Roma, in P.zza San Giovanni, per chiedere le dimissioni del presidente del consiglio. Da allora tante altre iniziative di tipo politico e sociale si sono susseguite, magari non con lo stesso peso numerico del No B Day, ma con caratteristiche simili in termini di autorganizzazione e autopromozione. Penso che, per alcuni utenti specifici, il web stia già sostituendo la televisione non più solo come intrattenimento, ma anche per la ricerca e condivisione delle informazioni. Io ho la sensazione comunque che l’informazione in rete non sostituirà quella della carta stampata. Piuttosto emergeranno gli editori che sapranno sfruttare al meglio le sinergie tra web e giornali tradizionali, come stanno dimostrando l’esempio del NWT negli USA e de Il Fatto Quotidiano in Italia. Quanto alla TV, l’evento Rai per una notte (promosso, diffuso ed organizzato principalmente tramite il web) è la dimostrazione che la medesima sinergia è importante stabilirla anche tra web e televisione tradizionale. Per rischiarare questo clima buio da fine regno, ecco una notizia divertente. Non solo i manifestanti versano letame davanti alle Borse come atto di protesta anticapitalista: l’artista statunitense Paul McCarthy ha realizzato un enorme escremento in travertino marrone per la XIV Biennale di Scultura di Carrara, e l’ha deposto in corso Roma davanti a una banca (solo incidentalmente vicina all’ingresso dell’Accademia di Belle Arti e all’aula di chi scrive…). Poi qualche spirito anarchico locale, o più probabilmente qualche artista vista la raffinatissima qualità degli oggetti, ha completato l’installazione con scopa e paletta metalliche alte 2 metri, prontamente rimosse prima dell’inaugurazione. Morale? solo una società incivile può spingere l’artista a inseguire l’utilità sociale dell’arte oltre ogni limite espressivo, anziché il suo destino: la bellezza.
Mario Perniola in Contro la comunicazione scrive: «La comunicazione è l’opposto della conoscenza. E’ nemica delle idee perché le è essenziale dissolvere tutti i contenuti», quindi ti chiedo: dalle varie esperienze di partecipazione attiva (penso alle tue del Bo.Bi e Popolo Viola, ma anche di Grillo e i movimenti territoriali No-Tav, NoDal Molin, ecc.) può nascere un nuovo modello partitico con una chiara cultura politico-filosofica, che alla democrazia rappresentativa raccordi la democrazia partecipativa?
Io rispondo che la comunicazione può essere il contrario della conoscenza, ma non sempre è così. Certo, la comunicazione ha come principale obiettivo quello di “esaltare” un determinato messaggio, in riferimento a chi sia il committente. Se il committente è un potere forte – e questo capita spesso soprattutto in Italia – la logica conseguenza è che si dissolvano e si stemperino i contenuti per accontentare il mandatario. Se il committente è sociale, collettivo, fluido, come negli esempi che indichi tu, allora c’è sicuramente la possibilità che comunicazione e conoscenza vadano a braccetto.
Per quanto riguarda la democrazia partecipativa, penso sia necessario sfondare il “muro di gomma” che i partiti hanno elevato per proteggersi da qualsiasi possibilità di osmosi con i cittadini. Io credo ancora nel ruolo importante dei partiti, esattamente come indicato dall’art. 49 della Costituzione, soprattutto in riferimento al “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.” Lo sforzo enorme che i cittadini dovrebbero fare è riuscire a ricollocare i partiti italiani al centro della vita sociale e politica del nostro Paese. Togliendoli dalla loro autereferenzialità. I partiti non possono essere i protagonisti del “teatrino della politica”, sparlandosi addosso senza nessun legame con le reali esigenze della società che vogliono rappresentare.
La democrazia partecipativa va conquistata giorno per giorno, influenzando i nostri partiti di riferimento con iniziative (stile MoveOn degli USA) che riescano a incidere concretamente. Ma per fare questo è necessario passare dalla fase della protesta a quella dell’analisi e delle concretizzazioni di progetti
Che ne pensi del modello comunicativo in assoluta controtendenza della Lega Nord, fondato sul contatto personale, sulla ripetizione di pochi e semplici concetti, sul recupero di un rituale ciclico e di un universo simbolico pre-moderno e in alcuni casi pre-razionale? perché questo linguaggio ottiene larghi consensi? si può smascherare la finta ingenuità di una propaganda costruita con l’ausilio di storici e antropologi?
Non penso serva essere né storici né antropologi per vedere come le origini “padane” non si ritrovino certo nei riti celti e nella cultura pagana: un’ascendenza creata ad arte per rinsaldare agli inizi l’appartenenza non solo a un partito, ma a una cultura, quasi a una razza. Il brusco e repentino cambiamento in chiave cristiana svela l’opportunismo della Lega, che si è riscoperta nelle radici cattoliche italiane solo in contrapposizione all’Islamismo, nei giorni successivi all’11 settembre. La Lega Nord è un fenomeno creato appositamente per rispondere alle paure dei cittadini. In un momento come quello della fine anni 80, quando la delusione e la disaffezione dei cittadini nei confronti dei partiti stava raggiungendo il suo massimo storico, è riuscita a catalizzare l’attenzione di una parte dei cittadini con tutta la retorica del suo simbolismo e del suo linguaggio. Ma tutto questo sarebbe rimasto nell’ambito di una stretta minoranza se non ci fosse stata l’alleanza con il tycon Berlusconi. Lui, con il forte contributo del suo impero mediatico, è riuscito a gonfiare una serie di esigenze dell’opinione pubblica che erano in realtà puramente “fittizie”. E’ soprattutto questo che ha consentito alla Lega di ottenere l’aumento di consenso. Un esempio su tutti: la necessità della sicurezza. Nel periodo dell’ultimo Governo Prodi, i dati reali delle denunce di microcriminalità diffusa (furti, scippi e violenze personali) erano ai minimi storici rispetto agli ultimi anni. Di contro dai TG di Berlusconi (fino ai TG della rete pubblica controllati da suoi uomini) è stata condotta una campagna indegna (ricordate? pareva ci fosse uno stupro al giorno) che era funzionale proprio alla sollecitazione dell’elettorato leghista. Una esigenza di sicurezza non basata su esperienze di paura reale, ma indotta, virtuale. E ovviamente, ora che c’è un governo di centrodestra, l’allarme sicurezza è stato calmierato.
Da ultimo una domanda più personale, purtroppo anche la violenza è una forma di comunicazione: si è poi saputo perché, ideologicamente armato da chi, e soprattutto chi è stato ad aggredirti nel ’94? è stato perseguito penalmente?
I primi segnali dell’aggressione ci furono attraverso alcune minacce – purtroppo da me sottovalutate – che arrivarono al mio cellulare da parte di cosiddetti gruppi “Silvio Forever” all’epoca di massima espansione della campagna dei comitati BOBI (BOicotta il BIscione). La campagna chiedeva di boicottare tutto ciò che era collegato all’impero mediatico ed economico di Berlusconi. Se lui utilizza scorrettamente il vantaggio che gli deriva dall’essere il proprietario di tre reti televisive nazionali, dicevamo, i cittadini hanno un’arma in mano fondamentale: non guardare le sue televisioni, in modo da causare un danno economico che si rifletterà anche dal punto di vista politico.
Ma era proprio nei salotti televisivi delle reti Fininvest che si scatenava una violenza verbale e mediatica, quasi fisica, mai conosciuta in Italia. Vittorio Sgarbi, per esempio, è il prototipo del politico irascibile e incontenibile che soverchia con la voce gli avversari, che invece di dialogare e argomentare preferisce urlare e insultare, il tutto approfittando delle tre reti televisive messe gentilmente a disposizione da Berlusconi.
Ed il clima di quei giorni di campagna elettorale (1994) inaugura una stagione di attacchi verbali senza pari, che alzano costantemente il termometro della politica. Lo stesso Berlusconi spiega come sia necessaria “una chiamata alle armi” contro comunisti e paracomunisti.
Oppure ancora, Bossi che minaccia: «Siamo veloci di mano e di pallottole che da noi costano trecento lire, e se un magistrato vuole coinvolgere la Lega nelle tangenti sappia che la sua vita vale trecento lire».
Per tornare alla violenza da me subita, il pur bravo magistrato che seguì le indagini, non riuscì a rintracciare gli aggressori. Si seppe solo che la loro area di provenienza era da rintracciare nell’estrema destra, probabilmente veneta. E il clima da manganello mediatico che si è instaurato dopo l’arrivo nello scenario politico di Berlusconi ha certamente favorito l’ideazione e la realizzazione della violenza nei miei confronti, nell’ottica del punirne uno per educarne cento, filosofia di mussoliniana memoria.