Sassari. La protesta studentesca in Sardegna

1 Novembre 2008

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Valentina (per il coordinamento studenti universitari di Sassari)

Come quasi tutte le città di Italia, anche Sassari ieri ha visto le sue vie riempirsi di una fiumana di persone che manifestavano il loro dissenso contro la politica di questo governo, che mira a soffocare (neanche tanto dolcemente) l’istruzione pubblica in tutti i suoi gradi. Ed era infatti un corteo, organizzato dal Coordinamento degli studenti universitari e dal Comitato dei genitori di Sassari, composto da tutte le articolazioni sociali quello che ieri ha sfilato in barba alla pioggia battente: gli studenti, medi e universitari, si sono radunati in Piazza Università,che già alle nove del mattino strabordava di ragazzi festosi ed energici, nonostante la tragicità di ciò che li ha portati a manifestare.
Alle nove e mezza il corteo si muove, aperto da uno striscione che riassume nel suo spirito gli altri numerosissimi che lo seguono: ”l’istruzione è un diritto,ascoltarci un dovere”. Una volta giunti all’ altezza dei giardini pubblici in viale Mancini, il corteo è abbondantemente integrato dal mondo delle scuole primarie, accorse anche da tutta la provincia: bambini che non sono andati a scuola, ma che neanche sono rimasti in pigiamino a casa a guardare i cartoni animati, per mano ai loro genitori, arrabbiatissimi ma soprattutto informatissimi, alle loro maestre e maestri che a detta dei loro piccoli alunni “sono già unici”. Dietro questa colorata e gioiosa rappresentanza (anche se si direbbe siano la netta maggioranza) del mondo della scuola primaria, partiti e associazioni sindacali, quei pochi che non si sono uniti al milione di Roma. Non sono inoltre mancati docenti, delle scuole superiori e delle università, cittadini e ultraottantenni che si mescolavano ai più giovani.
Quella di Sassari dunque era una manifestazione che non aveva nessun “cappello”,ma solo ombrelli e k-way, armi di riparo contro un cielo dispettosissimo (uno degli slogan ironici era: “Contro la pioggia dei padroni 100,1000 manifestazioni”) sferrate da singole persone che si ritrovavano ad unire la propria voce con quella degli improvvisati compagni di marcia, in virtù dello scempio che si sta facendo dell’istruzione che, come si sentiva ripetere spesso fra le fila del corteo, è di tutti.
Si arriva nel ‘salotto sassarese’ di Piazza di Italia alle undici, quando l’acqua è già abbondantemente caduta sulle teste testarde dei manifestanti, ma continua a venir giù indifferente delle migliaia di persone che vogliono farsi ascoltare,e che le costringerà alla ritirata una mezz’ora più tardi. Sono almeno 15.000, forse più, quelle che ieri hanno “brulicato” fra le vie del capoluogo di provincia. Un successo straordinario che mancava da moltissimo tempo in città, e soprattutto un’ulteriore conferma dell’impopolarità dei famigerati decreti (ormai legge) 133 e 137.
La giornata di mobilitazione però non si chiude così. Nella facoltà di Lettere e Filosofia infatti, alle diciotto, prende il via quella che è la continuazione ideale della manifestazione; una notte in bianco (fino a mezzanotte) che ha un preciso significato: in un momento in cui l’Università rischia di doversi chiudere a riccio (e così sarà se le cose non cambieranno) e diventare accessibile solo a coloro che ne avranno le possibilità economiche, la facoltà di Lettere spalanca i battenti e diventa un luogo di fermento di cultura, arte e discussione, riappropriandosi di quelle caratteristiche che dovrebbero appartenere ad ogni struttura universitaria, che non può e non deve essere solo un luogo di lezioni cattedratiche e di terrorizzanti esami. Un occhio di riguardo è per i bambini, accolti da un tavolo di torte rigorosamente ”fatte in casa” e succhi di frutta, e che grazie a clown, lavorazione di argilla (un corridoio diventa una caverna preistorica) e laboratori musicali sperimentano un tipo di didattica “circolare” ed antiautoritaria. Ci sono poi installazioni, che attraverso strutture “incellofanate” e “scotchate” ruotano sulla metafora di un’Università congelata; spettacoli di danza e musica; ma quello che segna davvero una nota positiva (e per questi tempi innovativa) è la partecipazione che si è avuta nei tavoli politici di discussione,che si sono svolti in contemporanea alle altre attività più “leggere”. I punti che sono stati affrontati hanno riguardato le questioni che più problematicità avevano sollevato durante le riunioni del Coordinamento in cui si stilava il documento sull’Università: uno sulla questione sarda, uno sull’antifascismo. E’ stato davvero confortante ritornare a vedere una gran quantità di persone che, nell’era della comunicazione veloce e impersonale, discutevano e mettevano sul tavolo le proprio idee, che si guardavano negli occhi e si confrontavano, senza particolari finalità.
Quello che è emerso dalla giornata di ieri è che non si ha il coraggio di stare con le braccia conserte, ma che c’è un bisogno di prendere parte attiva per intervenire contro un processo ormai duraturo da decenni, che ci conduce verso un mondo peggiore, grigio, ingiusto, classista e autoritario (fascista in senso rinnovato?). La mobilitazione continua, e continuano a lavorare le tante menti che hanno portato alla protesta di ieri, con uno sguardo che non si ferma solo all’Università, ma consapevole che se si vuole davvero andare nella giusta direzione quest’onda deve travolgere tutto e tutti.

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