La Sardegna colonia e pattumiera radioattiva
5 Gennaio 2021[Roberto Loddo]
In queste ore la stampa italiana ci racconta dell’individuazione da parte del Governo di 67 siti adatti per ospitare il Deposito Nazionale delle scorie e dei rifiuti radioattivi. Di questi 67 alcuni sono localizzati in Sardegna.
La nostra Regione è già una colonia dal paesaggio e l’ambiente avvelenato in modo irreversibile da fallimentari modelli di sviluppo inquinanti ed estranei ai nostri territori. Siamo già stati privati del diritto alla salute da una gestione delle politiche sanitarie vicina al mercato e lontana dai bisogni delle persone.
Conviviamo già con grandi aree inquinate dall’industria petrolchimica private dallo stato italiano di ogni possibilità di bonifica, aree che si sommano all’enorme peso di territori sequestrati all’occupazione militare, fino ad arrivare all’economia della morte portata avanti dalla fabbrica di bombe Rwm. Come ha ricordato oggi l’attivista del Comitato di iniziativa costituzionale e statutaria Tonino Dessì dobbiamo dire no perché “Noi abbiamo già dato e stiamo dando ancora”.
L’idea che la Sardegna venga trasformata da una colonia a una pattumiera radioattiva per i prossimi 300 anni dovrebbe portare la nostra classe politica, gli enti locali, i sindacati e i movimenti ecologisti e pacifisti a spiegare subito in maniera decisa e unitaria la contrarietà della società sarda. Dire no è una questione che riguarda prima di tutto la democrazia, perché è un no che è stato già deciso il 15 e 16 maggio del 2011, data importante per i cittadini e le cittadine della Sardegna che decretarono attraverso il referendum di iniziativa popolare l’indisponibilità del territorio sardo allo stoccaggio di scorie radioattive.
Il no della Sardegna non deve limitarsi all’opposizione alle scorie ma deve essere un no propositivo, un no funzionale ad aprire la strada a nuove scelte politiche. Abbiamo bisogno come l’ossigeno di autogoverno che restituisca valore al patrimonio ambientale, storico e culturale della Sardegna.
Vogliamo vivere senza scorie ma abbiamo anche l’urgenza di creare prospettive politiche differenti che possano cambiare la rotta delle oligarchie neoliberiste. Proprio quelle che ci hanno costretto a vivere dentro questa maledetta isola delle disuguaglianze.