La scuola della Gelmini
16 Settembre 2009Claudia Ortu e Enrico Lobina
Il parlare che si fa in questi giorni di pluriclassi, classi di 30 alunni e bambini costretti a lunghi viaggi per arrivare a scuola, in seguito alla chiusura della loro scuola locale (secondo i dati pubblicati dal comitato dei precari della scuola di Cagliari le scuole chiuse finora nell’isola sono 33, mentre altre cento saranno chiuse entro quest’anno), richiama alla memoria le situazioni descritte dallo scrittore e pedagogo socialista Edmondo De Amicis nel suo romanzo Cuore. È necessario che qualcuno spieghi al ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini che De Amicis non pensava di scrivere un trattato di pedagogia per la scuola del futuro, ma un ritratto della scuola post-unitaria. Quella di Franti, Bottini e De Amicis è la scuola verso la quale il ministro ci vuole portare. Però non ci sono più le timide maestrine dalla penna rossa. Ci sono invece 2000, tra docenti e personale ATA (Ausiliari Tecnici Amministrativi), precari sardi che i suoi tagli hanno lasciato a casa quest’anno. E questi non hanno nessuna intenzione adattarsi, con ottocentesca rassegnazione, alle decisioni di uno stato che li vuole tanto sottomessi da dover anche ringraziare chi tira loro l’elemosina di un contratto che, secondo Barbara Trudu del Comitato Insegnanti Precari, mortifica la loro professionalità. Ha ragione Marina Boscaino che nel blog de L’antefatto ricorda che etimologicamente il precario è un questuante e che da lei/lui ci si aspetta al massimo un ringraziamento a testa bassa. Non è questa l’intenzione del movimento nato nella provincia in queste settimane. I precari della scuola con le loro sigle CIP CIP (Comitato Insegnanti Precari), i cobas e i sindacati confederali hanno bloccato la città di Cagliari per alcune ore lo scorso 9 e 11 settembre. Sono “incazzati” (è una citazione) e chiedono ai politici regionali di andare a Roma a recuperare i soldi necessari per la scuola sarda. Dicono no ai vari provvedimenti “salva precari” come il contratto di disponibilità. Le norme che hanno creato questa situazione esplosiva sono ben note. Tutto iniziò con la legge 133 del 2008: una legge “a scoppio ritardato”, che ora inizia a mietere le prime vittime. I dati, recuperati daldocumento politico del comitato precari, che occupa il provveditorato di Elmas da alcune settimane, descrivono il più grande licenziamento che sia sia mai verificato in provincia di Cagliari. 450 posti in ruolo in meno al netto dei pensionamenti, e centinaia di docenti che non verranno chiamati per le supplenze annuali. Ma, ancor peggio, se si affiancano i tagli nel pubblico con i finanziamenti alle scuole private (22 milioni di euro secondo Fernanda Loi, Segretaria della Flc-Cgil di Carbonia), si palesa il progetto di smantellamento della scuola pubblica. Ai tagli indiscriminati corrisponde di fatto una diminuzione nel servizio offerto. Molte famiglie che hanno chiesto le 40 ore (il cosiddetto tempo pieno) saranno scaricate dallo stato. Ma forse l’esercito di riserva dei docenti precari creato ad arte sarà obbligato ad andare in soccorso al ministro. Il contratto di disponibilità, che verrà finanziato dalla Regione Sarda in seguito a un accordo sottoscritto dall’assessore regionale all’Istruzione Maria Lucia Baire con il ministro Gelmini lo scorso 31 Luglio, si configura infatti più che come un “salva precari” come un “salva ministro”. Un regalo da 20milioni di euro (a tanto, secondo l’articolo II dell’accordo, ammonta il finanziamento concesso dalla regione per finanziare il piano di “utilizzo” dei precari rimasti senza incarico per l’anno 2009-10) offerto dal governatorato coloniale alla madrepatria. Il testo dell’accordo è un capolavoro di ipocrisia. Si inizia constatando che la scuola pubblica sta cadendo a pezzi, che c’è dispersione scolastica, che la scuola sarda è in coda alle statistiche Ocse e che i due governi, nazionale e regionale, sono decisi ad affrontare la situazione. Bene. Quindi ci si aspetterebbe che la parte operativa stabilisse due semplici cose: lo stato italiano si impegna ad aumentare i finanziamenti alla scuola pubblica in modo da aumentare le sedi e le ore di apertura delle scuole, a tale fine stabilisce l’assunzione a tempo indeterminato del personale docente e ATA necessario. Semplice no? Invece cosa dispone il documento? Che per rispondere a tutte queste esigenze e portare a termine il grande piano di rilancio della scuola sarda, saranno utilizzati i docenti precari che non hanno avuto il contratto rinnovato per questo anno scolastico (Art. I punto c). I precari cacciati dalla porta vengono obbligati a entrare dalla finestra, con contratti che ammontano a poco più del sussidio di disoccupazione Inps al quale hanno diritto, e con una funzione di tappabuchi che dimostra quanta poca considerazione della loro professionalità ci sia in chi, a livello locale e nazionale, gestisce l’istruzione pubblica. Sembrano le parate militari mussoliniane. La prova sul campo è vicina, il 17 settembre iniziano le scuole.