La storia fra virgolette
17 Febbraio 2009
Manuela Scroccu
Che potranno mai dirsi il presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia e il presidente dell’Istituto storico della Repubblica sociale italiana, quando siederanno vicini durante le riunioni dell’istituendo “Consiglio dell’Ordine del Tricolore”, così come prevede l’art. 4 della proposta di legge n. 1360, presentata il 23 giugno 2008 da alcuni esponenti della maggioranza di Governo e attualmente in discussione alla Camera? Forse potrebbero parlare, “con animo oramai pacificato” e intriso di quella “cultura di pace e di pacificazione della nuova Italia” (così si legge nel preambolo), dell’Eccidio della Benedicta, piccola località in provincia di Alessandria, compiuto da soldati nazisti appoggiati da quattro compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana, in cui morirono 147 persone, poi gettate in una fossa comune e altre 400 furono deportate? Oppure della strage di Lipa (oggi in Croazia) in cui morirono 269 civili, o ancora dell’Eccidio del Turchino o la Strage di Borgo Ticino, in cui reparti dell’esercito tedesco e della Decima Mas di Borghese fucilarono 12 giovani come rappresaglia per il ferimento di tre soldati tedeschi? “Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione” disse Piero Calamandrei, “andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nei carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra costituzione”. Eppure, se questa proposta dovesse diventare legge della Repubblica, i partigiani, i deportati e i militari fedeli al Re e all’unico Stato legittimo, saranno equiparati “ex lege” ai repubblichini di Salò, a quelli che aiutavano i nazisti a fucilarli, deportarli, braccarli e torturarli. L’istituzione di un Ordine del Tricolore diverrà così lo strumento per riadattare la storia d’Italia sulla base di un immaginario fasullo, popolato di galantuomini che, sessant’anni fa, impugnarono le armi e operarono una scelta di schieramento convinti della “bontà” (scritto proprio così, tra virgolette) della loro lotta per la rinascita della Patria. Una sorta di albo d’onore per riconoscere, al di fuori di tutti “gli steccati ideologici”, il valore di coloro che ritennero meritevole la difesa del “regime ferito e languente”, immagine che sembra presa da certa retorica fascista che abbonda in quei siti semiclandestini che abitano nella spazzatura virtuale del web: quelli con lo sfondo nero e le marcette del ventennio come colonna sonora. Ecco dunque la storia riscritta con l’abbondante uso di virgolette dai deputati Barani, Angeli, Barba, Barbieri e compagnia. Ecco la menzogna che vuole diventare verità storica attraverso lo strumento legislativo, contaminato da un linguaggio certamente non giuridico ma pomposo e fastidiosamente retorico. Finalmente riscattati dal girone dei cattivi della Storia, i “combattenti nelle formazioni dell’esercito nazionale repubblicano durante il biennio 1943-1945” potranno, se la proposta diverrà legge della Repubblica, sedersi con pari, se non maggiore, dignità al nobile desco degli altri, quei partigiani, quegli ex internati nei campi di prigionia, quei militari fedeli al loro giuramento verso il Re, che si schierarono con la parte avversa, “liberatrice”, sempre tra virgolette nel testo, perché maturati dalla tragedia della guerra o comunque perché culturalmente consapevoli dello scontro in atto a livello planetario, “pensando di contribuire a una rinascita democratica, non lontana, della loro Patria”. “Non lontana”: quindi prevedibile. Ecco cosa furono i partigiani, oppure i militari che rifiutarono di consegnare le armi ai nazisti: opportunisti che salirono sul carro del vincitore ai quali diede ragione solo la logica del più forte. Ai repubblichini di Salò, invece, deve essere tributato finalmente l’onore delle armi, il rispetto dovuto a chi fece la scelta meno facile ma, di fatto, più dignitosa. Una vera e propria mistificazione della storia che non ci si è presi neanche la briga di celare con parole meno esplicite. Così come risulta espressa con chiarezza la ratio della norma: una “rimozione collettiva della memoria ingrata di uno scontro che fu militare e ideale, oramai lontano, eredità amara di un passato doloroso, consegnato per sempre alla storia patria” (pag. 2 del preambolo). Non esiste un paese, in Europa, dove i collaborazionisti del nazismo siano stati premiati. Appare superfluo ricordarlo ma non lo è. Il tentativo di equiparare i repubblichini ai soldati italiani e ai partigiani è destituito di ogni fondamento storico e giuridico. I costituzionalisti hanno da tempo chiarito che ci fu continuità giuridica dello Stato anche dopo l’8 settembre e la caduta del fascismo. L’invocata pacificazione è un nonsenso storico e giuridico: come ricordava Giuliano Vassalli, presidente emerito della Corte Costituzionale, in un intervista di qualche settimana fa sul quotidiano “La Repubblica”, abbiamo avuto l’amnistia di Togliatti, la legittimazione democratica immediata e l’Msi in Parlamento. E la Repubblica Sociale Italiana, passata alla storia impropriamente come Repubblica di Salò, fu inequivocabilmente uno stato fantoccio, voluto dal Terzo Reich come apparato per amministrare i territori occupati del Nord e Centro Italia. Perché istituire per legge un passato che non esiste, in totale disprezzo dei valori fondanti della nostra Repubblica ma anche di quell’Europa di cui facciamo parte? “Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato”. Così è scritto in quel capolavoro della letteratura che è 1984 di George Orwell.