La tutela dei beni naturali è l’energia per la Sardegna

3 Gennaio 2023

[Mario Fiumene]

Nelle vicende raccontate da Grazia Deledda è facile trovare tracce importanti del cambiamento del paesaggio sardo, avvenuto con il disboscamento.

In quello dell’Ortobene descritto nel racconto “Il nostro padrone” leggiamo: «…lo speculatore arrivato sotto il bosco si guardò attorno con occhio esperto, calcolando il valore delle piante, e sembrandogli che se ne potesse ricavare un guadagno maggiore del solito…». Anche lo scrittore di Orotelli Salvatore Cambosu nel suo libro “L’anno del campo selvatico” scrive: «…mano a mano che i boschi morivano, le nuvole disertavano quel cielo; o si tenevano al largo. Così siccità estrema ed epizoozie avevano rovinato i contadini e i pastori prima; i proprietari di terre e di bestiame poi».

Questa premessa è una metafora per descrivere quello che accade oggi in Sardegna. Cosa c’è di diverso rispetto a quanto ha scritto Salvatore Cambosu nel secolo scorso: siccità e malattie degli animali sardi sono ancora oggi presenti, come un cappio dal quale pare non ci si possa liberare. Nel 1800 “il mercato” (gli affaristi) si impadroniva dei boschi della Sardegna, oggi a distanza di 200 anni, è costante la speculazione (spoliazione) del territorio sardo.

Le proposte di acquisto di terreni per impiantarvi pannelli fotovoltaici sono decine e decine, tutti promettono lauti guadagni (sicuramente di chi vorrebbe acquistare!!). Per non parlare delle richieste di posizionare le pale eoliche dovunque. La nostra isola è Regione ricca di sole e vento (risorse rinnovabili) eppure ci propongono “il metano” che è una fonte fossile: sarebbe una scelta controcorrente rispetto alle scelte più avvedute e vantaggiose non solo per l’economia, ma soprattutto per la salute ambientale dell’isola e dei sardi.

Le sofferenze insegnano, diceva Erodoto: allora facciamo tesoro di quello che hanno vissuto i nostri antenati (Deledda e Cambosu hanno raccontato la vita vissuta dai sardi nel 1800 e primi anni 900). Nel 1800 la Sardegna, per il Regno di Piemonte, veniva vista come una regione ricca di materie prime: i boschi e non solo. Per scardinare gli usi civici fu propagandata «una modernizzazione necessaria». In realtà non fu altro che una privatizzazione: lo Stato piemontese, vendette i boschi ai privati, incassando gli utili necessari alle infrastrutture del regno. Oggi la modernizzazione necessaria di matrice sabauda, i governi nazionali la chiamano «opere di pubblica utilità».

Allora erano i boschi, oggi le nostre materie prime sole e vento, sono sotto la lente dell’amministrazione statale: ci dicono che Sardegna e Sud Italia possiamo essere il volano per lo sviluppo delle energie rinnovabili nazionali. Se la Norvegia è arrivata al 66% di energia da fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico) la Sardegna può rendersi indipendente per l’energia ed essere regione attrattiva, per il benessere degli ambienti di vita. Non propongo una indipendenza “egoistica”, ma ritengo che condividere le ricchezze naturali, sole e vento, con gli altri deve fornire a noi sardi i giusti benefici: serve una rivoluzione energetica positiva per il clima, la salute e il benessere civile.

In Sardegna abbiamo già delle realtà di comunità energetiche nei Comuni di Villanovaforru, Ussaramanna, dove reti di famiglie producono energia rinnovabile e l’autoconsumano, riducendo il costo del rincaro della bolletta. Le comunità energetiche sono uno strumento importante per un futuro fatto di produzione di energia diffusa e partecipata, per imprese e pubbliche amministrazioni che si mettono insieme per diventare sia produttori che autoconsumano sia poter incassare un premio di autoproduzione. L’esperienza è agli albori in molte realtà. Penso che potrebbe avere un valore aggiunto per limitare lo spopolamento dei piccoli centri abitati, potrebbe contribuire a rendere i cittadini attivi e solidali.

Poiché lo scenario mondiale è cambiato profondamente è necessario revisionare le scelte di consumo e risparmio affinché si adottino comportamenti che non alterano l’ambiente naturale dove viviamo. L’idea di Sardegna arida, povera e senza abitanti può essere ribaltata e solo noi possiamo farlo. L’ambiente che ci circonda rappresenta l’ecosistema senza i cui beni (qualità dell’aria, dell’acqua, fertilità dei suoli) sarebbe impossibile vivere. Purtroppo abbiamo una situazione preoccupante: il tasso di inquinamento presente in varie aree dell’isola, Porto Torres, Sulcis iglesiente e Guspinese, Ottana e molte altre zone, è tra i più alti in Italia. I territori sardi inquinate pagano le false promesse di industrializzazione degli anni ‘60, frutto di una politica centrale e regionale miope.

Per questo bisogna respingere la proposta del metanodotto. Il prezzo del fotovoltaico è calato del 90% negli ultimi 10 anni con un conseguente cambiamento di prestazioni, la tecnologia del fotovoltaico è estremamente semplice da capire: il sole illumina il pannello, che trasforma la luce in energia elettrica (corrente continua), questa è convertita con un inverter in corrente alternata per essere immessa nelle case: pannelli sui tetti delle abitazioni private e sui tetti degli edifici pubblici, senza dimenticare l’agrivoltaico verticale che consente le colture e riduce i costi per le aziende. L’eolico ha una prospettiva di crescita simile al fotovoltaico e ne condivide molte caratteristiche. Il dibattito aperto deve essere il più condiviso possibile. Quello che si chiede è non generare eccessi di produzione per far lucrare guadagni a pochi.

Bisogna trovare il giusto equilibrio per l’impatto ambientale anche perché le due tecnologie sono spesso complementari, nel senso che il vento e il sole sono presenti in momenti differenti: in Sardegna abbiamo più vento in alcuni periodi dell’anno e più sole da maggio a ottobre. La tutela di questi due beni, che la natura ci riserva, è fondamentale per lo sviluppo sostenibile, per la salute delle persone, per la giusta tutela del paesaggio naturale sardo.

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