L’agnello: un dramma familiare che esemplifica il dramma di una terra intera
16 Marzo 2020[Francesca Pili]
È una storia crudele che noi sardi conosciamo sin troppo bene, quella che viene raccontata ne L’agnello, primo lungometraggio del regista sassarese-badesano Mario Piredda, che ha già all’attivo sette cortometraggi di valore.
Una storia di lotta e resistenza, che lascia poco spazio alla fantasia e affonda, invece, le sue radici nella più profonda realtà di una Sardegna bellissima ma malata.
L’agnello in primo piano che dà il nome al film e fa capolino già prima dei titoli di testa ha perso la madre.
Come Anita, la giovane protagonista.
Suo padre, che lei chiama semplicemente per nome, Jacopo, ha la leucemia.
Piredda, per alcuni versi degno erede dei fratelli Taviani, e però con uno sguardo peculiare e personalissimo, sa vedere e catturare e raccontare con l’obiettivo della sua macchina da presa non solo i luoghi e gli spazi, ma anche e soprattutto, e senza alcuna retorica, le vite delle persone che li abitano e li animano.
Sono le vite dei protagonisti di questa storia, che, quando si muovono, ovunque vadano, non possono non notare camionette o aerei militari a presidiare la zona: ci sono sempre, per tutto il film, come brutti rumori di fondo, come colonna sonora funerea; sono invadenti e pervasivi come il cancro che si è impossessato di Jacopo, e prima ancora di sua moglie, così come di tanti altri, in questo e in ognuno dei territori della Sardegna occupati dalle basi militari, che infettano e distruggono tutto.
Ogni membro di un cast davvero perfetto e ben assortito meriterebbe di essere nominato, ma una menzione speciale va senza dubbio a Nora Stassi, la quale, alla sua prima esperienza attoriale, incarna così bene Anita da rendere impossibile immaginarla con un altro volto, un altro sguardo altrettanto carico di dolore e rabbia eppure fiero e colmo di forza, di voglia di lottare, di speranza, d’amore, lo stesso sorriso dolce e insieme beffardo.
L’agnello è un film essenziale e diretto, ma anche fortemente simbolico ed evocativo.
Un film di denuncia con un linguaggio che sa essere sia intimo, personale, familiare che universale.
Una, anzi, più fotografie del reale, al contempo tragiche, spietate e bellissime, con ampi spazi di poesia.