Le donne in lotta per ottenere la Breast – Unit a Sassari
16 Maggio 2017Maria Grazia Pippia
A Sassari, negli ultimi tempi, c’è un tema particolarmente scottante, che ha toccato il cuore di un gruppo di donne, coinvolte in prima persona. Si tratta del caso Breast – Unit.
Ma, prima di tutto, cosa è una Breast e quale utilità ha per le pazienti affette da tumore al seno? La Breast – Unit o Centro di Senologia Multidisciplinare, rappresenta un polo strutturato per la cura e l’assistenza, che consente alla donna affetta da tumore al seno di affrontare il proprio percorso con la certezza di essere seguita e accompagnata nell’intero percorso della malattia (dalla diagnosi al follow up), da una squadra di specialisti qualificati che si occuperà anche di trattare gli aspetti fisici e psicologici.
Ogni anno, nella città di Sassari, i casi di carcinoma mammario sono tantissimi e perciò si sente, ora più che mai, la necessità di avere una struttura che sia interamente preposta al trattamento di questa patologia. A tutt’oggi, nonostante promesse, passerelle di politici, tagli e giochi di potere, la Breast non è stata ancora messa in funzione. Per tale motivo alcune donne hanno deciso di impegnarsi e combattere la malattia e l’inadempienza delle istituzioni. Infatti le possibilità di guarigione all’interno di una Breast, come denunciato dalle donne di “NOI NON ASPETTIAMO L’8 MARZO”, aumentano del 18% proprio perché il percorso è finalizzato al monitoraggio esclusivo della malattia.
Tutto è nato nel 2013 quando Sonia Pippia, paziente oncologica, ha iniziato insieme ad un gruppo di donne la lotta per ottenere un diritto fondamentale: quello alla vita. Infatti la normativa europea esistente sulla Breast e la Conferenza Stato – Regioni che ha approvato le “linee di indirizzo sulle modalità organizzative ed assistenziali della rete dei centri di senologia”, prevedono che tutte le città degli Stati dell’Unione Europea, installino durante il decennio 2006 – 2016, con scadenza al 31 dicembre, dei poli con almeno o oltre 150 casi di malattia al seno. Sonia Pippia ha quindi provveduto a raccogliere tutta la documentazione necessaria e ha iniziato la raccolta di firme a Sassari e Provincia, raggiungendo quasi 70.000 adesioni.
Dopo le elezioni comunali del 2014, Sonia Pippia è stata nominata presidente della commissione per le pari opportunità e ha subito portato all’attenzione della commissione la richiesta per l’istituzione della Breast – Unit. Purtroppo senza risultati a causa dell’indifferenza mostrata dall’assessorato regionale alla Sanità. Da qui è nata la necessità di diffondere la notizia della mancata istituzione e di costituire un’associazione libera di donne, che anche attraverso la pagina Facebook “Breast – Unit a Sassari”, che conta ben 50.139 membri, ha fatto sentire la propria voce. Ufficialmente, il gruppo “NOI CHE NON ASPETTIAMO L’8 MARZO” si è costituito durante l’azione mediatica lanciata da Luana Farina, femminista, militante del Fronte Indipendentista Unidu e paziente affetta da cancro al seno, presso il reparto di cardiologia del complesso clinico universitario sassarese, il 14 febbraio, dopo essersi vista negata una visita che, normalmente, dovrebbe far parte dell’iter curativo.
All’indomani della manifestazione, grazie al grande risalto dato dalla stampa, Luana Farina è stata contattata dal direttore generale dell’AOU di Sassari, il Dott. D’Urso, al fine di fissare per il 16 febbraio un incontro e discutere della questione. Il 17 febbraio viene firmata dallo stesso direttore una delibera che però non ha soddisfatto, in ogni caso, le richieste avanzate dall’associazione. Infatti il testo della delibera non prevede di istituire una vera e propria Breast – Unit ma “di attivare in fase preliminare e sperimentale un percorso di diagnosi e cura del tumore mammario”. E sono proprio le parole “preliminare e sperimentale” ad aver destato forti perplessità nella prospettiva di una possibile realizzazione del progetto. Infatti mentre una Breast è un’unica struttura fisica che si prende carico della malattia e della prevenzione, fino alla guarigione completa, un luogo che quindi prevede ambulatori, laboratori, riabilitazione, a Sassari non sarà materialmente possibile ottenerla per problemi di logistica e ubicazione delle strutture in sedi diverse.
All’indomani della manifestazione, grazie al grande risalto dato dalla stampa, Luana Farina è stata contattata dal direttore generale dell’AOU di Sassari, il Dott. D’Urso, al fine di fissare per il 16 febbraio un incontro e discutere della questione. Il 17 febbraio viene firmata dallo stesso direttore una delibera che però non ha soddisfatto, in ogni caso, le richieste avanzate dall’associazione. Infatti il testo della delibera non prevede di istituire una vera e propria Breast – Unit ma “di attivare in fase preliminare e sperimentale un percorso di diagnosi e cura del tumore mammario”. E sono proprio le parole “preliminare e sperimentale” ad aver destato forti perplessità nella prospettiva di una possibile realizzazione del progetto. Infatti mentre una Breast è un’unica struttura fisica che si prende carico della malattia e della prevenzione, fino alla guarigione completa, un luogo che quindi prevede ambulatori, laboratori, riabilitazione, a Sassari non sarà materialmente possibile ottenerla per problemi di logistica e ubicazione delle strutture in sedi diverse.
Alla base del mancato adempimento, c’è comunque un fatto politico. Infatti da parte della direzione generale dell’AOU manca la volontà di parlare della Breast; chi continua a considerare il centro di senologia multidisciplinare, in modo improprio peraltro, come un percorso di diagnosi e cura, sono i politici a tutti i livelli, compresi quelli che sono intervenuti come parte in causa. Cagliari e Olbia, come da linee guida europee, hanno attivato la Breast, Sassari invece, con oltre 300 malati, senza contare quelli che si rivolgono a strutture esterne all’Isola, non ha ancora provveduto.
Da qui è nata la necessità per le donne dell’associazione di convocare una conferenza stampa il 4 marzo 2017, presso la sala dell’Hotel Vittorio Emanuele a Sassari per fare il punto della situazione e incontrare alcune figure politiche di spicco. Sono stati invitati a partecipare il Governatore della Regione Sardegna Francesco Pigliaru, il Presidente del Consiglio Regionale Gianfranco Ganau, medico ed ex primo cittadino di Sassari; l’Assessore Regionale alla Sanità Luigi Arru; il Direttore Generale e Responsabile Amministrativo dell’Assessorato Sanità Giuseppe Sechi; il Sindaco e responsabile della Pubblica Sanità della città di Sassari Nicola Sanna; il Direttore Generale Asl Unica Ats (azienda per la tutela della salute) Fulvio Moirano; il Direttore Generale AOU (azienda ospedaliera unica) di Sassari Antonio D’Urso; il Direttore dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Sassari Nicola Orrù; la Responsabile del Servizio Affari Generali AOU di Sassari Chiara Seazzu; il Direttore dell’Unità operativa di Chirurgia Generale Università di Sassari e Responsabile del percorso terapeutico assistenziale del tumore alla mammella Alberto Porcu; il Direttore di Oncologia Medica Ospedale SS. Annunziata di Sassari Antonio Pazzola.
Il dibattito, seppur ricco, si è rivelato però deludente, almeno dal punto di vista politico. Ad aprire il discorso è stato il Direttore Generale D’Urso, che ha illustrato la delibera da lui stesso firmata, definendola l’inizio di un percorso di diagnosi terapeutico assistenziale del tumore mammario, quasi a voler promuovere l’istituzione ufficiale di una Breast che, per motivi tecnici, non potrà portare quel nome. Mentre l’Assessore Luigi Arru ha sostenuto che per avere una struttura che possa chiamarsi in via definitiva Breast – Unit bisognerà attendere l’approvazione da parte del consiglio regionale della riforma della rete ospedaliera che prevede tre unità: Sassari, Nuoro e Cagliari. Ganau ha poi assicurato che prima dell’estate, più o meno intorno a metà giugno, la riforma ospedaliera sarà approvata, prendendosi quindi l’impegno di portare a compimento la promessa fatta. Affermazione che però, viste le speranze già più volte disattese, non ha soddisfatto l’associazione.
Tuttavia la conferenza è stata molto partecipata e dal dibattito sono emerse non poche perplessità da parte di chi ha seguito attentamente ogni singolo intervento. Ciò cui auspicano tutti, soprattutto le donne che sono coinvolte in prima persona in questa battaglia, è che alle parole seguano i fatti ma ancora, a tutt’oggi, la situazione non è cambiata. Infatti il Direttore Sanitario dell’AOU ha da poco confermato il timore delle donne libere in lotta: non c’è ancora una struttura che sia minimamente avvicinabile a una Breast.
Significativa è stata la mancata partecipazione di Nicola Sanna, sindaco di Sassari e responsabile della salute pubblica della città (che ha infatti delegato il compito all’Assessora alle politiche sociali e pari opportunità Monica Spanedda che non è intervenuta), di Francesco Pigliaru Governatore della Sardegna e primo garante della salute del Popolo Sardo e del Direttore Generale Asl Unica Fulvio Moirano.
Le difficoltà, allo stato attuale, sono tali e tante da costringere le donne associate a lottare ancora per avere risposte realistiche e non le solite parole. La sanità pubblica a Sassari versa in condizioni disastrose, il personale medico e infermieristico svolge il proprio lavoro grandissime difficoltà e gli ambienti per la terapia chemioterapica, soprattutto alle cliniche universitarie, sono del tutto insufficienti e per nulla confortevoli. Infatti rispetto all’Ospedale Civile che offre un ambiente tutto sommato accogliente nel complesso clinico universitario le pazienti mancano di strutture confortevoli. L’attivazione del numero verde promesso durante la conferenza del 4 marzo non è ancora avvenuta e strutture e arredo sono praticamente assenti per una questione farraginosa di appalti non ancora definiti.
Inascoltata è rimasta anche la proposta di acquistare due pulmini per accompagnare le pazienti che arrivano dalla provincia, senza contare che spesso ci si deve basare sul lavoro volontario.
Dopo tre mesi di incontri insomma, a partire dalla fine di febbraio, non c’è ancora nulla di fatto. Ciò ha portato all’ennesimo tentativo di intavolare un confronto con le istituzioni, prima con la Commissione Pari Opportunità della Regione con un breve sit-in dove tutti i partecipanti hanno messo in mostra l’adesivo simbolo di “Noi che non aspettiamo l’8 marzo”, vessillo “in rosa” della protesta. Gli obiettivi auspicati purtroppo non sono stati raggiunti e sembrano essere ancora lontani.
Dopo tre mesi di incontri insomma, a partire dalla fine di febbraio, non c’è ancora nulla di fatto. Ciò ha portato all’ennesimo tentativo di intavolare un confronto con le istituzioni, prima con la Commissione Pari Opportunità della Regione con un breve sit-in dove tutti i partecipanti hanno messo in mostra l’adesivo simbolo di “Noi che non aspettiamo l’8 marzo”, vessillo “in rosa” della protesta. Gli obiettivi auspicati purtroppo non sono stati raggiunti e sembrano essere ancora lontani.
Il comitato, alla fine della discussione, ha riferito di essere in contatto con la direzione dell’azienda ospedaliera universitaria di Sassari ormai da mesi, al fine di seguire passo passo la creazione di questo percorso che prevede diverse figure professionali (radiolodi, oncologi, psicologi, chirurghi, fisioterapisti, infermieri). Nel caso in cui, per l’ennesima volta, non dovessero essere rispettati i tempi pattuiti durante i vari confronti le donne dell’associazione progetteranno un’azione forte a Cagliari, presso il palazzo della Regione, nelle modalità che riterranno più opportune.