Ma le notizie servono solo a far soldi?
1 Gennaio 2014Gianfranca Fois
“120 anni meritano rispetto. Sempre e comunque” Inizia così il comunicato del Comitato di redazione de La Nuova Sardegna del 25 luglio 2013 quando la società editrice, controllata da Carlo De Benedetti, ha comunicato di voler trasferire a Roma la sede legale dello storico giornale di Sassari. E’ vero 120 anni meritano rispetto, così come merita rispetto la storia del secondo giornale della Sardegna. Era stato fondato a Sassari alla vigilia delle elezioni comunali del 1891 da un gruppo di giovani intellettuali democratici (Enrico Berlinguer, Pietro Satta Branca, Antonio Stara e Giuseppe Castiglia i più noti) che si adoperavano per una politica di rinnovamento politico e morale ed era espressione soprattutto della borghesia legata alle attività agrarie e industriali e alle professioni liberali. Aveva solo due anni in meno del giornale L’Unione Sarda nato a Cagliari ed espressione dei gruppi legati alle attività commerciali e imprenditoriali. Entrambi all’inizio furono settimanali e solo in un secondo momento divennero quotidiani. E’ però con l’avvento del fascismo che i due giornali cominciarono a differenziarsi in modo più netto. L’Unione Sarda, proprietà dal 1920 di Ferruccio Sorcinelli azionista e direttore della miniera di Bacu Abis, divenne subito uno strumento di propaganda fascista, continuando in seguito ad essere la voce del regime, si fregiava infatti in prima pagina della frase: Dove il Duce vuole. La Nuova Sardegna assunse invece un atteggiamento antigiolittiano prima, antifascista e antigovernativo poi, anche se di diversa intensità nel tempo, sino ad essere costretta a cessare le pubblicazioni per ordine del Congresso provinciale fascista che, dal gennaio del 1926, ne dispose la definitiva soppressione. Le pubblicazioni del quotidiano riprenderanno regolarmente solo nell’aprile del 1947. Dopo la fine della seconda guerra mondiale le due testate conobbero dalla seconda metà degli anni 60 in poi una comune proprietà, la Sir e il suo padrone Nino Rovelli, proprietà manifesta per La Nuova Sardegna, più mascherata per L’Unione. In pratica i due quotidiani si divisero la diffusione del giornale, il centro nord per l’una e il centro sud per l’altra. E ora dopo 120 anni la società per azioni “L’Editoriale La Nuova Sardegna” non esiste più, è confluita nella Finegil Editoriale Spa, con sede legale a Roma, col pericolo che gli introiti del giornale possano venire utilizzati anche per le altre testate del gruppo, limitandone l’autonomia economica, aspetto importante per un’informazione realmente libera e indipendente. Nel mese di novembre inoltre era sparita dal giornale la pagina della cronaca di Cagliari. In questo modo sul capoluogo della Sardegna le notizie arrivano solo dall’Unione Sarda, di proprietà dell’immobiliarista Zuncheddu, che si è segnalata spesso per una cronaca non corretta, poco indipendente dagli interessi del suo editore. La chiusura quindi della pagina impedisce un’informazione pluralista, considerando anche che la maggiore radio privata della Sardegna, Radiolina, è proprietà dello stesso Zuncheddu. Ma non basta, il trasferimento della sede legale ha ripercussioni sul piano fiscale, infatti in questo modo le imposte sinora pagate in Sardegna (pare circa tre milioni di Euro) finiranno a Roma. Questo piano di razionalizzazione dei costi si trasforma così in un colpo di spugna non solo sulla storia della testata ma anche sulla qualità dell’informazione in Sardegna, viene a mancare infatti, come ho già detto, la pluralità, l’autonomia e l’indipendenza, elementi essenziali per un’informazione democratica. Non è solo un problema sardo, proprio in questi mesi negli Stati Uniti si discute sul futuro dell’informazione, nel senso di come ricavare soldi dalle notizie, rischiando di far passare in secondo piano il punto più importante e cioè i contenuti e il modo di fare informazione. La sfida per il futuro diventa quindi quella di far convivere insieme affari, nuove tecnologie, ma anche diritti dei cittadini, lotta agli abusi del potere, ruolo dei giornalisti. Un dibattito che affronta temi importanti e profondi e che contribuisce a rendere partecipi i lettori dei problemi della professione del giornalista e delle sue difficoltà in società complesse come le attuali. Purtroppo questo dibattito ha avuto scarsa eco in Italia, è stato solo banalizzato dai pochi che se ne sono occupati, e dire che ci sarebbe proprio bisogno di un confronto aperto e pubblico, visto l’atteggiamento antidemocratico di diversi dirigenti politici nei confronti della stampa e visto il basso livello per libertà di informazione che l’Italia occupa a livello mondiale nella classifica di Reporter senza frontiere (57mo posto su 179 paesi). Ugualmente la vicenda de La Nuova Sardegna, così come quella dell’emittente televisiva Sardegna1, è caduta nel silenzio e nella quasi indifferenza di istituzioni, di politici e degli stessi lettori, evidentemente i cittadini, di sicuro in grandi difficoltà a causa della devastante crisi economica, non sono completamente consapevoli del fatto che un’informazione limitata e impotente peggiora la situazione di tutti e rende sempre più difficile la tutela dei diritti.
1 Gennaio 2014 alle 18:33
Molto interessanti i temi sollevati. Un discorso che merita approfondimenti ulteriori visto la posta in gioco
2 Gennaio 2014 alle 19:03
Molto importante quanto rileva l’articolo e quanto in Sardegna l’informazione sia sotto padrone. Con l’abolizione, dalla Nuova Sardegna, della cronaca di Cagliari, il problema dell’obiettività dell’informazione per il capoluogo e’ diventato vergognosamente insostenibile.
La speranza e’ che i troppi interessi di bottega finiscano per danneggiare…..gli stessi bottegai!
10 Gennaio 2014 alle 12:20
E’ facile capire la faziosità del “giornale unione sarda”, non essendo affidabile mi è difficile cercare notizie sulla sardegna.