Le sfide dei femminismi del futuro
5 Giugno 2022[Giulia Carta]
Il femminismo si è sempre contraddistinto nella lotta al potere e alla sovradeterminazione patriarcale. Sebbene la sua coscienza sia nata dalla rivendicazione dei diritti di uguaglianza da parte della donna contro la prevaricazione maschile, si prese ben presto coscienza che il privilegio patriarcale non è solo appannaggio dell’uomo/maschio e le soggettività destinatarie del suo agire non sono forzatamente le donne/femmine.
La violenza di genere è quindi un atto di abuso che ha come destinatarie le persone considerate gerarchicamente inferiori, la cultura patriarcale permette l’aggressione morale, psicologica, fisica, spesso tollerando e giustificando anche l’omicidio; questo fenomeno è estremamente radicato in tutti gli ambiti sociali, tanto da rendere spesso inutili interventi di assistenza e tutela ordinari nei confronti di chi lo subisce; infatti già in ambito familiare si riproducono pratiche, narrazioni e istigazioni che vengono successivamente riportate in tutto il resto della società come comportamenti corretti e necessari.
Tra chi agisce il potere patriarcale vi è una certa corrente del femminismo della seconda ondata, che si autodefinisce radicale ma fa riferimento alle teorie essenzialiste che identificano le donne con il loro apparato riproduttivo (donniste/uteriste), nonostante l’esiguitá numerica abbondantemente compensata dall’appartenenza di classe e alla sovraesposizione mediatica, è parte integrante e attiva di questo sistema; da tempo accompagnato da un trattato internazionale che solo dal titolo ne determina la violenza e la sovradeterminazione, tale “sex based women rights act” (trad: atto dei diritti delle donne basato sul sesso assegnato alla nascita); questo prevede che le uniche persone destinatarie della prevaricazione patriarcale siano quelle assegnate femmine alla nascita (AFAB, asigned female at birth), ignorando o molto spesso negando l’esistenza di un’identità di genere; su questo tema le donniste esercitano la loro prepotente violenza sulle persone transgender manifestando la massima discriminazione che queste ultime possano ricevere, negando loro la stessa identità e di base la vita, la documentazione a riguardo va oltre la possibile saturazione e le discriminazioni sono all’ordine del giorno. Tra le maggiori azioni di potere che le donniste praticano vi è la prevaricazione sull’autodeterminazione dei corpi basata soprattutto sulla sessualità e sull’utilizzo autonomo dei genitali; primi tra tutti sono l’abolizionismo del lavoro sessuale e sulla pratica della gravidanza per altri, una tipica ed eloquente espressione di pudicizia e bigottismo patriarcale; segue immediatamente la giudicante criticità sulle pratiche abortive, esempio eloquente sono i numerosi articoli di Luisa Muraro, la quale nega perentoriamente che la pratica abortiva sia un diritto della persona gestante e la rimette nelle mani dello stato; attraverso queste evidenze, facendosi beffa del motto femminista “sul mio corpo decido io” rendono eloquente che i loro percorsi con il femminismo non hanno niente a che vedere.
Dagli anni 70 dello scorso secolo i femminismi hanno compreso la necessità di intraprendere pratiche di intersezionalità nella lotta alla violenta discriminazione patriarcale, assumendo consapevolmente nel loro seno un numero sempre maggiore di rivendicazioni; una caleidoscopia di diritti, unici nella loro essenzialità, ma uniti nell’ esigenza di libertà, rispetto, giustizia e solidarietà (art.1, carta dei diritti dell’umanità, Parigi 10 aprile 1948).
Il donnismo essenzialista è entrato ed entra a gamba tesa su queste rivendicazioni tramite la sua privilegiata partecipazione alla stampa generalista, attraverso la quale colpevolizza senza alcuna ragione, se non l’esercizio del proprio potere, ogni tentativo di tutela o riconoscimento delle tante peculiarità destinatarie di violenza patriarcale; è famoso l’intervento in suo ringraziamento del senatore Ignazio La Russa durante la discussione del ddl Zan il 27 ottobre 2021, tra i vergognosi applausi dei maschi della Lega; inutile dire che, anche grazie alla violenta narrazione donnista, il suddetto progetto di legge venne affossato lo stesso giorno, pochi minuti dopo.
Una grande difficoltà a cui la congrega donnista porta i femminismi è il riconoscimento di una corretta narrazione di fronte alla società, dipingendoli unicamente come rivalsa della donna nei confronti dell’uomo nell’esercizio del potere; questo rende frustrante ogni percorso informativo e formativo riguardante l’autodeterminazione delle soggettività rivendicanti i diritti di base.
Fatta eccezione per alcune esigue società tribali, l’umanità si è sviluppata sotto gli abusi del patriarcato, nessun di noi ne è esente, sia come mittente che come destinatariə , fuoriuscire da questi circuiti, dalla ricerca di continuo e maggiore potere, è un nostro dovere per la salvaguardia delle generazioni a venire e per il futuro rapporto con l’intero pianeta terra; è nostro dovere come umanə trovare il nostro equilibrio e riconoscere la nostra eguaglianza dimostrando a noi stessə di essere l’animale intelligente che narriamo.
Nell’immagine una manifestazione transfemminista di Non Una di meno in Argentina.